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« Er busto de la padronaGiuseppe Gioachino Belli »

Contessa Lara, Rime

Di sera

Ed eccomi qui sola a udir ancora
il lieve brontolìo de' tizzi ardenti;
eccomi ad aspettarlo: è uscito or ora
canticchiando, col sigaro tra i denti.

Gravi faccende lo chiaman fuora;
gli amici a ‘l giuoco de le carte intenti,
od un soprano che di vezzi infiora
d'una storpiata melodìa gli accenti.

E per questo riman da me diviso
fin che la mezzanotte o il tocco suona
a l'orologio d'una chiesa accanto.

Poi torna allegro, m'accarezza il viso,
e mi domanda se son stata buona,
senza nemmeno sospettar che ho pianto.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



Aspettando

Mi susurrò - Domani. Ed io: - Domani
m'avrai ne le tue braccia a l'istessa ora;
fra i tuoi capelli passerò le mani,
tu, sognando, dirai che m'ami ancora.-

Ecco, son qui. Lo attendo. A i più lontani
passi, a ogni lieve suon che vien da fuora
tendo l'orecchio, e in desideri arcani
frugo con gli occhi la gentil dimora.

E' un vago nido. Le finestre aperte
di primavera invitano a l'incanto:
scherza il sole tra i fiori e su ‘l velluto.

Io, l'armi antiche e i quadri, onde coperte
son le mura, contemplo; e penso intanto
qual tesoro di baci ho già perduto.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



Impressione

Nella sala da pranzo ampia e fiorita
d'antichi arazzi, il sol s'indugia un poco
in una lista d'oro scolorita,
mentre scoppietta nel camin il fuoco.
E' un tramonto d'inverno. Ecco la vita.
Ecco quale vorrei che a poco a poco
mi fuggisse dagli occhi, scolorita;
mentre in una quiete ampia e fiorita
gli ultimi sprazzi ancòr mandasse il fuoco.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



Dama poeta

Forse da messa o da un bazar tornata,
ne l'intenso calor de 'l mezzogiorno,
entra ne la camera e la grata
penombra beve de 'l fresco soggiorno.

Qui scorre una fontana profumata
in una coppa d'onice a contorno
d'oro, un palmizio dorme a la vetrata
sotto un ciel di raso a pizzi adorno.

Ella ride spogliandosi a lo specchio,
e sorseggia il the verde lentamente
da una tazzetta di Giappone vecchio;

Poi de la scrivania sopra le carte
chinato il picciol capo intelligente,
donna non sol ma torna musa a l'arte.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



Desiderio

O povere mie carte, e resterete
con secchi fiori e ciocche di capelli,
rinchiuse entro uno stipo, in fra segrete
ricordanze de' miei giorni più belli!

Non è per voi di gloria avida sete
il duel che fa che in pianto io vi favelli,
io che sol chiedo a l'arte intime e liete
larve onde il ver per poco si cancelli.

Ma egli è il desio d'una manaccia bianca
che vi scompigli un dì, ne la parola
cercando questa offesa anima stanca:

la man che chiude gli occhi e che consola
quando la vita ne la madre manca
voi, carte, ingiallirete, io morrò sola.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



La Musa

Dicean ghignando che a la donna sola,
a la rejetta, a l'esule, a la mesta,
non più l'arte, che inalza e che consola,
darebbe fiori per la bionda testa.

La Musa, invece, intorno ad essa vola
sempre fida qual pria, nobile, onesta
e fa negl'inni udir la sua parola
che memorie e speranze in lei ridesta.

Insieme van così lungo il sentiero
triste del mondo, che soltanto ha fine
ne l'alta erba là giù del cimitero.

Ingombro è il suol di rettili e di spine,
di minacciose nubi il cielo è nero,
e pur cantano ancor le pellegrine.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



Un capriccio

Un capriccio di donna e di signora
l' attira in quelle due stanze eleganti,
dove un aer d' essenze inebbrianti
a i baci sprona e il volto discolora.

Ei, trepido, con gli occhi la divora,
ella si toglie a poco a poco i guanti:
guarda i fior de 'l tappeto e pensa a quanti
piedini l'hanno calpestato un'ora.

Quella tenda di mussola e di raso
domani forse a un' altra bianca faccia
le lievi ombre darà de'l suo ricamo.

Forse.... E di gelosia l'animo invaso,
ella a un tratto si scuote, apre le braccia,
e a lui singhiozza su la bocca: Io t'amo.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



Visite d'un collegiale

Era un innamorato adolescente,
ne le movenze e ne' discorsi incerto;
nero, alto, magro, co 'l grand' occhio ardente
e mesto, come un figlio de 'l deserto.

Io sbadigliavo. Ei con pupille intente
fisava il mazzo che m' aveva offerto,
o i suoi stivali: o ancor più avidamente
il mio vestito sovra il seno aperto.

E pur vi son de' cervellini grami
capaci a dir, pensate un po' che cosa!
ch' è colpa mia se non passò a gli esami!

Dio buono, e s' io gli ho detto una parola
intima, insinuante, affettuosa,
l' ho consigliato a star de l' altro a scuola.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)



Si dice


Si dice, bello mio, che non abbiate
fil di cervello e briciolo di cuore;
che fate innamorar, poi canzonate,
perché il vostro è capriccio e non amore.
Meglio così! Sarà più originale:
un grande amor finisce presto e male;
e un capriccio, chi sa? ne seguon tante!
potrebbe diventare amor costante.

Contessa Lara (Evelina Cattermole Mancini)

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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