Sgosh!

Se qualcosa può andar male lo farà.

 

 

ANNO NUOVO VITA LARGA

Post n°596 pubblicato il 04 Gennaio 2011 da ausdauer

Sto facendo di tutto per godermi almeno l'ultima settimana di "ferie" in attesa del giorno fatidico, ma le mie notti trascorrono agitate e piene di incubi.

Ho sognato già diverse volte il 10 gennaio.

In un sogno entravamo in ufficio e il mio capo era tumefatto, smagrito, in mutande e canotta su una sedia a rotelle con una gamba rotta. Ci ignorava per diverso tempo finchè non diceva la fatidica frase: "Ragazzi, è finita, tutto ciò che posso darvi sono 264 euro". E a quel punto iniziavo a insultarlo pesantemente.

In un altro invece le cose andavano in maniera più soft. Il capo si scusava, ci abbracciavamo tutti in un mare di lacrime amare e ci auguravamo il meglio per il futuro.

In un altro ancora erano botte da orbi e di parole ce n'erano ben poche da decifrare.

In mezzo a tutto ciò ho anche sognato che mi trovavo a casa della Libby con i suoi genitori, Dr J, il CdM e la Mutti. Dr J aveva cucinato una montagna di cibo argentino su cui io sbavavo copiosamente (non ho idea di come sia il cibo argentino, ma dettagli), però ogni volta che mi veniva riempito il piatto di pietanze succulente mi distraevo un secondo e puff! Tutto mi spariva dal piatto. Tutti negavano di avermi rubato il cibo e io mi sono svegliata frustrata e umiliata.

In queste feste ho decisamente mangiato troppo e tutto ciò si ripercuote sulla mia vita onirica.

Ah, il 2010 è finito a tono con il resto dell'anno. Ci siamo trovati a casa della mia migliore amica e del suo compagno e c'erano quintali di cibo. Mentre ci abbuffavamo il discorso è capitato su un'amica comune che si era fatta male di recente cadendo per evitare di pestare un escremento di cane e il compagno della mia amica è saltato su dicendo:
"Quale amica, quella psycho?"
Non capendo a chi si riferisse ho detto qualche nome che potesse essere adattato alla parola psycho, finché non sono giunta a lei, quell'amica che lui non ha mai potuto sopportare e che dopo avermi fatto sputare i sorci verdi mi ha liquidata dicendo "peccato che non ci vediamo più, ma tu mi metti angoscia con la tua vita da vecchia e preferisco uscire la tua migliore amica". A quel nome lui si è illuminato:
"Ah no, lei non è più psycho, tu l'hai superata!"
Momento di perplessità generale.
"Mi hanno raccontato delle cose..." e quel punto la mia amica è sembrata un tantino allarmata e ha cercato di zittirlo, al che lui, che non è propriamente un uomo di tatto ha esclamato "Ma dai, sei stata tu a dirmelo che quest'anno è stata parecchio isterica e fuori di testa... è stata peggio lei dell'altra vostra amica!".

A quel punto potevano succedere due cose.

In un mondo ideale mi sarei potuta alzare e battermi per la mia dignità spiattellando al carissimo uomo che la sua morosa, nonchè migliore amica, anziché consolarmi del fatto che ho perso 5 mesi di retribuzione nel nulla con un affitto da pagare (sì, lo so, sono monotematica, ma al momento è questo che mi affligge, tra due settimane magari parlerò in lacrime delle mie vene varicose), si è altresì incarognita ricordandomi che lei doveva pagare le tasse di condominio con la sua tredicesima (ah già, dunque le mensilità perdute sono sei e non cinque, grazie per avermelo ricordato) e poi, sedendomi, nello sbigottimento generale, mi sarei potuta versare un alcolico e berlo a canna.

Nella realtà, invece, ho fatto vagare lo sguardo sulle varie cibarie, mi sono servita di un'altra tartina e ho mandato giù pensando "Wow, come sono caduta in basso quest'anno". E leccandomi le dita ho lasciato morire la conversazione.

