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Il Malmantile racquistato 09-2

Post n°1909 pubblicato il 10 Agosto 2015 da valerio.sampieri
 

NONO CANTARE

34.
Vedendo i terrazzan che stanno in fiori (1009),
Che il nimico dà spade e giuoca ardito,
Per non far(1010) monte in su' matton, da' cuori
Ritiransi (1011) e non tengon più l'invito;
Ma speran ben, mostrando a'giuocatori
Denari e coppe, indurgli a far partito;
Perciò nel campo un saggio ambasciadore
Spediscon, che parlò in questo tenore:

35.
Spida (1012), signori, l'armi ognun sospenda.
A che far questa guerra aspra e mortale?
Fermi, per grazia, più non si contenda,
Perch'altrimenti vi farete male;
Fate che la cagione almen s'intenda,
Chè a chetichelli (1013) a questo mo' non vale;
E chi pretende, venga colle buone,
Chè data gli sarà soddisfazione.

36.
Con quei che dona per amor, non s'usa
In tal modo la forza e la rapina;
Chiedete; imperciocchè giammai ricusa
Il giusto ed il dover la mia regina.
Non entraron mai mosche in bocca chiusa,
E con chi tace, qua non s'indovina.
Puoss'egli accomodarla con danari?
Dunque parlate, e vengasi a' ripari.

37.
A questo il general c'ha un po' d'ingegno,
Ritiene il colpo e indietro si discosta.
Che si fermino i suoi dipoi fa segno,
Passa parola e manda gente a posta:
Né badò molto a fargli stare a segno,
Chè la materia si trovò disposta.
Ciascun d'ambe le parti stette saldo,
Ch'ognun cerca fuggire il ranno caldo.

38.
Chi della pelle ha punto punto cura,
Cioè che non vorrebbe essere ucciso,
Sempre le sciarre (1014) di fuggir proccura,
E se mai v'entra, ha caro esser diviso.
E bench'ei mostri non aver paura,
Se in quel cimento lo guardate in viso.
Lisciato le vedrete d'un belletto (1015)
Composto di giuncate e di brodetto.

39.
Sien due gran bravi, sien due masnadieri,
Se mai vengono a quel tirarla fuore,
Credete che e' lo fan malvolentieri,
Perocch'a tutti viene il batticuore;
E ch'e' la passerebbon di leggieri
Se lo potesser far con loro onore,
Attenendosi a quella opinïone,
Di veder quanto viver sa un poltrone.

40.
E questi che badavansi a zombare
In Malmantil, s'accorsero ben presto
Che quel non è mestier da abborracciare;
Però si contentaron dell'onesto.
Già i tagli alcuno impiastra colle chiare,
Altri rimette braccia e gambe in sesto.
Altri da capo a piedi si son unti
E chi si fa sul ceffo dar de' punti.

41.
Baldone in questo, per la più sicura,
Due gran dottori a' trattamenti invia:
L'un Fiesolan Branducci, che proccura
D'aver, s'ei non può in Pisa o in Pavia,
Almeno in refettorio una lettura;
L'altro è Mein Forcon da Scarperia,
Che se l'uom vive per mangiar, vi giuro
Ch'ei vuol campar mill'anni del sicuro.

42.
Cassandro casa Cheleri frattanto,
Del duca allora il primo segretario,
Per far loro un disteso di quel tanto
Dovevan dire al popolo avversario,
Cacciatosi Giovan Boccaccio accanto
E scorso tutto il suo vocabolario,
Scrisse in maniera e fece un tale spoglio,
Ch'ei messe un mar di crusca in mezzo foglio.

43.
Et essi andaron colla lor patente
Di poter dire e fare e alto e basso:
Lor camerata fu, tra l'altra gente,
Che gli seguía, curioso per suo spasso,
Baldino Filippucci lor parente,
Uom che piuttosto canta ben di basso (1016);
Crescer voleva come gli altri appunto,
«Ma si pentì quand'a mezzo fu giunto.»

44.
Son alti gli altri due fuor di misura
Ond'ei nel mezzo camminando ad essi,
Resta aduggiato (1017) sì, che di statura
Nè men può crescer più, quand'ei volessi.
Giunti alla fin colà dentro alle mura,
E a Bertinella che gli aspetta ammessi,
Un bel riverenzon fecer, che prese
Di territorio un miglio di paese.

