Creato da nina.monamour il 11/06/2010
 

Il Diavolo in Corpo

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Una battaglia contro l'anoressia..

Post n°6989 pubblicato il 25 Marzo 2015 da nina.monamour

A 13 anni Geneviève Brisac ha smesso di mangiare, per lei la fame era un modo di sentirsi viva. E' finita in una clinica/prigione, ma è guarita solo dopo, tornando a casa. La sua storia è arrivata in Italia e racconta come è incominciata la sua battaglia contro l'anoressia.

Ricordo le parole che mi sono detta: "Non avrò piu' fame, non crescerò piu', mangerò solo l'indispensabile per sopravvivere".

Mi hiamo Geneviève Brisac, detta Nouk, faccio la Giornalista e la Scrittrice (il suo libro è uscito a Gennaio)

e sono nata a Parigi in una famiglia di intellettuali; ero la maggiore di tre sorelle e vorrei spiegarvi che cosa è successo ad un certo punto della mia adolescenza, quando, in pochi mesi, mi sono cadute addosso due, tre tegole che si sono cristallizzate in una sorta di angoscia esistenziale ossia la morte di mia nonna e un paio di incidenti in piscina che mi hanno fatto interrompere il nuoto, che adoravo.

Ricordo anche che in quel periodo non volevo diventare grande, volevo fuggire non nell'età adulta, bensì nella letteratura; nella mia personale ricerca di assoluto ero diventata anche un pò mistica; mi sentivo aggredita, ma da cosa non saprei dire. In famiglia si mangiava normalmente, cucinava la cuoca, perchè mia madre lavorava molto, era autrice di trasmissioni radiofoniche e televisive. Anche papà che era Ingegnere, era molto concentrato sul lavoro. Non si dava peso, positivo o negativo, al cibo, io però ero golosa di cioccolatini, caramelle, crepes.

Un famiglia normale, la mia, ma un pò fredda, distante, insomma non affettuosa ma autoritaria e del resto erano gli anni '70,


Risultati immagini per immagini anno 70

le adolescenti erano parecchie inquiete, e nelle famiglie borghesi si usava il pugno di ferro contro quelle che volevano troppa libertà. Si dice che molte ragazzine anoressiche abbiano madri invadenti, la mia, invece, era assente, poco fisica, molto severa.

Dopo la mia decisione di smettere di mangiare, ho iniziato a sentire sempre fame, ma non mangiavo, ho iniziato a dimagrire, il mio piano procedeva alla perfezione, studiavo moltissimo, non frequentavo nessuno, però avevo una grande fame d'amore; preparavo biglietti affettuosi per i miei genitori e li mettevo sotto i loro cuscini, ma non mi rispondevano mai.

Piu' volte al giorno misuravo la circonferenza delle gambe e salivo sulla bilancia, avevo bandito pasta, patate, pane, dolci riso, carne, infine ho eliminato tutto;

sembrava che nessuno si accorgesse del mio piano, fino a quando la Prof. di Storia, Madame Néré, mentre ero alla lavagna mi disse: "Stai diventando un fantasma!" La mia condizione adesso era evidente, cercavo di buttare e sputare di nascosto il cibo quando ero a tavola.

 Iniziavo a sentire lo sguardo violento degli altri e alla fine è arrivato il Dottore, che mi ha prescritto ricostituenti e pillole per stimolare l'appetito, controllando il mio peso due volte al mese.

Pesavo 29 chili, e ad un certo punto, era Estate, mi "arrestarono"; con un'ambulanza finii in una clinica specializzata e nella mia camera, con bagno e finestra chiusi a chiave (per evitare tentativi di suicidio),

Non avevo diritto a niente: libri, tv, telefono, visite, matite per colorare. Vivevo in pigiama, un'Infermiera mi promise che mi avrebbe "domato come tutte le altre gatte morte, anoressiche, cattive, bambine ricche e viziate che non hanno conosciuto la guerra".

 Mi portavano i pasti, all'inizio minestra, verdure, yogurt e una mela, poi sempre piu' alimenti; per colazione tè, due biscotti, un panetto di burro, un mini vasetto di miele e una scodella con della zuppa. Mangiavo tutto, volevo che mi restituissero vestiti e libertà. Trattavano le anoressiche come ribelli, erano i metodi di allora e le "cure", fatte anche di solitudine e di privazioni sensoriali violente, erano un modo per far capire chi comandava.

Quando presi qualche chilo, uscii dal "carcere" ma non tornai a casa, ero considerata pericolosa per le mie sorelle e mi mandarono in una famiglia nel Sud della Francia. Ma non ero guarita, pensavo tutto il giorno a come far sparire il grasso che avevo accumulato; in quella casa ero " in libertà provvisoria", avevo l'ordine di non muovermi troppo, per far stabilizzare il grasso che avevo messo su.

Alla fine tornai a casa mia, mi sembrava tutto bello, il profumo dell'aria, il colore del cielo e delle foglie sugli alberi. E iniziai a guarire, avevo cominciato a frequentare il nonno, che era affettuoso, dolce e riposante e, soprattutto non nascondeva le sue paure, diceva di essere "uno normale".

Mi accettava come ero, cioè malata, e così cominciai ad accettarmi anche io; pian piano ho cominciato a stare meglio, sono davero guarita solo anni dopo, quando ho avuto le mie due figlie ed ho intrapreso un percorso di analisi.

Memore delle mie sofferenze, cerco di essere per le ragazze una madre presente e attenta a quello che fanno e provano. Non ce l'ho con i miei genitori, che hanno letto il mio libro, Petite, e che non l'hanno commentato.

Forse non serbo rancore anche perchè sono riuscita a scriverlo. I volumi sull'anoressia sono cupi, pessimisti, io invece ne volevo uno che dicesse quanto si può imparare da questa malattia.

A me ha insegnato la fragilità e la vulnerabilità della vita, l'empatia per chi soffre e mi ha fatto capire quanto è facile far male agli altri e non.....mi sembra poco!!

Circa tre milioni di italiani soffrono di anoressia o bulimia, l'85% sono donne; ogni anno ci sono 8 nuovi casi di anoressia e 12 di bulimia ogni 100mila donne!

Dove farsi aiutare:

Numero verde 800180969 è quello che il Ministero della Salute ha riservato ai disturbi alimentari. E' anonimo e gratuito, attivo 24 ore su 24 ed offre servizi d'informazione.

Le strutture:

L'elenco delle 155 case di cura "sicure" è sul sito del Ministero della Salute (www.disturbialimentarionline.it).

Tra le principali, al Nord Italia il centro Villa Miralago, Cuasso al Monte (Varese), telefono 0332/920275

Al Centro, la Residenza Palazzo Francisci, Todi, telefono 075/8942577

Al Sud, il Centro Giovanni Gioia di Chiaromonte, Potenza, telefono 0973/641216

 
 
 
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