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Non voglio che Clara - Dei Cani

Post n°165 pubblicato il 06 Novembre 2011 da d.u.n.s
 

Leone cane fifone




Sovrastati dal vasto e oscuro disegno che regola il mondo, sovente si rimane boccaperta al cospetto di fenomeni cui è arduo appiccicare un senso. Si pensi al nero tra le dita dei piedi, all'orchite, al milan e al suo presidente del nostro consiglio (ancora per poco: pure la Carlucci abbandona la nave), al perpetuarsi del lunedì mattina, all'unghia incarnita e al ministro brunetta, e ognun aggiunga ciò che più (o meno) lo aggrada. Fenomeni che ribadiscono la necessità, inesausta, della speculazione filosofica, nell'accezione heideggeriana del termine: non ci si chieda che ne dobbiamo fare, ma cosa, essa, possa fare per noi. Un ombrello contro le avversità del presente. Con tale ombrellone a ripararci il capo, ci è consentita l'avventura nel mondo bruto, nel quale pare risieda risposta al quesito: quale terribile accadimento soggiace al manifestarsi di un clone dei Baustelle, ove già la copia originale è orrida oltre ogni limite di umana sopportazione? Giacché è da quella parte che va ricercata la causa scatenante (se così può dirsi) d'un gruppo come i Non voglio che Clara, grondante melassa melodica e poetume melenso.

La filosofia, ribadiamo, come unguento che copra i ponfi aperti sull'epidermide dai primi trenta secondi d'ascolto della Mareggiata del '66, tronfia sin dal titolo; ponfi rinvigoriti dal profilarsi di Le Guerre, che appare a tutta prima una copia (se possibile, mio dio) sbiadita di Charlie fa surf; ponfi traboccanti di pus giallognolo, muti testimoni di aperture, oh quanto, ispirate (sospiro, pausa, avanti) quali "padova bologna gli anni dell'universitàààà" (gli anni dell'università, per l'appunto); margarina, burro andato a male, cisti sebacee accolgono la vociona in sé compresa, simil-Bianconi, che declama melliflua, A luglio diedi il cane ad un canile in cambio di una libertà maggiore e ad agosto, fra botte e sassaiole, per via della rivolta sindacale, restai solo, senza cane e lavoro, restai solo con in bocca un gusto amaro: l'amaro di una bastonata che impedisca di andare oltre, di sciorinare a bella posta tanta evidente e insopportabile falsità. Basta, basta, sassaiole, chiavi del 21, fratassi lanciati di taglio, a coprire la cancrena della falsa poesia. Ombrello, filosofia, un colluttorio dialettico per sciacquare le orecchie. O anche solo un dischetto dei Motorpsycho.

Signore, signori, siamo al cospetto del nuovo fenomeno della musica indipendente italiana, celebrato da inenarrabili peana. Ahinoi, un violino ci seppellirà: ce lo meritiamo.

 

 
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