45.
Ed ella pure a lor quivi s'inchina,
Dando a ciascuno i suoi debiti titoli;
E con essi fermò l'altra mattina
Il discorrere, e far patti e capitoli,
Purchè il nome conservi di regina,
Quando per l'avvenire altra s'intitoli;
Che questo non le nieghin chiede almanco,
Nel resto poi dà loro il foglio bianco.

46.
E perchè l'ore già finian del giorno,
Si consultò che fosse fatta sera;
Perciò tutti alle stanze fer ritorno
Com'un sacco di gatti (1018) fuor di schiera.
I cittadini stavan d'ogn'intorno
Nelle strade, su i canti e alla frontiera,
Acciocch'ognun, secondo il suo potere,
A' forestieri in casa dia quartiere.

47.
Giunta a palazzo Bertinella intanto,
In Amostante e in Celidora incappa;
E vuol che, gli odii omai posti da canto,
Stien seco; ma ciascun ricusa e scappa.
Pur finalmente, ne li prega tanto,
Ch'e' non si fanno poi stracciar la cappa.
Va innanzi il general dentro al palagio:
Chi dà spesa (1019), dic'ei, non dia disagio.

48.
Del principe d'Ugnan poi si domanda:
E perchè la labarda (1020) anch'egli appoggi,
Staffieri attorno a ricercar si manda
Chi l'abbia raccettato e chi l'alloggi.
Ed ei che in una camera locanda
S'era acculato, volle mille stoggi (1021)
Pria ch'ei n'uscisse: pur col suo codazzo
N'andò per alloggiar anch'ei in palazzo.

49.
A cena, perchè il giorno in questo loco
Ebber altra faccenda le brigate
Che stare a cucinare intorno al foco,
Si fece una gran furia di frittate,
Che si fan presto sì, ma duran poco,
Chè appena fatte ell'eran già ingoiate;
Perchè la gente a tavola era molta,
E ne mangiavan due e tre per volta.

50.
In cambio di guarir dell'appetito,
Faceano il collo come una giraffa;
Se vien frittate, ognun stava accivito (1022).
Chè per aria chi può se la scaraffa.
Si ridussero in breve a tal partito,
Ch'ogni volta faceano a ruffa raffa;
In ultimo seguendo Bertinella
L'andavano a cavar della padella.

51.
Stanchi già di mangiar non sazi ancora.
Tal musica finì po' poi in quel fondo;
Ma perchè dopo cena il vin lavora,
Facean pazzïe le maggior del mondo.
Fra l'altre Bertinella e Celidora
Cominciaron per burla un ballo tondo;
E appoco appoco entrovvi altra brigata
Talchè si fece poi veglia formata (1023).

52.
Accender fanno ancor, com'è l'usanza,
Molte candele intorno alla muraglia
Lo splendor delle quali in quella stanza
È tale e tanto, che la gente abbaglia;
Sicchè distinto si vedeva in danza
Chi meglio capriole intreccia e taglia.
Nannaccio intanto sopr'alla spinetta (1024)
S'era messo a zappar la spagnoletta (1025).

53.
Un gobbo suo compagno, un tal delfino (1026)
Ch'alle borse, piuttosto che nel mare
Tempesta induce, prese un violino
Che sonando parea pien di zanzare.
Intanto un ben dipinto mestolino
Si porge in mano a quei c'ha da invitare (1027);
E l'Ugnanese, al quale il ballo tocca,
Sciorina (1028) a Bertinella in sulle nocca.

54.
È grave il colpo e giugne in modo tale,
Che quanto piglia tanta pelle sbuccia;
La donna, benchè sentasi far male,
Senz'alterarsi in burla se la succia.
Non vuol parer, ma in sè l'ha poi per male;
E dice l'orazion(1029) della bertuccia:
Sorride, ma nel fin par che riesca
In un rider piuttosto alla tedesca (1030).

55.
Al duca veramente pare strano
Ch'ell'abbia a far sì grande storcimento,
Perchè gli par d'averle dato piano,
Anzi d'averla tocca a malo stento;
Ma quando sanguinar vedde la mano,
Io mi disdico, disse, e me ne pento;
Finalmente io ho il diavol nelle braccia,
E sono e sarò sempre una bestiaccia.

