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Venticinque dischi per il 2011 (11)

Post n°192 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da syd_curtis
 

 

 

 

4.

Bill Callahan
Apocalypse

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dai tempi di Smog, smussati gli spigoli più evidenti, i bordi taglienti del suono e delle chitarre, sono rimasti i testi elusivi, il gusto per la metafora paradossale, stralunata, ironica (l'elusività e ironia della sua prosa: ricordo ancora quel vecchio testo Smog in cui recitava, La maggior parte delle mie fantasie riguarda l’essere di qualche utilità, come una candela, un cavatappi) e una ricerca senza soluzione di continuità, un viaggio verso una meta vaga e mutevole, uno stare ai margini, interessarsi di dettagli: ricerca che non rimanda risposte, ma solo domande, spesso sussurrate. Un sorriso vago o uno sguardo silenzioso e prolungato, accompagnato da una estrema economia di mezzi espressivi, che sfiora la laconicità e lascia impressione di tristezza, mentre non è altro che quieta osservazione. Apocalypse è un testo che parla soprattutto di vuoti, di addii, di abbandoni. E' il viaggio del mandriano col bestiame, quel suo senso di vuoto che si trasmette alle bestie, alla valle, al paesaggio. Un cantore dell'abbandono che pare uscito da un romanzo di Cormack Mc Carthy. Quel mandriano che alla fine, in one fine morning, si perderà, sino a diventare egli stesso (non è anche questa una merabiliosa metafora?) parte della strada. Il resto della rece è qui.


Il video

 

5.

Low
C'mon

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da Ondarock, Francesco Amoroso.

E non è un caso, quindi, che, sebbene in ognuno dei brani che compongono "C'mon", ricorrano suggestioni e richiami ai lavori passati della band ("Nightingale", "Majestic/Magic", "Nothing But Heart"), quest'album sia fortemente caratterizzato e pieno di personalità. Sono l'apertura quasi pop di "Try To Sleep" e la chiosa festosa di "Something's Turning Over" - con i giovanissimi figli Hollis e Cyrus ad accompagnare ai cori - che evidenziano come Alan e Mimi abbiano in qualche modo scacciato i propri fantasmi (che, probabilmente, angosciavano soprattutto il primo). Ma è, anche questa volta, laddove il canto si fa più veemente e la musica più intensa che il livello emotivo dell'album decolla definitivamente: la semplicità struggente di "$20", la soave e vivida "Nightingale" nella quale le voci dei due coniugi più intonati d'America si carezzano vicendevolmente e si allacciano, preludendo all'appassionato amplesso di "Nothing But Heart", ripetitiva e catartica, o l'incalzare di "Majesty/Magic" sono i vertici di un'opera solida e coinvolgente. Qui la mia rece del concerto del 28.11.2011 ai Magazzini Generali, Milano.



Il video

 
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