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« Gian Giorgio TrissinoEr ciufolo, Pecorarella »

Trissino (2)

Al Cardinale Farnese.
Come non sempre il sol chiuso è dall' ombra,


Come non sempre il sol chiuso è dall' ombra,
Né gelo eterno le campagne abbraccia,
Nè'l ciel la terra irato ognor minaccia,
Né perpetua tempesta il mar ingombra;

Così non sempre atro pensier adombra
L'umana mente, o rio temer l'agghiaccia,
Ch' ancor Giunon dopo l' ira procaccia
Pace alla terra, e 'l mar de' venti sgombra.

Propinquo spesso a lieta sorte uom siede,
Che di pianto e di duol grave si sente,
Si come donna al bel parto vicina.

Signor, quella cagion ch' or sì dolente
Vi rende, antico fato anco destina
Gioioso farvi e della Chiesa erede.

All'Imperatore Carlo V.
Dopo tanti trionfi e tante imprese,


Dopo tanti trionfi e tante imprese,
Cesare invitto, e in quelle parti e in queste,
Tante e sì strane genti, amiche e infeste,
Tante volte da voi vinte e difese;

Fatta l'Africa ancella, e l'armi stese
Oltre l' occaso, e poi che in pace oneste
La bella Europa, altro non so che reste,
A far vostro del mondo ogni paese,

Che domar l'oriente e incontra il sole
Gir tant' oltre vincendo, che d'altronde
Giunga l' aquila al nido, ond' ella uscio.

Possiate dir vinta e la terra e l' onde
Quasi umil vincitor, che Dio ben cole,
Signor, quant' il sol vede, è vostro e mio.

Un Gallo insano oltra misura altero,

Un Gallo insano oltra misura altero,
Col van furor d' una Luna terrena,
Pensò stretto legar d'una catena
L'augel, che tien degl'altri il giusto impero.

Ma quel sdegnato orribilmente fiero
Con l'unghia e'l rostro il batte e lo dimena
Sì fattamente, ch' ei fuggendo appena
Or per lo scampo suo trova sentiero,

Tal che abbassata in lui fia con gran fretta
E forse affatto spenta l' arroganza,
Che tutta Europa già pose in bilanza.

Ond'io tengo nel cuor ferma speranza,
Che 'l ciel farà dei torti aspra vendetta
A Cristo fatti e a tutta la sua setta.

Enrico II re di Francia.
L' ardita lupa, che da' crudi artigli


L' ardita lupa, che da' crudi artigli
Dell' aquila rapace ha scosso il dorso,
E rotto il duro insopportabil morso,
Che la tenea fra tanti aspri perigli,

Tutta sanguigna e lieta ai cari figli
Dicea rivolta: Or é pur tronco il corso
Delle miserie nostre, or che soccorso
Ne vien sì fido degl' aurati gigli.

Guardate come dagl' acuti ed empii
Morsi ne tolgon dell' augel nimico,
E tante piaghe nel mio corpo impresse.

Ergete dunque a questi altari e tempii,
Ove scritto si legga: Al grand' Enrico,
Liberator delle cittadi oppresse.




Al Varchi.
Varchi, se 'l ciel vi presti ali al gran nome,


Varchi, se 'l ciel vi presti ali al gran nome,
Ond'ei sen vole al Mauritano Atlante
Dall'Indo mar, sì che trapassi quante
Glorie mai coronan altrui le chiome.

Dopo che nel mortal è l' alma, come
Pone in obblio l'alte, celesti e sante
Prime sostanze, ond'é che le sue tante
Virtù dal fragil senso uman son dome.

S' ella è luce immortal, perche il terreno
Velo per Lei non divien santo e chiaro,
Se 'l maggior il minor mai sempre adombra?

Questo dubio pensier starà nel seno
Della mia fede, o sommo Tosco e raro,
Tanto ch'ella per voi d'error sia sgombra.

Signor, che siete in questa corte il fiore

Signor, che siete in questa corte il fiore
Di grazia, di bontà, di cortesia,
Poi ch' è piaciuto alla ventura mia,
Che nel primo veder vi doni il core,

Di ciò m' allegro, e sento un sol dolore,
Perch' io non posso ritrovar la via
Di dimostrarmi grato, e quanto io sia
In voi legato di perpetuo amore.

Ma s'io non giungo innanzi tempo al fine
Di questa breve mia noiosa vita,
Vi farò noto un dì quanto v'onori,

E quanto abbi nel cuor verde e gradita
La vostra cortesia con le divine
Grazie, che d'amor darovvi eterni onori.

Per dar al mondo una beltà perfetta

Per dar al mondo una beltà perfetta
Ed ornar in un dì la nostra etade,
Si mosse la divina alma beltade,
Come chi di bell'opre si diletta.

Era nel ciel ogni virtù ristretta,
Che produce fra noi cose più rade,
Quando mandò da quell'alte contrade
In bellissimo corpo anima eletta.

Però sì come prima in terra apparve
Questa tanta beltà, corse a vederla
Ogni leggiadro e valoroso spirto

Nel manoscritto manca l'ultima terzina

Gian Giorgio Trissino (Vicenza, 8 luglio 1478 - Roma, 8 dicembre 1550, noto anche come Gian Giorgio Dressino)
Rime di Poeti italiani del Secolo XVI, Bologna, presso Gaetano Romagnoli, 1873, pagg. 3-6 (a cura di Antonio Ceruti).

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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