56.
Per curargliene pensa e ghiribizza,
Ma non sa come; al fin gli tocca il ticchio
Di tôr del sale e ve lo spolverizza,
Come il villano quando fa (1031) il radicchio;
Ed ella, chè la man perciò le frizza,
E di quel tiro (1032) stiaccia (1033) come un picchio,
Ritiratasi in camera in sul letto
Manda giù Trivigante (1034) e Macometto.

57.
Il principe, a quel grido a quel guaire,
Quale a soqquadro il vicinato mette,
Si sente tutto quanto imbietolire,
Ch'amore in lui vuol far le sue vendette.
Comincia impietosito a maledire
Il mestolino e quei che glie lo dette;
E per mostrare or quant'ei lo disprezzi,
Lo getta in terra in cento mila pezzi.

58.
E pensa poi la bestia scimunita,
Che se un cane, scarpione o ragnatelo
Ci morde in qualche parte della vita,
E che se il corpo loro ovvero il pelo
S'applica presto sopr'alla ferita,
Va via il dolore ed è la man del cielo;
Quel mestolino ancora, essendo messo
Dov'egli ha rotto, debba far lo stesso,

59.
Ravvia quei legni, ond'egli forse spera
Cessare il duolo, i pìanti e le querele;
E perchè per le fasce ivi non era
Comodità di panni nè di tele,
La camicia dappiè fregiata e nera
Da' venti che portavan via le méle
Squaderna fuora, e tagliane un buon brano;
Così alla donna medica la mano.

60.
Gridò la donna allor come una bestia,
E dopo il dirgli (1035) manco che messere,
Per levarsi d'attorno tal molestia
Volle co' calci fargli il suo dovere;
Ma trattenuta poi dalla modestia
Di non mostrar intanto Belvedere,
Getta nel muso al medico da succiole (1036)
L'unguento che le fa veder le lucciole.

61.
Non dimostra la faccia così mesta
Quel ragazzo scolar, quel cavezzuola,
Allorchè molti giorni è stato festa,
E che finita poi quella vignuola (1037)
Il maladetto tempo ecco s'appresta
Ch'e' s'ha di nuovo a tornar alla scuola;
Nè si guasta belando sì la bocca,
Quand'il maestro col baston lo chiocca;

62.
Quanto cambiato in viso e mal contento
Adesso pare il povero Baldone,
Che ha una stizza ch'ei si rode drento,
Per non aver cervel nè discrizione;
Chè bench'altrui la morte dia spavento,
S'e' non fosse che e' c'è condennagione
A chi s'ammazza pena della vita,
Con una fune avrebbela finita.

63.
S'impiccherebbe; ma dall'altro canto
Ei va poi renitente, e circospetto,
Stimando che l'indugio tanto o quanto
Sia sempre ben per ogni buon rispetto.
Fatto al morir un soprattieni intanto,
Vuol ch'ella stessa che è per lui nel letto
Con quella man ch'a lei di sangue ha tinta,
Gli vada in sulle forche a dar la spinta.

64.
Poichè 'l condotto delle pappardelle
S'ha da serrar, dic'egli, ella sia il boia;
Perchè s'ìo levo alle sue man la pelle,
A lei s'aspetta il farmi trar le quoia;
Ch'è ben dover, se membra così belle
Con legno offendo, che in tre legni (1038) io muoia,
E mentr'io quivi i calci all'aria avvento,
Mostri ch'io sono un ballerino a vento.

65.
In tal maniera per uscir d'affanni
Entro sè stesso di morir divisa;
Ed ella più colà facendo il nanni (1039),
Il tutto osserva e scoppia dalle risa;
Nè può per l'allegrezza star ne' panni,
Perchè, mentre ch'e' l'ami, ella s'avvisa
Ch'omai la guerra e ogni sparere e lite
Se n'abbia a ire in fumo d'acquavite.

66.
Mentre Baldon qual semplicetto uccello
Così d'intorno alla civetta armeggia (1040),
A tutti quivi serve per zimbello,
Senza che mai vi badi o se n'avveggia
Ognun lo burla e dice: Vèllo, vèllo!
Ciascun dice  la sua, ciascun motteggia;
Beato chi più bella te la stianta (1041);
E noi levansi crosci dell'ottanta

67.
Ma ridan pure e faccian cicalecci,
Perch'ei vuol fare orecchi di mercante;
Lo burlino le genti, Amor lo frecci
Ch'ad ogni mo' sarà fido e costante.
Come talor s'abbrucia i costerecci
Il gatto al fuoco e stavvi non ostante,
Baldon già sente il fuoco e non lo fugge,
Ma com'un pan di burro ivi si strugge.

