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« Il galloLa venticinquesima ora »

Il matrimonio

Post n°192 pubblicato il 23 Luglio 2012 da loscrittoremascherat

Venerdì, volendo sfatare il detto di venere e di marte non si sposa e non si parte, un mio carissimo amico (otto anni di banco assieme) ed impenitente donnaiolo alla tenera mia età è convolato a giuste nozze.

E come volevasi dimostrare la cerimonia, in una antica e piccola chiesetta, è stata piuttosto originale visto che la sposa ha pensato bene, probabilmente vinta dall’emozione o dal caldo o dalle stecche di balena del vestito o tutto e tre le cose messe assieme, di sentirsi male; il prete ha provato a fare finta di niente ma quando è arrivato alle promesse e la sposa era bianca come un cencio e sembrava svenire da un momento all’altro ha decretato il time-out volendo sfoderare una metafora cestistica.

Quindi mezz’oretta di pausa e poi via in un modo o nell’altro le fatidiche promesse nella gioia e nel dolore (che mai come quel giorno avevano un significato quasi letterale) sono state pronunciate e le fedi scambiate.

In quella mezz’oretta battutine e pettegolezzi si sono sprecati: dallo stato interessante della sposa alla consapevolezza della stessa di quanto stava facendo (che essendo lei avvocato divorzista non la dovrebbe preoccupare più di tanto, va detto).

Finalmente si parte per il ricevimento; la villa era fantastica e si affacciava con una vista mozzafiato sul lago e le montagne che circondano la città; l’azzurro  ed il verde che si specchiavano l’uno nell’altro toglievano il fiato.

E poi via il ricchissimo aperitivo e il pranzo a cui siamo arrivati già leggermente (e dico leggermente) brilli.

Ma soprattutto gli amici di sempre, belli come il sole, e scemi come non mai; quelli che ti sei scelto con il lanternino come dice mia mamma perché trovarne così non è semplice.

Il complice chiacchierare del più e del meno, le foto delle nostre bellissime signore o per lo meno dei soli piedi sandalati e taccati con un tocco fetish, le foto insieme che parevamo usciti da una macchina del tempo dal periodo del liceo (se non si guardano certi minimi particolari).

E poi l’open bar (il malefico bicchiere della staffa quello che l’esperienza negli anni ti dovrebbe avere insegnato a non bere per nessun motivo) e le danze scatenate con musica degli anni 80 (Can’t take my eyes off you, Donna rouge, Face to face heart to heart) hanno concluso la lunga giornata che ancora oggi porta i suoi strascichi.

Un mio amico mi ha detto: “il prossimo è quello di tuo figlio”.

 
 
 
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