Sgosh!

Se qualcosa può andar male lo farà.

 

 

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VOGLIO UN DICIOTTO, per favore

Che sia ora di finirla con la storia dell'università è chiaro ormai, specialmente dopo gli ultimi avvenimenti.
Dopo un disonorevole procrastinare della durata di 12 mesi, tre settimane fa mi sono decisa a salvare dall'invasione dell'acaro selvaggio quello sciagurato libro per il mio ultimo insostenibile esame, se non altro perché con oggi si chiudeva la possibilità di usufruire di appelli ufficiali prima della sessione di laurea di febbraio. Posto che quello a cui aspiro è un miserrimo 18, che corrisponderà ai minimi storici delle mie prestazioni universitarie ma che, se la Santa Manica Larga mi assiste, chiuderà il capitolo esami, mi sento decisamente in dirittura d'arrivo per tre, angoscianti, motivi.

1) La mia aria da brava ragazza è evidentemente andata a farsi friggere se la professoressa, in un giro di ricognizione tra i banchi pre-esame, mi ha squadrata e radiografata per poi decidere a pelle che io ero "sospetta" e scambiare il mio posto con una ragazza che sedeva al primo banco davanti alla cattedra (ragazza peraltro visibilmente poco disperata dal cambiamento). Tra l'altro non avevo bigliettini né tantomeno voglia di copiare, quindi deve essere proprio il mio angelico visino ad aver fallito miseramente.

2) Non credo sia normale, durante uno scritto che dura tre ore in cui si nota la gente consumare ettolitri di inchiostro e contribuire sfacciatamente al disboscamento della foresta amazzonica richiedendo fogli su fogli, guardare l'orologio con esasperazione dopo tre quarti d'ora e pensare "Mioddio, ma che palle". Senza contare che per la successiva ora e mezza è impensabile agognare allo scadere di un tempo rispettabile in cui consegnare e darsela furiosamente a gambe, senza nemmeno rileggere il compito. Probabilmente avrò sbagliato a scrivere persino il mio nome (che tra l'altro, avrò ricordato di scrivere?).

3) Mentre sedevo solitaria ed esausta ad un tavolo della mensa, mi si avvicina un ragazzuolo che frequenterà probabilmente il primo o il secondo anno di università. Si china per raccogliere qualcosa vicino alla mia scarpa e dice "Mi scusi". Quelle due parole, scandite in una forma di cortesia a stento accettabile, mi suonano tuttora così violente e ingiuriose.

Oh sì, Aus, all'università non c'è più posto per te... Preghiamo per quel benedetto 18, preghiamo.

 
 
 
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Data di creazione: 02/03/2005
 

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