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« Avere le palleL'illeggittima difesa »

Qualche nota biografica

Ho trovato su Google libri un interessante volume intitolato Canzoniere Nazionale Scelto e annotato da Pier-Alessandro Paravia Professore di Eloquenza Italiana nella Regia Università di Torino. Torino Dalla Stamperia Reale 1849. Il libro riporta alcune poesie commentate dal Prof. Pier-Alessandro Paravia e delle brevi note biografiche degli autori presenti nello spicilegio (se non vi va bene spicilegio, dirò crestomazia!): qui ne riporterò solo alcuni, indicando i brani presenti nel Canzoniere.

Dante Alighieri
Nato in Firenze del 1265, innamorò a dieci anni di Beatrice, a cui rizzò nella Divina Commedia il più splendido monumento, che dall'ingegno umano sia stato mai posto alla femminile bellezza.
Esiliato del 1302, visse ramingo e infelice, cambiando cielo, ma non fortuna; sin che lasciò le sue ossa a Ravenna del 1324; terzo poeta con Omero e con Shakespeare, alle cui originali bellezze verranno sempre a inspirarsi tutti i poeti del mondo.

O patria degna di trionfal fama            canzone

Feo Belcari
Nacque in Firenze di nobil famiglia. Collocato ne' primi seggi della repubblica, tra quelle ardue cure non dismise mai gli studi delle buone lettere, che egli rivolse a cose di religione e pietà; onde le Lauda, i Misteri, e la Vita del beato Colombini, vero gioiello di lingua. Morì del 1484, e fu sepolto in quella chiesa di Santa Croce, che racchiude tante grandezze italiane.

Le toghe e l’anno son le degne parte        sonetto

Francesco Benedetti
Nato a Cortona del 1785, a quindici anni era già autore di una tragedia, la primogenita di altre dodici, che scrisse dipoi; cominciato con la maschia severità dell‘Alfieri, terminò con la facile vena del Metastasio. Valse anche nella lirica, e coltivò negli ultimi anni la storia. Visse poco lieto, e morì ancor più infelice il primo maggio 1824. Italiano generoso, un'anima pari alla sua, Luigi Ciampolini, ne scrisse con brevità sugosa la vita.

Campion, dal ciel serbato                ode
Aspro censor de’ tempi                    ode

Giovanni Boccaccio
Originario Certaldese nacque del 1345; suo padre lo volea avviare ai traffichi, ma il suo genio lo trasse gli studi. Lottò gran tempo con la povertà, sino a copiar libri per prezzo; mestiere onorato poi da Gian-Iacopo, copiatore di musica. Ebbe da' Fiorentini l'incarico di sporre pubblicamente la Divina Commedia; sposizione del poema, che ammendò in parte l'esilio del poeta.
E anche il Boccaccio verseggiò, né sempre infelicemente; benché il Salviati con un giochetto di parole ci dica, che verso, che fosse verso, nel verso non fece mai. Contra questa sentenza sia la edizione delle Rime di lui, dataci dal Baldelli nel principio di questo secolo. Ma il maggiore fondamento della celebrità de Boccaccio è il suo Decameron, miniera di eloquenza e sentina di bruttura. L'autore stesso se ne pentì, e mutata maniera al suo vivere, e materia al suo comporre, mori del 1375 in Certaldo, dove Carlotta Lenzoni ristorò la casa di lui, vero padre della illustre prosa italiana.

Fuggita è ogni virtù, spento è il valore    sonetto
Apicio legge ne le nostre scòle                sonetto
Cara Fiorenza mia, se l'alto Iddio            canzone

Giovanni Borghi
Nato a Bibbiena del 1790, si dedicò alla Chiesa e agli studi. Del 1824 diede fuori una traduzione di Pindaro, che fece dimenticare all'Italia tutte le altre. Né meno valse come poeta originale; del che fanno fede i suoi Inni sacri, i migliori dopo quei del Manzoni. Negli ultimi anni della sua vita si pose a scrivere le Storie d'Italia, e anche in ciò non gli venne meno l'ingegno e la lode. Balzato qua e là dalla varia fortuna, alla quale dava egli stesso occasione di nuocergli, morì dei 1847 in Roma, dove l'avea condotto la celebrità di Pio lX.

È caduta; omai non sogna                    inno

Cino da Pistoia
Era dei Sinibaldi, ma è più conosciuto dal nome della patria. Studiò leggi in Bologna e le professò a Perugia; ma per le spine della giurisprudenza non lasciò inaridire i fiori della poesia. Lodato da Dante in vita, e lagrimato dal Petrarca in morte, benché inferiore a quei due, divide con essi la gloria di avere fondata la poesia toscana. Nato del 1270 , mori fra il 1336 e il 1337. Sebastiano Ciampi ci diede del 1813 un'accurata edizione delle sue Rime, per le quali, assai più che per il voluminoso comento ai primi nove libri del Codice, e tuttavia nominato.

