Creato da forddisseche il 03/01/2008
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Pizzomunno con gerani rossi.

 

 
Pizzomunno

Lungo il tratto meridionale della costa viestana, ritroviamo una piccola spiaggia che deve il suo nome all’ imponente faraglione che dalle acque cristalline si erge sovrano a sorvegliare la città ed i suoi abitanti: la Spiaggia del Pizzomunno.

Qui sembra aver avuto luogo un’ interessante e fantastica vicenda che ha come protagonisti due giovani innamorati , entrambi originari di Vieste .

Pizzomunno , giovane ed attraente pescatore, e Cristalda , ragazza bellissima dai lunghissimi capelli color dell’ oro, si amavano teneramente e vivevano nella convinzione che nulla al mondo potesse intaccare un sentimento tanto forte e sincero.

Ogni sera, Cristalda scendeva in spiaggia per salutare il suo bel Pizzomunno prima che con la sua barca andasse incontro al mare aperto.

Ogni notte, in mare, Pizzomunno riceveva la visita delle sirene che cercavano di ammaliarlo con i loro canti soavi. Le regine del mare desideravano ardentemente che Pizzomunno diventasse il loro re ed amante.

Il giovane, però, non cedette mai alle avance delle sirene tentatrici , avendo già donato il suo cuore alla candida Cristalda.

I reiterati rifiuti del giovane, scatenarono la furia delle sirene .

Una sera, le sirene raggiunsero i due amanti sulla spiaggia ed aggredirono Cristalda con grande ferocia, inghiottendola nelle profondità del mare.

Pizzomunno
fu colto da un dolore devastante, talmente grande da pietrificarlo per sempre.

Il giorno seguente, i pescatori di Vieste trovarono Pizzomunno pietrificato sulla roccia che oggi porta il suo nome.

La leggenda vuole che, ogni cento anni, Cristalda riemerga dalle profondità del mare per incontrare Pizzomunno e rivivere con lui l’ emozione di una notte d’amore sulla spiaggia che li fece incontrare.

 

 

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Promontorio del Gargano

Il più delle volte si pensa che la storia antropologica ebbe inizio sul promontorio del Gargano con l'apparizione dell'Arcangelo Michele più di sedici secoli or sono quando ancora il Cristianesimo conviveva con le allora attuali religioni pagane. Ma se analizziamo le carte romane si nota che gli insediamenti sedentari sono precedenti all'apparizione dell'Arcangelo e si trovavano sulla costa e ai piedi del sontuoso monte (Ergitium ,Sipontum ,Merinum ,Teanum , ,Apulum ,Urium).
Si trovano degli insediamenti umani persino precedenti a questi ultimi, ma bisogna risalire addiritturà all'età del bronzo, tanto è vero che lungo la provinciale che collega Foggia con San Marco in Lamis, a qualche chilometro da Borgo Celano, in zona"Chiancata La Civita-Valle di Vitturo"  è stato ritrovato la necropoli più antica della intera Europa. Altre testimonianze sono date dagli insediamenti rupestri e dalla innumerevole presenza di oggetti litici e di mura megalitiche che si sono scoperti nel corso degli anni sul Gargano.
 

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Toro seduto

 

Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica sé stesso per il bene degli altri. È suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a sé stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell'umanità.

Toro seduto

 

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Tutto ciò che l'uomo ha imparato

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IL LIBRO DELLA SETTIMANA/ Tancredi, il Gargano negli occhi e nel cuore nei fascinosi “Racconti di viaggio”

Post n°24391 pubblicato il 13 Settembre 2019 da forddisseche

IL LIBRO DELLA SETTIMANA/ Tancredi, il Gargano negli occhi e nel cuore nei fascinosi “Racconti di viaggio” 

 
IL LIBRO DELLA SETTIMANA/ Tancredi, il Gargano negli occhi e nel cuore nei fascinosi “Racconti di viaggio”
 
 