68.
E così va, perchè a principio Amore
Par bella cosa, e sembra giusto giusto
Una pera cotogna, il cui colore,
Odor, sapor diletta e piace al gusto;
Ma nel gettarla, allor dà gran dolore,
Perchè ristringe e rende il ventre adusto:
E così Amore, al primo è un certo imbroglio
Ch'alletta e piace, ma nel fin ti voglio.

69.
Ed egli, ch'è impaniato e a qualche segno
Crede il suo amor da lei esser gradito,
Altero vanne, e stima d'esser degno
D'invidia più, che d'esser mostro a dito.
Ma lasciamlo per or, ch'io fo disegno
Che questo canto resti qui finito;
Perchè disse un dottor da Palestrina;
Brevis oratio penetra in cantina (1042).

Note:
(1009) IN FIORI. In gioia.
(1010) PER NON FAR ecc. Per non coprire il terreno di morti.
(1011) RITIRANSI DA' CUORI. Lascian l'ardire.
(1012) SPIDA è la parola di cui si servono i ragazzi nei loro giuochi per dire: Sospensione.
(1013) A CHETICHELLI. Occultamente; senza parlare.
(1014) SCIARRE, Risse, tafferugli.
(1015) UN BELLETTO ecc. Un colore fra bianco e giallo.
(1016) CANTA BEN DI BASSO. È basso di statura. Quel che segue s'intende bene ove si pensi che alla stanza 41, dicendo gran dottori, il Poeta ha voluto significare grandi di statura, come più chiaramente dice appresso.
(1017) ADUGGIATO ecc. La troppa ombra impedisce alle piante di crescere.
(1018) UN SACCO di gatti ai quali si dia l'andare.
(1019) CHI DÀ SPESA ecc. Chi, essendo invitato a un desinare, è cagione di spesa all'invitante, non deve dargli disagio col farsi aspettare. Con questo detto altri si licenzia da chi lo trattiene sull'ora del convito.
(1020) LA LABARDA, dice il Minucci, è il ferraiuolo o cappa dei lanzi, i quali non hanno ferraiuolo nè cappa. Onde questo detto vale Posare in casa altrui il ferraiuolo per quivi mangiare, senza spesa.
(1021) STOGGI. Cerimonie e lusinghe.
(1022) ACCIVITO. Lesto, pronto.
(1023) FORMATA. Formale, solenne.
(1024) SPINETTA. Specie di cembalo.
(1025) LA SPAGNOLETTA. Specie di danza.
(1026) IL DELFINO, pesce che pare gobbo, induce, vale a dire, indica le tempeste. Questo gobbo, sonator di violino, fu un tal Trafedi, nano di corte, astutissimo giocatore.
(1027) HA DA INVITARE a ballare.
(1028) SCIORINA. Batte gagliardamente.
(1029) DICE L'ORAZION ecc. Brontola.
(1030) RISO ALLA TEDESCA. Il Minucci spiega: Ridere in tedesco si dice lachen lachen ionadatticamente può significare lacrimare.
(1031) FA. Condisce il radicchio per insalata.
(1032) TIRO. Offesa.
(1033) STIACCIA. Di grigna e batte i denti come l'uccello detto Picchio batte il becco sui rami degli alberi.
(1034) TRIVIGANTE e preso, cred'io, per un dio de' Gentili, forse Marte, quasi Intrigante. (Biscioni.)
(1035) DIRGLI grandi ingiurie.
(1036) SUCCIOLE. Marroni cotti col guscio nell'acqua.
(1037) VIGNOLA. Vita comoda.
(1038) TRE LEGNI. I tre pali delle forche.
(1039) IL NANNI. Il goffo, l'addormentato.
(1040) ARMEGGIA. Fa e dice, e non conclude nulla.
(1041) STIANTA. Schianta, spiattella.
(1042) PENETRA IN CANTINA. È intesa anche da' vinai.

"Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)

 
 
 
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