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Yo La Tengo - Fade

Post n°296 pubblicato il 07 Febbraio 2013 da syd_curtis
 

 

 

Yo La Tengo da prendere e portare in cameretta, avessimo ancora diciott'anni, accomodarli alla scrivania, Ira Kaplan sul letto, Georgia Hubley in piedi alla finestra, di fronte a un tramonto domestico. Come i Ladybug Transistor, che compaiono in filigrana (lo giuro) dentro Is that enough e chiedono perdono per tutto quel violino a un passo dal kitsch: una Band, tre personcine a modo, da custodire tra le cose più care. Una cuccia, che male c'è a desiderare una cuccia quando fuori fa così freddo?

We try not to lose our hearts, not to lose our minds: vi pare cosa da poco? Ohm, tripudio di chitarre ronzanti e resistenti, sembra voglia riaprire le ferite dei Novanta (Teenage, Pavement, sì, tutta quella roba lì), e lo fa svagata, nascondendosi tra grazia e pudore. È solo un attimo, nulla da temere, per questo bastano e avanzano gli Yuck: permane -è vero- il buzz del trapano azionato al piano di sotto, nella traccia Ladybuggiana di cui s'è detto, ma poco altro.

Fade, tutto fuorché sbiadito, si apre dal davanzale sul cielo turchese. Passa il funky in odore di boogaloo di Well You Better, sfila il beat semi-electro di Stupid Things, bella da morirci, lo psych morbido e acustico di I'll be around (Incredible String Band reincarnated!); Georgia, sempre persa alla finestra, ha la faccia di Nico (Cornelia and Jane), per tacere della deriva subacquea di Two Trains, amata compagna di quadriposto ferroviario.

Album memorabile, suvvia, e sono oramai tredici: trent'anni e sentirli nel modo giusto. Segnatevi sull'agenda la data del 10 marzo prossimo venturo, prima che sia troppo tardi. O.fficine C.reative A.nsaldo, Milano, ho già in tasca il biglietto. E ora pane e nutella per tutti.

 

Yo La Tengo Fade

 

 
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