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« Mentre beveva un lupo...Pietro Bembo 7-11 »

Antonio Caraccio

Post n°1708 pubblicato il 06 Giugno 2015 da valerio.sampieri
 

O Degli affanni, e de' piacer compagna

O Degli affanni, e de' piacer compagna
Del viver mio, mia sospirata Bice,
Dove vai? dove io resto, egro, infelice?
Chi la cara unione, ohimè, scompagna?

Perchè a l'anima mia, ch'invan si lagna
Del tuo partir, teco venir non lice,
Poichè virtù di pietra, erba, o radice
Misero ! non può far, che tu rimagna?

Io trarrò i giorni in tenebre dolenti
Pari a le notti; e viverommi intanto
Solo a la tua memoria, e a' miei lamenti,

E dove non potrò col tristo canto,
Che 'l duol m'hà roco, celebre a le genti
Ti farà il grido del mio eterno pianto.


Non spente già di due leggiadre gote

Non spente già di due leggiadre gote
Vermiglie rose, o gigli a rose misti,
Piango; nè svelto i miei pensier fà tristi
L'oro d'un crin, che lafciv'aura scuote.

Piango in te, Bice mia, gelide, e vote
Innocenza, e virtù, ch'in terra apristi,
E costumi, a cui pari unqua non visti
Furo, e che'l Mondo più veder non puote.

Perder beltà, che viene, e passa a volo,
Qual' Iri in nube, o fior lungo un rufcello;
None dolore, o de' men saggi è solo.

Perdita lagrimosa è ben di quello,
E di gran pianto degna, e di gran duolo,
Che da qui a mille etadi era ancor bello.


Benchè, Donna gentil, dal tuo bel viso

Benchè, Donna gentil, dal tuo bel viso
Volino a schiera i faretrati Amori;
E qual co ì crini scherza, e qual tra i fiori
De l'alma guancia, e qual su i labbri assiso;

Non è beltà, che fà sì attento, e fiso
Stupido il Mondo a i tuoi cotanti onori:
Virtù più occulta è, che talor vien fuori
Ne' saggi detti, e nell'affabil riso.

Nube, in cui folgorando il Sol percuote,
Risplende sì, ch'efler maggior si crede
Il lume in lei di quel, ch'altrui dar puote.

Tal de l'interna tua bellezza fede
Fan crin biondo, occhi vivi, accese gote;
Ma il minor pregio è in te quel, che si vede.


In quella età, ch'al giuoco intenta, e al riso,

In quella età, ch'al giuoco intenta, e al riso,
Liberi d'ogni cura i vanni scuote,
Io vidi Amor con spesse, e varie rote
Volar, qual'ape, intorno ad un bel viso.

Ed or restarsi infra due poma assiso
Del petto, ch'oscurar l'avorio puote;
Or sopra i fior de le vermiglie gote
Pascersi d'uno sguardo, o d'un sorriso.

Io con desio pur fanciullesco, e vano
Tanto il tracciai d'un'in un'altro errore,
Che per un'ala al fin mi venne in mano.

Ali avvidi allor di quel, che fosse Amore;
Che nel pigliarlo ei m'impiagò la mano:
Ma de la man corse il veleno al core

Antonio Caraccio
Da: Rime de' più Illustri Poeti Italiani
Scelte Dall' Abbate Antonini
Appresso Musier - all' Insegna dell' Uliva, 1732. Parte Seconda

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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