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Poesie varie (di Cesare Pascarella, Nino Ilari, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio)

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Il Dittamondo, Libro Primo

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Il Dittamondo, Libro Terzo
Il Dittamondo, Libro Quarto
Il Dittamondo, Libro Quinto
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Pietro Barignano 2

Di M. Pietro Barignano

9

Vorrei scioglier dal collo il duro laccio,
E diveller dal petto i stral pungenti,
E spenger dal mio cor le fiamme ardenti,
Di che impiagato e preso ardendo i’ taccio;

E dopo questo armar di freddo ghiaccio,
Quel di dur smalto, e quei d’arme possenti
A romper, a spuntar, a render spenti
Foco, saette e nodo, in che m’allaccio;

E la man, che ritien catena salda,
E gli occhi, donde movon le faville,
E il volto, da chi ’l colpo si riceve,

Di che mi punge Amor, mi lega e scalda,
Quella in ghiaccio veder, quell’altro in neve,
E quei conversi in lagrimose stille.

10

Se mi concede Amor sì lunga vita
Ch’io torni a riveder prima ch’io mora
Quei begli occhi soavi, onde in me ognora
Sento nuovo piacer, che allor m’invita,

Tanto ti pascerò, bramoso core,
Di che sì desioso e vago sei,
Che non arai cagion più di languire;
Ma nudrito del bel dolce splendore

Che ti conduran dentro gli occhi miei,
Ogni lungo digiun potrai soffrire.
Lasso, se non che pur scema il martire

Il bel viso gentil, che in la mia mente
Ognor vedo più bello e più piacente,
Ben saria omai da me l’alma partita.

11

Crederete a la speme
Che vi ven dal bel viso di costei,
Occhi, per creder già prigion di lei?
Se non sete in oblio
Di quanti lieti sguardi
Nacque al nostro sperar già sì fallace,
Ben direte al desio
Come che sian bugiardi
Quei lumi, onde è sbandita ogni altra pace:
Perché non vi trasporti
A mirar chi n’ha morti, e più fidanza
Di disdegno armi il cor contra speranza.

12
[G2 attribuito a N. Tiepolo; G2 errata attribuito a P. Barignano; G3 attribuito a N. Tiepolo]

Quante lagrime il dì, quanti sospiri
Versin questi occhi, e fuora getti il core,
Per render molle ed impiagar d’amore
Non donna già, ma bel marmo che spiri,

Sassel Amor, con cui vuol che m’adiri
Larga ragion del mio grave dolore;
Ed io mel so, che del pur visto errore
Non ho chi trar ne possa i miei desiri.

Nel qual vago piacer gli ha sì forte usi,
Ch’essi sen stanno quasi a dir: "Che fia
Che mai ne levi di sì dolce stanza?"

Né perché intenda la sventura mia
Posso negar al fin che non gli escusi
E pasca il cor di pur vana speranza.

13
[G2 attribuito a N. Tiepolo; G2 errata attribuito a P. Barignano; G3 attribuito a N. Tiepolo]

Com’avrò dunque il frutto
Del seme sparso, Amor, se gelosia
Disperde i fior de la speranza mia
Deh vi fosse sì nota la mia fede,
Madonna, come a me vostra bellezza,
E pietà fosse in voi quant’è in me doglia:
Ch’io giurarei d’aver quella mercede
Che la vostra durezza,
E non mia colpa, vuol che mi si toglia.
Così si cangi in voi questa ria voglia,
Com’io sol porto in core
Foco del vostro amore.

14
[G2 attribuito a N. Tiepolo; G2 errata attribuito a P. Barignano; G3 attribuito a N. Tiepolo]

Nuovi pensier, che del mio vecchio foco
Riconducete al cor tante faville,
Che là donde altrui colpa dipartille
Minor parte di lor poria aver loco,

Ben può al primo apparir turbar un poco
Vostro valor le mie paci tranquille,
E dipinger nel volto a color mille
Virtù di chi ’l mio mal sempre ebbe a gioco.

Ma ch’io non prenda al gran bisogno l’armi
Da vincer voi, non che pur far difesa,
Non è vostro poter già che mi nieghi:

Che perché punto il cor non si disarmi
Gli conto ognor per avanzar l’offesa
La lunga istoria de’ miei sparsi preghi.

15
[G2 attribuito a N. Tiepolo; G2 errata attribuito a P. Barignano; G3 attribuito a N. Tiepolo]

Perch’io cerchi, non trovo
Quai sien maggiori, o le speranze nostre
O di ben far altrui le voglie vostre.
Vostro largo voler, che doppia il corso
Per giunger quai desiri
Amici d’onestà nanzi a sé scorge,
Quante nostre credenze ha già precorso!
E par seco s’adiri
Se tardi a gran bisogno le man porge.
Questi è dunque onde sorge
Un fonte in me sì vivo di speranza,
Che quasi quel di vostre grazie avanza.

16
[G2 attribuito a N. Tiepolo; G2 errata attribuito a P. Barignano; G3 attribuito a N. Tiepolo]

S’omai di vostra grazia acqua non bagna
Il mio terreno asciutto,
Perirà il seme onde s’attende il frutto.
Non sete voi quel fonte onde si cria
Largo rivo corrente,
Che mille e mille campi magri impingua
Spargete dunque sopra questa mia
Onesta sete ardente
Umor che ’n qualche parte almen l’estingua;
E sarà l’opra vostra
Conforme, Padre, a la speranza nostra.

Pietro Barignano
Da: Rime diverse di molti Eccellentissimi Autori (Giolito 1545)

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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