L'OSD, organizzazione a sostegno della dislessia risponde alla lettera degli insegnanti preoccupati da possibili eccessi nella diagnosi del disturbo dell'apprendimento:
Egregio direttore,
Siamo un’associazione senza scopo di lucro. Ma, prima di tutto, siamo famiglie. Siamo genitori di bambini con diagnosi di DSA e adulti con DSA cresciuti in un mondo che non teneva in alcun conto il nostro disagio. Nasciamo “dal basso”, nel territorio. Raccogliamo ogni giorno storie di dolore di bambini e di genitori disorientati.
È con dispiacere e preoccupazione che, leggendo una certa “lettera aperta” inviata come comunicato stampa da un gruppo di insegnanti e genitori, apprendiamo come parte del mondo della scuola si sta preparando ad accogliere la nostra legge. Nostra, perché finalmente riconosce quello che siamo, e ci fornisce le opportunità di accedere al sapere che tutti gli altri hanno. Nostra perché abbiamo raccolto e ancora stiamo raccogliendo le firme per una petizione popolare (http://www.petitiononline.com/amicar01/petition.html ).
Questo gruppo di insegnanti e genitori vuole denunciare tutti i mali che si abbatteranno sull’intera società a causa di questo cambiamento. Bisogna, secondo loro, fermare tutto ciò che loro stessi definiscono “insolito e inusuale”. Che poi sia o meno efficace ci sembra alquanto strano giudicarlo a priori. I dubbi possono essere anche leciti, se non fosse per il fatto che nel resto del mondo questi metodi così inusuali stanno portando dei buoni risultati. In Ungheria (non in Svezia) una legge sulla dislessia esiste dal 1993.
Ma vogliamo parlare della lettera, delle argomentazioni che sono state addotte come motivo per incitare gli insegnanti a rifiutare questa legge.
• Non è vero che si vogliono far passare per disturbi dei semplici errori. I ragazzi che vengono definiti “con Disturbo Specifico dell’Apprendimento” (DSA) devono essere diagnosticati e certificati da un medico. Riteniamo che un medico specialista (un neuropsichiatra infantile) che ha per anni studiato questa materia abbia più strumenti rispetto ad un nonno, ad un genitore e perfino rispetto ad un insegnante per capire se un ragazzo ha o meno un disturbo di origine neurologica.
Non devono preoccuparsi gli insegnanti: ci saranno ancora degli alunni che faranno degli errori ai quali potranno rimediare. Destino vuole che ci siano invece anche dei ragazzi che non possono oggettivamente farlo.
• Il monitoraggio e la eventuale segnalazione da parte degli insegnanti dei ragazzi “a rischio DSA” è importantissima. Gli insegnanti hanno un osservatorio unico, un punto di vista privilegiato anche rispetto agli stessi genitori, poiché essi possono fare confronti tra ragazzi con lo stesso grado di sviluppo e pari intelligenza.
Dopo la eventuale segnalazione, il ragazzo in questione verrà comunque valutato da un medico e sarà quest’ultimo, non l’insegnante, sulla base di tecniche diagnostiche già sperimentate e riconosciute, a formulare o meno una diagnosi.
I ragazzi con DSA non sono da paragonare ai portatori di handicap (che, nella lettera in cui abbiamo avuto la ventura di imbatterci, vengono trattati con un po’ di disprezzo, o almeno questa è la nostra impressione). Se così fosse, avrebbero già una legge di riferimento (ahi, Avv. Andrea… lei non ne ha mai sentito parlare?). Si tratta della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992, "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate", pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1992, n. 3. I ragazzi con DSA non rientrano in questa legge.
• Sulla possibilità di trasformare un ragazzo in disturbato mentale da parte di un insegnante, rimaniamo a bocca aperta. Un ragazzo con DSA non è un disturbato mentale, bensì una persona che ha un disturbo specifico che riguarda solo e unicamente l’apprendimento. Si tratta di una IMPOSSIBILITA’ CONGENITA nel poter leggere (o scrivere, o far di calcolo). Prendete un bambino che ha eseguito i test cognitivi ed è risultato pari o leggermente o anche molto superiore alla media come intelligenza (come succede molto spesso ai ragazzi con DSA). Eppure quel bambino ha difficoltà a leggere. Quando tocca a lui farlo a voce alta davanti alla classe comincia a stare male, a sudare. E legge male, ancora peggio di come potrebbe farlo. Quel bambino semplicemente NON PUO’ leggere come gli altri perché NON PUO’ automatizzare i meccanismi della lettura.
Grazie a questi metodi “inusuali” questo bambino potrà apprendere come tutti gli altri.