Il Gargano di Antonio Beltramelli, di Riccardo Bacchelli, di Anna Maria Ortese, di Pier Paolo Pasolini è stato raccontato con roc­chio del forestiero che s’inoltra in una realtà sconosciuta. Nei loro ragguagli c’è stupore e quella linea di scandalo di fronte ad un mondo che appare atem­porale e in qualche modo alieno. Il mas­siccio promontorio che chiude la Puglia a nord e si protende con prepotenza ver­so un Adriatico pieno di storia ci viene offerto nei suoi screziati fotogrammi co­me un limite tra storico e astorico, reale e magico. Nella prima metà del ‘900 è ancora così, sembra ancora una terra impenetrabile; quasi un continente a sé stante appena sol­cato dalla piccola ferrovia che l’attra­versa nei percorsi più dolci. Dal Gargano, ter­ra di contadini, pa­stori, pescatori, boscaioli sono uscite moire di emigranti spargendosi in tutte le terre emerse, ma molti ritornando ad immaginare come potevano cambiare i propri paesi, come avrebbero tenuto testa alla galoppan­te modernità. Certi libri non te li aspetti da chi è partito e non te li aspetti così grondanti di amore per la propria terra ritrovata nello splendore della sua verità naturalisti­ca, storica, artisti­ca, in una parola, umana. Non nuova a lunghe peregrina­zioni e forte di ro­busti romanzi, Lu­cia Tancredi di San Marco in Lamis ma trapiantata a Mace­rata da anni, ci consegna le chiavi di un suo avvincente inno al suolo patrio nel recente Gargano negli occhi. Racconti di viaggio (Ev, pp. 284, euro 20,00). A 56 anni se li è ripassati tutti i diciotto paesi del suo Gargano, ci ha camminato con incontaminata emozione e ha scoperto tesori inesauribili viaggiando in una geografia difficile, cha dai tenebrosi in­terni della Foresta Umbra si divincola verso coste radiose, ora basse, ora orlate di laghi e di altissime falesie.

 

La varietà dei paesaggi, così come le differenze dell’economia di base (una vocazione agropastorale dell’interno di­stinta da quella marinaresca e mercan­tile della costa, ora piegata al turismo di massa) non resistono ad una certa coe­renza antropologica e ad uno stile di vita che sembrano scritti secondo il sapiente equilibrio tra natura e storia. Tancredi non si ferma alla superficie di ciò che gli occhi vedono, ma s’immerge completamente nello spirito di una terra che ha subito, pur ai margini, tutte le domi­nazioni (da quella romana al Regno di Napoli) e le cocenti sopraffazioni di un ceto dominante, predone di masse plebee. Accanto agli immancabili castelli, alle chiese, ai palazzi l’autrice ha messo in risalto ogni angolo, ogni anfratto, ogni scorcio di realtà nobilitata dalla mano sagace degli abitanti. Tutte le tappe del viaggio, introdotte da ridenti sommarietti, hanno conosciuto soprattutto la lingua gustosa e nutriente dell’esploratrice, spalmata con tocchi appetitosi sulle sue prelibate scoperte. È come se ad ogni aprirsi di strada e ad ogni rivelazione di orizzonti, ad ogni svolta di incontri Tancredi aves­se addobbato il suo Gargano con lunghe carezze, intingendo il suo occhio pit­torico in un lento godimento di sensa­zioni e di risonanze. Il Gargano auscul­tato nei suoi profondi echi di animale di pietre e di piante, incapace di rivelare i suoi millenari se­greti carsici eppure ugualmente dispo­sto a produrre tanti piccoli popoli con le loro peculiarità. Ecco allora il tuffo nell’antro di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Ange­lo, le stimmate di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, le mille sorgenti di Vico con i suoi in­teressantissimi «Eccitati» settecen­teschi emuli di quel raro esemplare di fraticello che era Michelangelo Ma­nicone, la casa di Pietro Giannone a Ischitella, le strettoie del borgo anti­co di Rodi ancora memori dei «vucculi» delle donne che chiamano i loro uo­mini a mare. E che dire di quegli im­maginifici di San Nicandro con Do­nato Manduzio alla testa di una ritro­vata tribù ebraica trasmigrata in Terra Santa, dell’utopia di una società più giusta dell’anarchico Carmelo Palladino di Cagnano Varano, della sterminata collezione archeologi­ca del farmacista Matteo Sansone a Mat­tinata? Uomini e paesi che non si possono raccontare in poche righe e che vanno rinviati alle pagine impagabili di questa divoratrice di bellezze che resta incan­tata sulla laguna di Lesina e di Varano, dove il mare si vede dopo uno strato di altra acqua e si assiepa oltre gli istmi oggi recuperati secondo una mentalità più ecologica. Sembrano appartenere ad un altro emisfero quelle ali di fenicot­tero o di airone che danzano all’oriz­zonte. È uno straniamento talmente for­te che potrebbe essere la scrittrice l’an­guilla di questi nobili pantani, guizzante con quei suoi verbi dinamici usciti dalla sua prensile psicologia: slentare, slar­gare, scavallare, sbracare, scialare. Tut­to in un turbine di sensazioni e nel ri­schio di un contagio emotivo, così ec­cessivo da non potersi sfogare che nella lettura deliziante di questo straordina­rio vademecum dell’anima

 

Sergio D’Amaro

 
 
 
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