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Giovan Andrea Gesualdo

IV
Di M. Giovan Andrea Gesualdo

1

Per acquetar le mie faville nuove
A voi spesso ritorno, o lucid’acque,
Che poi ch’al cor l’alto desio mi nacque
Conforto a’ miei sospir non sento altrove;

Ma il crudo incendio, che ne l’alma piove
Dal dì che prima il vostro bel mi piacque,
Sì che mia libertà perduta giacque,
Par ch’al freddo liquor più si rinuove.

O bella fonte, dal cui vivo ghiaccio
Muove l’ardor che mi consuma tanto,
O lunge io viva o ti contempli e guardi,

Io corro a te per rinfrescarmi alquanto
E scemar di quel foco ond’io mi sfaccio;
Ma tu con nuove fiamme ognor più m’ardi.

2

Chiaro, soave, dolce, ardente lume,
Unico raggio di quel sommo Sole,
Ch’or le tenebre mie profonde e sole
Divinamente, tua mercede, allume,

Quanto d’alta pietà fu largo il fiume
Che ti fe’ per salvar l’umane scuole,
Onde il drago crudel si stempra e duole,
Qua giù volar con amorose piume!

Tu, cui l’abisso, il ciel profondo e l’acque,
La Tana e ’l Nil non cape, Atlante e Gange,
Chiuso ti stai nel bel virgineo chiostro;

Or, poi che ’l nostro ben tanto ti piacque,
Nasci al tuo popol, che sospira e piange,
E scaccia e vinci il gran tartareo mostro.

3

Qual empio mio destin, qual cruda voglia,
Qual fiera stella, o qual mio grave errore,
De’ miei conforti ha spento il più bel fiore
E mi condanna a sempiterna doglia?

L’alta cagion ch’a lagrimar m’invoglia
Sa ben l’aspra mia donna, e sallo Amore,
E come il tristo e miserabil core
Sì folta schiera di martir accoglia.

È questa al mio servir degna mercede?
È questo il pregio e l’aspettato bene,
E ’l guiderdon della mia salda fede?

Dunque al mio bel desir leggiadro tanto
Per giusto merto al fin dar si conviene
Ira, sdegno, dolor, sospiri e pianto?

4

O stelle, o cielo, o fiero mio pianeta,
O crudo incendio, o miei caldi desiri,
O principio crudel de’ miei sospiri,
Onde l’afflitto cuor mai non s’acqueta,

Già ti vidi io ver me pietosa e lieta
Rivolger gli occhi in graziosi giri:
Perché mi porgi or tenebre e martiri?
Qual cieca nebbia il tuo splendor mi vieta?

Di tal mio lagrimar tu cresci e sorgi,
O bella fonte, e con sì larghi rivi
Ti rende il pianto mio piena e superba
 
Ma la chiarezza tua, se ’l vero scorgi,
Ne vien torbida poi qualor l’acerba
Mia pioggia avien ch’al tuo sereno arrivi.

5

Né di selvaggio cuor feroce sdegno,
Né crude voglie nel mio danno accorte,
Né il veder già le mie speranze morte,
Né il lungo affanno lagrimoso e ’ndegno,

Né ’l guasto al viver mio fido sostegno,
Né il girne ratto inanzi tempo a morte,
Né pensier ch’a me sol tormento apporte,
Né ’l mal inteso mio desir sì degno,

Né la spenta mia dolce usata aita,
Né il mai qua giù sentito aspro dolore,
Onde io m’appresso a l’ultima partita,

Né altro fia che ’l mio primiero ardore
Spenga giamai, mentre dimoro in vita:
Che bel fin fa chi ben amando muore.