Quest'anno non voglio non né dimagrire, né essere più buona, né imparare a fare un arrosto senza carbonizzarlo. Ritorno ai miei vecchi buoni propositi: voglio diventare stilita.

 
 
 

SALUTANDOTIAFFOGO

Post n°595 pubblicato il 31 Dicembre 2010 da ausdauer



Questo Natale appena trascorso mi ha insegnato diverse cose.

1) I tempi cambiano: le dimensioni del mio sedere non fanno più scalpore tra i miei parenti, e la cosa mi ha quasi delusa, perché significa che dopo 17 anni si sono arresi di fronte alla mia progressiva lievitazione.

2) Gli argomenti felici, invece, non cambiano: giunti dai miei parenti paterni non abbiamo saltato neppure un argomento dalla scaletta. Incidenti stradali, morti più o meno recenti, malattie e sanità, disoccupazione e degrado della società. Ad un certo punto, con una nuova luce negli occhi, mia zia ci ha proposto la svolta: entrare in società per gestire un'agenzia di pompe funebri. Il terrore negli occhi del CdM quando si è sentito chiedere con voce carica di speranza "Ti piacerebbe come lavoro?" era indescrivibile.

3) Mio "suocero" considera parenti stretti suoi (e non si sa perché anche miei) qualunque persona di sua conoscenza che abbia almeno una vocale in comune con il suo nome. E' così che, come ormai è consuetudine, mi sono dovuta recare a casa di sua cugina per gli auguri, e non contento di ciò ha deciso che saremmo dovuto andare tutti insieme in visita alla figlia di sua cugina (intravista una volta in vita mia) e vedere la sua casa appena ristrutturata.

4) Una visita a casa di persone che non conosci e delle quali non ti frega nulla può durare un'eternità, specialmente in compagnia di  mio "suocero". Non solo il giro della casa è durato più di quanto fosse umanamente sopportabile ("ma che meraviglia, e questo dove l'hai preso? e quanto l'avete pagato? avevate guardato se dall'altra parte costava meno? ho visto la stessa cosa in un altro posto che mi sembrava avesse un prezzo vantaggioso. Questo l'avete fatto voi? E come l'avete fatto? Quanto tempo ci avete messo?"), tanto che la casa era enorme e già prima di arrivare alla zona notte mi scappava tremendamente la pipì. Una volta seduti a tavola tutti insieme (e aver salutato cordialmente i suoceri di questa sconosciuta) credevo che il peggio fosse passato e invece no: sul maxischermo hanno comininciato a proiettare le foto della ristrutturazione, mattone per mattone. La foto del primo buco nel muro. La foto del buco nel muro un po' più grande. Lui davanti al buco. Lei che osserva il buco. Il buco che si ingrandisce ancora. Il secchio di cemento con cui riempire il buco, preso da più angolazioni. E così via per un'ora, in cui ho seriamente pensato alla morte come unica soluzione a tutti i miei problemi.

Questo Natale è stato un vero tour de force, in cui abbiamo macinato centinaia di km e fagocitato l'inverosimile. Ancora adesso non riesco a smettere di ingurgitare cibo e ho sempre le guance piene come quelle dei criceti. Assumo più calorie in una colazione che in una settimana lavorativa.

A quanto pare, comunque, anche quest'anno se ne è quasi andato. Considerato che il 2010 mi ha portato:
- un lavoro nuovo annuale in un campo a me totalmente sconosciuto, per il quale mi sono impegnata come se fosse il lavoro della mia vita per poi scoprire che, guarda un po', è stata solo una gran fregatura
- l'inizio dell'agognata convivenza, decisa in fretta e furia dopo aver valutato se fosse il caso di vivere e lavorare insieme senza spazio per esplodere in pace (dopo tre anni di relazione a distanza era un bel cambiamento) e aver pensato "ma sì, ce la possiamo fare". Infatti da quel momento hanno smesso completamente di pagarci lo stipendio.