Ci chiediamo,poi, quanto impreparato possa essere un insegnante che non riesca ad insegnare le basi della lettura ad un bambino intelligente. Come mai questo insegnante non riesce a passare il suo sapere solo ed unicamente a quel bambino mentre tutto il resto della classe invece impara?
Se un’intera classe non fa progressi a causa dell’ incapacità di un insegnante, siamo sicuri che non passerebbe molto tempo prima di un intervento decisivo da parte dei genitori.
• Come può un gruppo di insegnanti e genitori sapere come avviene la diagnosi e giudicare “arbitrari” dei criteri diagnostici utilizzati in tutto il mondo?
• La diagnosi di DSA non farà di questi bambini dei disabili né degli incapaci (e continuiamo ad avere la sensazione di un certo disprezzo nell’uso di questi termini, a dispetto dell’integrazione scolastica, campo in cui la nostra scuola è all’avanguardia), bensì darà loro gli unici mezzi che possono dare loro accesso al sapere alla pari con tutti gli altri.
• Un bambino con DSA non ha i mezzi per poter migliorare, anche se ci mette tutto il suo impegno, tutta la sua dedizione. Gli strumenti compensativi come gli audiolibri, citati nella lettera aperta, sono indispensabili perché un ragazzo che non può leggere bene come gli altri possa, appunto, capire. Perché un ragazzo con DSA, lo abbiamo già detto, è intelligente e può capire se gli si danno gli strumenti giusti. Questi strumenti non saranno dati in modo indiscriminato ma ad ognuno verrà dato quello giusto, quello che gli serve (e questi strumenti saranno suggeriti da un medico), perché ogni ragazzo è diverso dall’altro.
Vorremmo ripetere ancora una volta questo concetto: questo non fa di lui un portatore di handicap.
È un aiuto perché un bambino intelligente che ha difficoltà a scuola ha bassa stima di sé, è un aiuto perché queste difficoltà lo espongono ad umiliazioni.
Se non vogliamo andare avanti, vogliamo tornare indietro? Vogliamo tornare al cappello a cono con le orecchi d’asino o alle tirate d’orecchie?
• Come abbiamo già avuto più volte modo di dire, questa legge non “etichetta” nessuno come disabile. Da quanto ci risulta, allo stato attuale delle cose i bambini con DSA sono invece spesso etichettati dagli stessi insegnanti e dai compagni. Le etichette usate sono “asino”, “buono a nulla”, “fannullone”, “sfaticato”. E potremmo andare avanti a lungo.
Dei genitori consapevoli e informati sanno bene che ORA i loro ragazzi sono discriminati e che i docenti, grazie proprio a quegli strumenti così disprezzati nella lettera aperta, potranno trasmettere il loro sapere a tutti, anche ai bambini con DSA.
Destinati ad un sicuro fallimento sono i ragazzi la cui diagnosi non viene fatta, a cui si continuano ad applicare le etichette di cui sopra e sono questi ultimi i maggiormente esposti al rischio di abbandono scolastico. Già, perché molti ragazzi con DSA abbandonano la scuola, e qualcuno riesce a convincerli che in effetti sono dei buoni a nulla. Ci sono casi di bambini piccoli con sintomi di depressione e propensione al suicidio.
Certamente, per voi insegnanti sarà una rivoluzione e non c’è dubbio che è più facile addossare la colpa alle mamme (che sono le solite, troppo apprensive… un tempo addirittura si addossava loro la colpa dell’autismo infantile!), è più facile riempire i quaderni di segnacci rossi e di “appellativi”.
Eppure ci sono anche degli insegnanti disposti ad accettare questa “novità”. Perché la scuola deve essere un monolite, qualcosa di rigido ed enorme che non deve mai cambiare, che non deve adeguarsi alle nuove tecnologie? Perché non dobbiamo liberarci delle vecchie idee e dei vecchi pregiudizi?
Per favore, fate uno sforzo e dimostrateci che siete capaci di adeguarvi ai tempi, di aiutare le persone, di capire le sofferenze. Mettetevi in gioco per aiutarci.
Vogliamo credere che ci starete accanto nel limitare una sofferenza che a volte è veramente molto grande e pesante da sopportare. Vogliamo credere che la nostra scuola è ancora all’avanguardia, che è ancora dinamica e capace di cambiare laddove c’è bisogno di un cambiamento per il bene di tutti.
Il noto dislessico (e fisico) Albert Einstein, si sentì dire un giorno da un suo insegnante che non avrebbe mai concluso niente nella vita.
A dirla con lui, è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio.
Con molta speranza vi salutiamo
Anche sul mio sito: DSA Dislessia
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