6

O viva fiamma, o miei sospiri ardenti,
O miserabil duol, o spirti lassi,
O pensier d’ogni speme ignudi e cassi,
O strali nel mio cuor fieri e pungenti,

O bei desir de l’onorate menti,
O vane imprese, o dolorosi passi,
O selve, o piaggie, o fonti, o fiumi, o sassi,
O spietata cagion de’ miei tormenti,

O gloriosi allori, o verdi mirti,
O luogo un tempo a me dolce e giocondo,
Ove io già sparsi dilettoso canto,

O voi leggiadri ed amorosi spirti,
S’alcun vive qua giù nel basso mondo
Pietà vi prenda del mio acerbo pianto.

7

Verrà mai il dì che mia pace riporte
O ch’esta vita il gran morir mi lievi?
Nostri felici giorni ah quanto brevi,
E l’ore grate a noi quanto son corte!

Ogni destra fortuna e lieta sorte
Mille ali ha nel fuggir veloci e lievi,
Ma nel ritorno poche, pigre e grievi,
Tal che giugne a lei spesso inanzi morte.

Ma a che dolermi più s’invan mi doglio?
L’ostinato destin non fia commosso
Per prieghi, per pietade o per orgoglio.

S’io potessi poter più ch’io non posso,
So ch’io vorrei voler più ch’io non voglio,
Ma ’l men poter dal più voler m’ha mosso.

8

Quel gran Motor del lucido emispero,
Che ’n picciol cenno il mondo tempra e regge,
Al primo padre de l’umana gregge
Commise il nodo sacrosanto intiero.

Questo, per gloria del terrestre impero,
L’alto voler de la divina legge,
Che gl’ingiusti desir frena e corregge,
Fermò qua giù con modo eterno e vero.

O felice legame, o dolce ardore,
O sacra fiamma, amor saldo e costante,
Che ’n duo corpi mantieni un’alma, un core,

Sostegno eterno de l’umane piante,
Che ’l mondo adorni d’immortale onore,
Chi fia ch’adegui le tue lodi sante?

9

È questo il loco ove madonna suole
Lieta e gioiosa a gli occhi miei mostrarsi
Con quelle belle luci in ch’io prima arsi
E l’altre sue bellezze al mondo sole?

Dir qui pur udi’ angeliche parole,
E vidi a l’aura quei bei crin spiegarsi,
E quel bel viso or neve or rose farsi
Da far ben mille volte invidia al sole.

O dolce loco, i’ pur ti tocco e veggio
Senza colei, che da la rosa al ghiaccio
Sempre vorrei, e non altra mai chieggio;

Ma se ’l mio alto destin con questo laccio
Rende questo mio spirto al par suo seggio,
Abbi tu queste membra e questo impaccio.

10

Quasi un puro, lucente e chiaro lume,
Ch’un loco pien di tenebre e d’orrore
Col suo maraviglioso almo splendore
Renda sereno e d’ogn’intorno allume,

La virtù vostra in sì gentil costume,
Signor, che rende in terra il vero onore,
Or con bei raggi mi rischiara il core
E da gir su mi presta altiere piume:

Mostrami chiaramente il camin vero
Onde al sacro gentil monte si poggia,
Ch’a’ suoi cultori eterna fama apporta.

In lei mi specchio ognora, e ’n lei s’appoggia
Mia speme, e questa è sol mia fida scorta,
Ch’ogni altro al cielo è men dritto sentiero.

11

Tra gli altri doni che dal cielo ardente
Ebbe Alessandro e da Fortuna altiera,
Ond’a la quinta rilucente spera
Salito è il grido suo sì caldamente,

Stimo il maggior che tra la greca gente,
Quando il maestro d’alma luce intiera
Spargeva i raggi, nacque, onde alta e vera
Dottrina accolse ne la vaga mente.

Se da quel grande trar mi lice essempio,
Ringrazio il ciel che ne i migliori giorni
M’ha riservato a degne grazie tante;

Ch’io spero ancor fra lieti alti soggiorni
Col vostro lume entrar nel sacro tempio
A’ bei secreti de le muse sante.

Giovan Andrea Gesualdo
Da: Rime diverse di molti Eccellentissimi Autori (Giolito 1545)

 
 
 
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