E ora che si fa? Si torna indietro (e senza passare dal Via naturalmente, mai incassare se si può evitare) e si ricomincia da capo? In qualche modo si andrà avanti arrancando? Ci si consolerà con l'ennesimo Bacio Perugina?

Non lo so, non ho voglia nemmeno di pensarci.

 
 
 

SONO FIGLIA DI MIO PADRE

Post n°594 pubblicato il 23 Dicembre 2010 da ausdauer

Dopo mesi (sì, credo effettivamente si tratti di mesi) ho ricevuto una chiamata da mio padre. Alcune settimane fa lo avevo chiamato io e stava per chiamarmi, diverse settimane prima idem, e così via andando indietro nei mesi. E' innegabile, vado ormai d'accordissimo con il Vater.

"Ciao, allora?"
"Allora?"
"Allora."

Tutte le conversazioni con il Vater cominciano così. Da sempre.

"Eh, ma sì dai."
"Sì, anche qua dai."

In italiano non significa nulla, ma per noi vuol dire qualcosa tipo "si va avanti".

"Il lavoro?"
"Eh, non sto più andando, se ne riparla il 10 gennaio e si vedrà."
"Te l'avevo detto io!"
"Già. Quindi siamo senza soldi e chissà... nel frattempo il CdM ha distrutto anche la macchina".

"Ah." pronuncia la sillaba con sincero accoramento. Rassegnata e memore ormai delle decine di conversazioni avute che finivano con "stai su, l'importante è che il CdM stia bene" gli riferisco che il CdM comunque sta benissimo, convinta che l'avrebbe sollevato.
"Oh beh" mi risponde "che c'entra, la macchina è distrutta lo stesso..."

Ecco, io sì che sono la figlia di mio padre.

 
 
 

SONO VIVA (MA PUZZO UN PO' DI CADAVERE)

Post n°593 pubblicato il 21 Dicembre 2010 da ausdauer

Dall'incidente del CdM sono iniziate le mie vacanze di Natale. Hurrà? Non proprio, considerato che il mio capo ha preferito non avere più in ufficio nemmeno me e sta valutando l'ipotesi di licenziarmi. Quella di pagarmi, per ora, non è contemplata.

Ieri quando sono arrivata in palestra per la lezione di pilates avevo la faccia di una che è stata appena stirata da una mietitrebbia. "Non sta andando molto bene Aus, vero?". No no, non scherziamo per favore, va tutto alla grande: piango da due giorni perché mi hanno spiegato che la pulizia del condotto lacrimale è indispensabile per la sopravvivenza.

Devo ammettere di non trovare molto conforto nelle persone che mi stanno attorno, a parte un paio di eccezioni (che diciamolo, mi stanno salvando dalla disidratazione totale). Quasi tutti mi fanno presente che i problemi ce li abbiamo tutti e che ogni evento negativo potrebbe addirittura sfociare in un nuovo inizio positivo.
Chiederò perdono se non riesco a provare empatia per una tredicesima spesa per un pagamento prevedibile (inutile ricordare che io sto cercando di vivere con lo stipendio di luglio) o se non faccio i salti di gioia alla prospettiva di fare fagotto e tornare a vivere con i miei (lo so, avrò un tetto sopra la testa e d'altronde qui siamo in Italia, paese in cui l'indipendenza è privilegio di pochi). Lo farò quando mi sarà passata la voglia uccidere.

Dopo le feste credo che metterò sul conto della ditta anche:
- un numero consistente di pacchetti di fazzoletti utilizzati
- il detersivo usato di lavare i fazzoletti di stoffa che ho rubato al CdM, dopo aver consumato quelli di carta
- diverse scatole di barrette Kinder, per le quali ho sviluppato una certa dipendenza (è colpa della depressione)
- un trapianto di fegato.

Da stamattina, però, mi sono imposta una nuova regola: devo smetterla di ripetere che ho fallito in tutto, perché non è vero. La torta agli amaretti e pere che avevo preparato per consolarmi ha avuto una fine talmente rapida ed è stata così tanto osannata dal CdM che non escludo di poterne fare per tutta la vita.

