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Giovanni Battista D'Azzia

Giovanni Battista D'Azzia, Accademico e letterato, marchese di Laterza, conte di Nola, morto presumibilmente nel 1554.
Di questo autore conosco i seguenti quattro sonetti:
Al foco de gli accesi miei desiri,
Euro gentil, se d'amoroso ardore
Quando talhor l'alto pensier mi mena,
Spiegate ha già l'ardito mio pensiero


Al foco de gli accesi miei desiri,

Al foco de gli accesi miei desiri,
Cse spegner non poria ghiaccio di sdegno,
Temendo ardea; ch'al peso de' martiri
Io venia men senza il mio bel sostegno.

Quando l'alta cagion de' miei sospiri,
Per cui quanto il Sol vede hor sprezzo, e sdegno,
Ver me rivolse in più benigni giri
Gli occhi, e la voce di pietà fe segno.

Come talhor', arida herbetta suole,
Dopo notturna pioggia al caldo estivo,
Risorger lieta a lo spuntar del Sole,

Così allor'io, ch'era di speme privo,
Divenni a quelle angeliche parole;
Che in me già morto, in altri miser vivo.



Euro gentil, se d'amoroso ardore

Euro gentil, se d'amoroso ardore
Giamai l'alma t'accese alcun bel lume,
Spiega in Ponente le veloci piume,
Ov'è colei, che tien seco il mio core.

A cui, con quest'amare onde, che fuore
Spargo da gli occhi in lagrimoso fiume,
Porta i sospiri miei, che per costume
A mille dal mio sen trae il dolore.

Et in sembiante riverente, e humile
Baciale'l piede, e di, che tosto io spero
Rimedio al mio gran duol da' suoi begli occhi.

Ma sò, che d'Aura in bel foco gentile
Sarai converso, in appressarti al vero
Raggio, che virtù infonde ovunque tocchi.




Quando talhor l'alto pensier mi mena,


Quando talhor l'alto pensier mi mena,
A mirar de' vostr'occbi il vivo Sole,
L'accesa voglia tosto trovar suole
Cosa, che'l suo sfrenato ardire affrena.

Perche la vaga luce, alma, e serena
D'una, in altra cagion fà, ch'ei sen vole,
Col cangiato desio, ch'alrro non vuole,
Al vero fin, che'l tutto acqueta, e frena.

Così mirando voi l'alma s'interna
Nel primiero principio; onde beata
Al vostr'Amor via più s'accende, e' nvoglia.

Ne morte fia, che tanto ben le toglia;
Poi che di quest'ardor sempre infiammata
Con Dio vedravvi, ognhor bella, ed eterna.



Spiegate ha già l'ardito mio pensiero

Spiegate ha già l'ardito mio pensiero
Per salir sovra'l ciel, l'amorose ale;
Ch'ove non giunse mai valor mortale
Spero salir per vago, erto sentiero.

E se l'audaci penne al volo altero
Venisser meno , il precepitio equale,
Fora al mio un desire; onde immortale
Sarebbe il salto, e l'honor sempre intero.

Ne di colui, che sì mal resse il lume,
Ne di quei, ch'al morir l'ali hebbe pronte,
Il duro caso può tenermi a freno.

Che quel, mentre rinforza al vol le piume,
Fà, ch'io non tema di seguir Fetonte;
Pur ch'al grande Oceano io caggia in seno.

Giovan Battista D'Azzia
Da: Il sesto libro delle rime di diversi eccellenti autori, nuouamente raccolte, et mandate in luce. Con un discorso di Girolamo Ruscelli. Al molto reuerendo, et honoratiss. monsignor Girolamo Artusio. Con Gratia & Privilegio. In Vinegia Al Segno del Pozzo, 1553.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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