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Abbandonare Tara

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Un paese qualsiasi

Post n°155 pubblicato il 05 Giugno 2007 da odio_via_col_vento
 

Era una brutta periferia, un paese della piana, piatta e industrializzata, che non sembra nemmeno stare alle porte di Firenze, quella ex palude che va verso Prato.
Un paese famoso anche per un terribile proverbio, sarcastico e cattivo come solo a Firenze sappiamo essere:

"Brozzi Peretola e Campi/ è la peggio genia che Cristo stampi"

Ma non ci pensammo nemmeno un minuto a sceglierla.
Perché andare ad abitare là significava in quel momento per noi dare corpo al sogno, avere una casa (costavano molto meno che non a Firenze), sposarsi, cominciare l'avventura.
Anche la casa era qualsiasi: di bello aveva solo che era nuova.
Nonostante tutto l'amore per storia, per quello che è memoria e antico, nella vita ho sempre amato essere circondata da cose nuove, ho sempre temuto - consciamente o inconsciamente - il gravame di già vissuto che si portano dietro le cose che vengono dal passato.
Nuovi il mobili, nuovi i nomi dei figli, nuova la vita quotidiana.


Del paese, che già stava diventando una periferia di Firenze, delle code su quell'unica strada che lo collegava alla città, di negozi, nomi, vicini di casa, panorami, ho solo un vago ricordo. Stavo lì come sospesa: il mio luogo era altrove. Campi mi era funzionale solo alla costruzione della vita.

Passeggiavo talvolta per quelle strade che non mi risolvevo a farmi piacere, a fare entrare nel mio orizzonte familiare. Le zone nuove, mi dicevo, villette con minuscoli alberi appena piantati, sembravano un paese di villeggiatura al mare. Ma non c'era il resto che fa mare: vacanza, sole, aspettativa di spiaggia.


La zona vecchia era squallida e come abbandonata. C'erano alcuni squarci di antico: che in Toscana è praticamente impossibile non trovare anche nei luoghi più improbabili. Una rocca rinascimentale con merli e ponte; qualche segreta cappella affrescata all'interno di chiese all'apparenza anonime. Ma il tutto senza storia, senza memoria, senza rispetto. Stralciato e tralasciato.

Perché ne parlo, allora?
Perché abbiamo cominciato là. E quegli inizi non li cambierei con niente al mondo.
Non cambierei quel giocare a fare famiglia che erano i miei esperimenti culinari, la spesa sbagliata che spesso ero poi costretta a buttare via, l'incapacità di fare ordine, la scoperta che il tempo non bastava mai per me che ero abituata, ahimè, a trovare tutto fatto e tutto pronto in casa.
Non cambieri le nausee assassine che hanno segnato la mia prima gravidanza, la casa vissuta come un guscio protettivo dall'assalto di un mondo esterno improvvisamente pieno di odori killer.
Non cambierei una nevicata eccezionale che ci tenne in casa per un paio di giorni, l'omino di neve costruito in giardino, quei ragazzini che eravamo, mia madre che si affannava a mettere su tende, rivestire di carta i cassetti degli armadi, riparare i miei danni. Mio padre che veniva a prendersi UNO piccolissimo, di prima mattina, per darmi il tempo di studiare.

Ecco perché ne ho voluto parlare.
Campi è uno dei miei luoghi del cuore, nonostante ne abbia avuti molti altri dopo, più belli, più glamour, più adatti a figurare in un concorso a premi.
Ma Campi è l'ingenuo inizio di una vita, il "com'era verde la mia valle".

 
 
 
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