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Virginia Woolf..

Post n°7187 pubblicato il 01 Settembre 2015 da nina.monamour

La lettera di Virginia Woolf
Il biglietto al marito prima del suicidio

Virginia Woolf negli ultimi anni della sua vita

Il 28 marzo 1941 la scrittrice e saggista Virginia Woolf, cinquantanovenne, uscì di casa, recandosi verso il fiume Ouse, non distante dalla sua abitazione, nei pressi di Rodmell; si riempì le tasche del cappotto con pesanti sassi e pietre e si immerse nell’acqua del fiume, non uscendone viva.

Soffriva da tempo di depressione, una malattia che l’aveva attanagliata in gioventù, dalla quale si era poi ripresa ma che era tornata a perseguitarla in quegli ultimi mesi, nonostante la vicinanza degli amici e delle persone care. Al marito Leonard Woolf aveva lasciato un biglietto breve ma toccante, che fu ripreso dai giornali qualche giorno dopo.

 Carissimo,
sono certa di star impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E stavolta non guarirò. Inizio a sentire delle voci e non riesco a concentrarmi. Sto quindi facendo quel che mi sembra la cosa migliore da fare. Mi hai dato la più grande felicità possibile. Sei stato in ogni senso tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere.

Non penso che due persone potessero essere più felici fino a quando non è arrivata questa terribile malattia. Non riesco più a combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti lavorare. E so che lo farai. Vedi, non riesco neanche a scrivere come si deve. Non riesco a leggere.

Quello che voglio dire è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato estremamente paziente con me e incredibilmente buono. Voglio dirlo. Tutti lo sanno. Se qualcuno avrebbe potuto salvarmi, saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà.

Non posso continuare a rovinarti la vita. Non penso che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.

V.

fonte web

Vorrei esprimere la mia opinione..

È sempre straordinario accorgersi di come, davanti alla morte imminente, l’uomo/donna sappia in certi casi tirare fuori il meglio di sé. La storia ci mostra infatti decine di casi di persone che, prossime ad un’esecuzione, invece di cedere alla disperazione hanno saputo manifestare grande dignità, che, anche davanti a condanne ingiuste, sono andate incontro al loro destino con coraggio e con una parola buona perfino per i loro stessi carcerieri e boia.

Affrontare la morte senza paura e a viso aperto, anzi, è stato per secoli l’imperativo morale dei primi cristiani, sull’esempio di Gesù Cristo, ma è un atteggiamento presente anche in altre culture e tradizioni che, con l’andare dei secoli, si è laicizzato ed è diventato il cardine di un’etica fondata sull’amore per l’umanità, per i suoi progressi e per i suoi stessi errori.


Buona serata a tutti

 
 
 
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