Si m'ha conquiso la selvaggia gente        ballata
A che, Roma superba, tante leggi            sonetto

Giusto de' Conti
Fu poeta del secolo XV, del quale poco altro si sa, fuori che essendo in Roma, si accese di amore per una vaga fanciulla, la cui mano essendo stata più particolarmente lodata dall'innamorato poeta, fu cagione, che al suo canzoniere si desse il titolo di Bella mano. Pare che morisse del 1449 in Rimini, dove era consigliere di Sigismondo Pandolfo Malatesta.

Se mai per la tua lingua il sacro fonte        sonetto

Ortensia di Guglielmo
Nativa di Fabriano, visse a tempo del Petrarca, se pur non mente Andrea Gillio, che nella sua Topica poetica reca versi di essa fra certi sonetti di alcune gentildonne da Fabriano, che furono al tempo del Petrarca. E di questo numero Leonora della Genga, che viva e morta lodò Ortensia con due sonetti: segno che apprezzava il merito e non conosceva l'invidia. Ortensia è detta dal Quadrio poetessa insigne, e superiore, dopo il Petrarca, a quanti altri in que' tempi fiorirono.

Ecco, Signor, la greggia tua d'intorno        sonetto

Ugo Foscolo
Nato a Zante del 1777, fu allevato a Venezia, qual se dovesse riunire in sé l'eleganza attica alla fierezza italiana. A venti anni scrisse il Tteste; e poco poi scoppiò la rivoluzione; egli v' entrò da giovine e da poeta, vale a dir con fiducia ed ardore; ma i posteriori avvenimenti il guarirono in parte di quella febbre. Noi seguiremo nelle sue varie vicende di giornalista, di professor, di soldato, per non torre ad altri il piacere di leggerle nella bella Vita che ne scrisse il Carrer. Rimbabalzato dall'impeto degli eventi e della sua stessa natura d'uno in altro luogo, morì poveramente l'anno 1827 in una terricciuola poco discosta da Londra. Il conte Capodistria fu al suo letto di morte, e un quacchero pose una lapida al suo sepolcro.

Te, nutrice a le Muse, ospite e Dea            sonetto
Che stai? già il secol l'orma ultima lascia        sonetto

Giacomo Leopardi
Tanto da natura favorito per le facoltà dell'anima, quanto maltrattato per quelle del corpo, riuscì una maraviglia d'ingegno e un compendio di guai. Da se solo apparò il greco, e a pena ventenne, a pochi restava indietro per il sapere, infiniti avanzava pel gusto. Le sue prose e i suoi versi, le sue cose originali o tradotte, tutto che scrisse e stampò prova quanto ben s'apponesse il Giordani, allor che il disse pari piuttosto ai migliori dei Greci, che superiore agl'ltaliani. Il carattere delle sue composizioni è una cupa e fiera tristezza, che era in lui alimentata e scusata da ciò che vedeva e soffriva, ma che, senza il soccorso della religione, ci porterebbe a disperare , non pur degli altri , ma di noi stessi. I suoi studi e le sue sventure finirono in Napoli del 1837, non tocchi ancora i quaranta anni.

O patria mia, vedo le mura e gli archi            canzone
Poi che del patrio nido                        canzone

Francesco Petrarca
Nacque l'anno 1302, esule in Arezzo per la stessa cagione che Dante esulava allor da Firenze. Visse, come lui, in varie Corti, semgre però sospirando alla grandezza e independenza d'Italia.
Restauratore fra noi de' buoni studi, fautore di ogni nobile impresa, pochi nomi italiani eccitano, al pari del suo, la riverenza e l'amore.
Laureato in vita per un poema latino che pochi leggono, debbe la sua immortalita alle rime italiane che tutti conoscono. Mori del 1374 in Arquà, villaggio a poche miglia da Padova, dove si mostra con una specie di religione il suo sepolcro e la sua casetta.

Italia mia, benché 'l parlar sia indarno        canzone


Franco Sacchetti
Nacque in Firenze circa il 1355, e fu reputato fra' poeti della sua età, ancor che il maggior grido gli sia venuto dalle sue schiette e graziose Novelle. Fu adoperato da' Fiorentini in ragguardevoli uffici e ambascierie; pianse la morte del Petrarca con una canzone, e quella del Boccaccio con un'elegia. Quella di lui avvenne poco oltre il 1400.

Amar la patria sua e virtù degna                sonetto

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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