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Sentimentalmente

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Dal rigattiere di parole: "Nostalgia"

Post n°2055 pubblicato il 30 Luglio 2014 da g1b9
 

 

Paolo Stefanato  ha fatto un' avvincente ricerca su questa parola,che  non è poi tanto antica, come sembra e non è nata per definire certi sentimenti. Nostalgia è una parola avvincente, ricca di sentimento e poesia.  Ma cos'è la nostalgia? E' un forte , dirompente desiderio   du un luogo abituale ed ora lontano, è malinconia che distrugge l'anima  nel desiderio di un luogo, di una persona lontana o scomparsa,di qualcosa che non si possiede più, oppure dal rimpianto di una condizione che ormai è passato.

La parola dice tutto questo con la semplice unione di due vocaboli greci: nostos=ritorno e algìa=dolore, che sembrano sollevare il sipario sulla memoria della vita che è stata e su quella che avrebbe potuto essere. L'etimologia è chiarissima: di nostalgia si soffre. Talvolta si muore.

. Fu coniata "a tavolino" , racconta il Deli -,come termine medico da uno studente alsaziano di Mulhouse, Johannes Hoffer, che nel 1688 all'università di Basilea dedicò la sua tesi di laurea a quella malattia che non di rado coglieva i mercenari svizzeri  durante il loro arruolamento in eserciti stranieri. Il nome popolare Heimweh o Mal du pays ("dolore, male della patria") sembrò al laureando troppo poco solenne, ed egli pensò di fare quello che si fa da sempre  nella terminologia medica: lo tradusse in greco (si pensi a quanti termini medici terminano con -algia: sciatalgia, nevralgia, gastralgia). Così Nostalgia diventò il titolo della tesi. Per quasi due secoli la scienza fece sua la descrizione dei sintomi di quel male studiato dal giovane medico alsaziano: le persone che ne erano colte si facevano mute, svogliate, nemiche della compagnia. La parola uscì progressivamente dal linguaggio medico solo alla fine dell'Ottocento, quando letterati come Carducci e Fogazzaro cominciarono a usarla per indicare una tristezza profonda e quasi patologica.

Interessante l'evoluzione ricostruibile attraverso i vocabolari. Nè la Crusca, né il Masi (1823) né il D'Alberti di Villanuova (1825)  riportano nostalgia. Il Panlessico (1839) definisce la nostralgia come" Genere di malattia piuttosto mentale che fisica, in cui la fantasia spinge vivamente chi è lontano dalla patria a bramare il ritorno in essa; onde, essendo questo impedito, ne deriva poi forte malinconia, agripnia, anoressia,ed altri sintomi gravi". Il Tommaseo  si esprime così: "Doloroso desiderio del ritorno in patria, malessere, che prova chi è lontano da' suoi luoghi e che insieme con le influenze del clima diverso può diventare malattia",  concludendo con un'affermazione un po' snob,  "Nobile privilegio de' paesi poveri", frase che oggi sarebbe contestata sicuramente. Il Premoli,  nel 1912 ,dà questa definizione: "Il cordoglio e la mestizia profonda che nasce in persona lontana dal paese natio; malattia cagionata da forte brama di tornare nella propria patria".Spiega ancora il Deli, citando gli 'Scritti per Francescato': "Poi, sia l'idea di malattia sia quella del ritorno al paese natio si vennero affievolendo; la prima sfumando in una tenue malinconia, la seconda in un vago rimpianto di luoghi, di persone, di tempi passati; ovvero di ricordi o di speranze oltremondane (il Carducci parla di "una nostalgia dell'infinito" il Momigliano di "ardente nostalgia del sovrumano". Il Panzini, nel  Dizionario moderno (1920),  infastidito dall'abuso della parola, diventata  di moda,  dice: "Nel linguaggio degli esteti diventò voce abusata per vaga aspirazione, melanconia, ecc." E conia il suo esempio colmo di disprezzo per i gusti del popolo: "Nelle battute d'un valzer ritrova la sua anima nostalgica e sognatrice"

 
 
 
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