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Anonimi (Scuola Siciliana)

Post n°2279 pubblicato il 23 Novembre 2015 da valerio.sampieri

Anonimi della Scuola Siciliana, seguito.

Quando la primavera

Quando la primavera
apar l'aulente fiore,
guardo inver' la rivera
la matina agli albore:
audo gli rausignuoli
dentro dagli albuscelli,
e fan versi novelli
dentro dai lor cagiuoli,
perché d'amore han spera.

Ispera, che m'hai preso,
di servir l'avenente,
quella col chiaro viso,
alta stella lucente!
Flor sovr'ogne sovrana,
conta e gaia ed adorna,
in cui l'amor soggiorna,
tu ch'avanzi Morgana,
merzé, ché m'hai conquiso.

Lo suo dolze sembiante
e l'amorosa cera
tuttor mi sta davante
la matina e la sera;
e la notte dormendo
sto co’ madonna mia,
per ch'eo dormir vorria:
megl' m'è dormir gaudendo
ch’aver penzier vegghiante.

S'io dormo, in mia parvenza
tuttor l'aggio in balìa;
e lo giorno mi ‘ntenza,
rei sembianti mi 'nvia:
mostramisi guerrera,
ma non è per sua voglia;
a lo cor n'ho gran doglia;
per una laida cera
perdo sua benvoglienza.

Lo tempo e la stagione
mi conforta di dire
novi canti d'amore
per madonna servire.
Ragion è ch'io ne cante,
ancor mi faccia orgoglio:
tuttor son quel ch'io soglio,
leale e fino amante
e senza falligione.

Ancor tegno speranza
nel vostro franco core,
che li sia rimembranza
de lo suo fino amore.
Se madonn' ha distritta
la lingua a' mai parlanti,
eo le farò sembianti
com'io l'amo a fe' dritta
senza falsa sembianza.

Iddio sconfonda in terra
le lingue a' mai parlanti
che 'ntra noi miser guerra,
ch'èram leali amanti.
Chi disparte sollazzo,
gioco ed ispellamento,
Dio lo metta in termento:
che sia preso a reo lazzo
e giudicato a serra!

Anonimo (Scuola Siciliana)
Fonte: C. Muscetta e P. Rivalta (a cura), Parnaso italiano, vol. I, Poesia del Duecento e del Trecento, Einaudi, Torino, 1956;
G. Contini (a cura), Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano-Napoli, 1960.



Rosa aulente

Rosa aulente,
spendiente,
tu se' la mia vita,
per cui vivo
più pensivo
ca per Dio romita:
da paura
non si cura
giaunque la ferita
ch'aggio al core
del tuo amore,
l'arma m'è fallita.

Fiore e foglia,
la tua voglia,
per Dio l'umilia:
lo cor dogli'ha,
sì che toglia
la speranza mia.
La tua cera,
dolze spera,
che 'l cor conduce,
m’è sì fera,
fosse vera,
morte al cor m'aduce.

La tua luce,
che riluce
sovr'ogne splendore,
già consuma
me ch’aluma,
sì mi stringe amore.
Sì m'ha priso
e conquiso
di cor tua valienza,
che niente
fra la gente
par mia benvoglienza.

Chi mi vede,
di te crede
ch'aggia pensagione;
e la fede
mi concede
ch'egli abbia ragione:
ché 'l mio core
sta ‘n errore
pur di te pensare;
a nullore
fa sentore
se non di te amare.

Io ti prego, senza nego
che n'agge pietanza:
teco le gio',
meco il pregio
e tutta speranza.
Te conforti
e me sporti,
ch'era senza noia;
no m'aporti
disconforti
né langore croia.

Anonimo (Scuola Siciliana)
Fonte: G. Contini (a cura), Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano-Napoli, 1960;
A. Giuliani, Antologia della poesia italiana. Dalle origini al Trecento, vol. I, Feltrinelli, Milano, 1975.



Se tu non mi doni

Se tu non mi doni
conforto ned aiuto,
perdoci le personi
come l’om ch’è ‘mpenduto;
dunque ci provedi,
piacente criatura,
ché ben conosci e vedi
ch’io ci so’ in aventura.

Donami conforto,
angelica semblanza;
ch’io non divegna morto
per troppa dimoranza.
Tu se’ più piagente,
aulente fior rosato,
che non è il sol lucente
da matina levato.

Anonimo (Scuola Siciliana)
Fonte: C. Muscetta e P. Rivalta (a cura), Parnaso italiano, vol. I, Poesia del Duecento e del Trecento, Einaudi, Torino, 1956.



Sonno fu che me ruppe, donna mia

Sonno fu che me ruppe, donna mia.
En quelle parti dov'io m'arrivai
una angioletta in sonno me dicìa:
"Che per troppo dormir perduta m'hai".
[lacuna]
"O dormiglioso, forte addormentato
già non sia amante per donna acquistare.
Sta notte mi levai, vennit'a lato,
credendomi con teco solazare.
Tu eri tanto forte adormentato
che già mai non te pote' esvegliare".
[lacuna]
"Gentil madonna, non me biasimate,
ché la vostra venuta non sapìa.
Il sonno traditor che m'ha ingannato
ha già gabbato più saggio de mia.
Non me lamento tanto dello sonno,
quanto faccio de voi, patrona mia,
che 'nci venisti a l'alba dello giorno
quando lo dolce sonno me tenia.
Sonno fu che me ruppe, donna mia".

Anonimo (Scuola Siciliana)
Fonte: C. Muscetta e P. Rivalta (a cura), Parnaso italiano, vol. I, Poesia del Duecento e del Trecento, Einaudi, Torino, 1956.

Anonimo, Poesie italiane, Poeti italiani, Scuola Siciliana, Secolo XIII, Sonno fu che me ruppe..., Se tu non mi doni, Rosa aulente, Quando la primavera

 
 
 
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