 
 
 

SE QUALCOS'ALTRO PUO' ANDAR MALE, LO FARA'.

Post n°591 pubblicato il 16 Dicembre 2010 da ausdauer

Premessa: lunedì e martedì abbiamo cambiato le gomme sia alla Sacra Auto (dopo sette anni erano diventate di legno) che alla macchina del CdM (girava costantemente a sinistra e i copertoni erano completamente lisci). Dopo aver sborsato una cifra ben lontana da quanto potevamo permetterci al momento di disperazione economica, ho pensato: "Come minimo ora distruggiamo una macchina".

Ore 7: suona la sveglia e mi rendo conto che è giovedì, devo andare in ufficio da sola solo per salvare il fondoschiena al mio capo (che non credo lo meriti, ma tant'è) e ho l'umore sotto le scarpe. Digrigno i denti e con fastidio apro la finestra. Nevica.

Ore 8: estraggo la Sacra Auto da cumuli di neve, inveisco, salgo in Auto grugnendo e mi accorgo che non si allaccia più la cintura di sicurezza. Dico talmente tante parolacce che quasi non mi riconosco, e parto allacciandola dalla parte del passeggero, mentre l'auto suona per avvisarmi che non ho la cintura. Maledizione.

Ore 8,20: mi sto producendo in una delle mie migliori interpretazioni delle canzoni natalizie quando, in mezzo alla nevicata sempre più fitta, mi accorgo che non funzionano più i tergicristalli. A quel punto alterno a "Jingle Bells" numerose invocazioni divine e arrancando raggiungo il primo benzinaio, supplicando di cambiarmi le spazzole affinché io possa, in qualche modo, raggiungere l'ufficio. Dopo venti minuti al freddo e al gelo, riparto e ovviamente ha smesso di nevicare.

Ore 9: raggiungo l'ufficio e mi accorgo che c'è pure la mia capa con il bambino più piccolo, il che non è mai un buon segno.

Ore 10: Il CdM chiama in ufficio. "Ho avuto un incidente, sto bene, ma sono slittato per le neve e sono finito con la macchina contro un muretto. La macchina è ridotta male". Deve succedere altro? No, perché io avrei finito le bestemmie.

Ore 12,30: dico al capo che non intendo tornare nel pomeriggio, e che non tornerò finché non si sistemano le cose. Ricomincio il festival di lacrime e muco senza più alcuna dignità e spargendo fazzoletti ribadisco che la mia vita fa schifo, va tutto in malora e che a questo punto chissà cos'altro ci aspetta. Lui mi guarda e ripete "è tutta colpa mia" e di certo non mi sento di contraddirlo.

Ore 12,45: non c'è una sola strada praticabile e ci metto una vita ad arrivare dalla Mutti che abita ad un km dall'ufficio.

Ore 13,30:  parto da casa della Mutti a piedi e cerco di raggiungere la stazione. Nel giro di cinque minuti comincia una sorta di bufera di neve. Trenta minuti di cammino, gli ultimi cinque minuti arrancando tra le bestemmie. Comincio a pensare di essere uno sfigato personaggio di uno di quei cartoni animati giapponesi, dove ad un certo punto qualcuno di affranto e ormai disperato si trova vinto dalle intemperie e si lascia morire sotto un cumulo di neve finché non avviene il miracolo.

Ore 14: raggiungo la stazione e mi accorgo che è in corso il delirio più totale. Il treno è proprio quello di cui si servono tutti gli studenti della scuola superiore della zona, che non fanno altro che urlare e lanciare palle di neve da ogni dove. La situazione è talmente indecente che persino la sala d'aspetto è coperta di ghiaccio, nessuno può sfuggire alla follia generale mentre c'è chi urla "chiamate la polizia!" e il controllore fischia invano cercando di schivare gli attacchi. Ah, naturalmente il treno è in ritardo.

Ore 14,40: varco la soglia di casa coperta di neve, bagnata, affranta e senza più bestemmie.

Potrebbe pure bastare così credo, ma non ci credo più nemmeno io.

 
 
 
 
 

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