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Un americano a ParigiNella residenza newyorkese di Robert Sterling e Francine Clark alle pareti erano appesi una ventina di quadri tra Monet, Pissarro, Renoir, Sargent, Manet e altri maestri dell'Ottocento francese. Un insieme di capolavori che i due anziani collezionisti avevano deciso di affidare, insieme al resto della loro raccolta, non a un grande museo di New York o Washington, ma al Williams College, università a indirizzo umanistico di Williamstown (Massachusetts) dove aveva studiato nonno Clark, prestigiosa ma defilata e certamente al di fuori dei principali circuiti dell'arte. http://www.clarkart.edu/ Lo Sterling and Francine Clark Art Institute, che da oggi al 19 giugno approda al Palazzo Reale di Milano con la sua collezione di 71 capolavori francesi dell'Ottocento, da Toulouse-Lautrec a Monet, da Degas a Corot, da Morisot a Renoir, di cui Clark è stato uno dei principali collezionisti al mondo e di cui vengono presentati ben ventuno dipinti. In effetti, Robert Sterling Clark, uno dei più importanti collezionisti americani del Novecento, aveva già salvato a fatica i suoi quadri da due guerre mondiali visto che costruirsi un proprio museo era stato il sogno di tutta la sua vita, ma soprattutto la logica conseguenza di un contegno ostinatamente indipendente e appartato: una precoce fregatura (un Ghirlandaio restaurato spacciatogli come integro) l'aveva convinto a guardare con definitivo sospetto a mercanti, consulenti e storici dell'arte, spingendolo anche a negare qualsiasi prestito di ogni sua opera e, sul mercato, a fare da sé, fidandosi della sua impressionante capacità di individuare, inseguire e quindi far propri dipinti di altissima qualità. Va detto che Sterling Clark era bello, ricco, indipendente, si era laureato in ingegneria civile, era stato soldato ed esploratore in Cina (la partecipazione alla repressione della rivolta dei Boxer gli era valsa una stella d'argento) e tra gli amici, molti dei quali ignoravano la sua attività di collezionista, era noto soprattutto come allevatore di cavalli e amante delle competizioni ippiche (nel 1954 il suo purosangue Never Say Die avrebbe perfino vinto il prestigioso derby di Epsom). Poi (cavalli a parte), tutto era cambiato e Clark si era trasformato in un vero parigino con passaporto americano. L'arte aveva preso il sopravvento (i suoi stessi genitori erano discreti collezionisti): suo scopo iniziale, complice una disponibilità economica non comune, era stato quello di arredare sontuosamente il suo nuovo appartamento, poi era stato conquistato da autentica passione. All'attrazione per il Rinascimento era subentrata quella per la pittura americana e gli impressionisti francesi. Il risultato era stato una collezione di grande livello, raccolta nei decenni tra New York e Parigi, dove Clark, in rotta con la sua ricchissima famiglia, si era trasferito per oltre dieci anni in piena Belle Époque. Qui aveva conosciuto Francine Juliette Modzelewska (in arte Francine Clary), bellissima attrice della Comédie Française che, inasprendo ulteriormente il dissidio con la sua famiglia, era poi diventata sua inseparabile compagna e suo «punto di riferimento» nel giudizio sui dipinti. Così, a poco a poco, la sua casa era diventata un piccolo museo, caratteristica che, come abbiamo visto, aveva conservato anche quando i coniugi Clark, in fuga dalla guerra, erano tornati a New York con quadri, argenti inglesi, stampe pregiate e una preziosa biblioteca. |
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