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Il Malmantile racquistato 01-3

Post n°1562 pubblicato il 02 Maggio 2015 da valerio.sampieri
 

"Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)

PRIMO CANTARE

44
Or comparisce Dorïan da Grilli (97),
Che nella guerra è così buon soggetto,
Che metterebbe gli Ettori e gli Achilli,
E quanti son di loro, in un calcetto (98).
Scrive sonetti, canta ognor di Filli;
E, buon compagno, piacegli il vin pretto;
Rubato, per insegna, ha nel Casino
Il quattro delle coppe (99), che ha il Monnino (100).

45
Fra Ciro (101) Serbatondi, il sir di Gello,
Che in Pindo a Mona Clio sostiene il braccio (102);
Egeno de' Brodetti, e Sardonello
Vasari ch'è padron di Botinaccio,
Conducon tanta gente, ch'è un flagello,
Da far che le pagnotte abbiano spaccio:
Di cui (103) (perchè il mestar diletta a ognuno)
Si pigliano il comando a un dì per uno.

46
Di foglio (104) per impresa, un bel cartone
Insieme colla pasta egli hanno messo,
Dei lor fantocci, i quali da Perlone
Soglion copiare, o disegnar dal gesso.
Nel mezzo v'han dipinto d'invenzione
L'impresa lor, nella quale hanno espresso
Sulle tre ore il venticel rovaio,
Che ha spento il lanternone a un bruciataio (105).

47
Nanni Russa del Braccio, ed Alticardo
Conducon quei di Brozzi e di Quaracchi (106),
Che, perchè bevon quel lor vin gagliardo (107),
Le strade allagan tutte co' sornacchi.
Hanno a comune un lor vecchio stendardo,
Da farne a' corvi tanti spauracchi:
E dentro per impresa v'hanno posto
Gli spiragli del dì di Ferragosto (108).

48
Gustavo Falbi, cavalier di petto,(109)
Con Doge Paol Corbi or n'incammina
Gl'incurabili tutti, e 'l lazzeretto,
Gente che uscía di far la quarantina.
Van molti a grucce, in seggiola, e nel letto;
Perchè non son ancor netta farina,
Fan per impresa in un lenzuol che sventola,
Un pappino rampante ad una pentola.

49
Bel Masotto Ammirato anch'egli passa,
Lindo garzon, d'ogni virtù dotato:
Che può, de' soldi avendo nella cassa,
Pisciare a letto, e dire: Io son sudato;
Ma per l'ipocondria che lo tartassa,
Ei si dà a creder d'essere ammalato;
Ma e' mangia, beve, e dorme il suo bisogno,
(Ch'è sino a vespro) e poi si leva in sogno (110).

50
Collo scenario in mano e il mandafuora (111),
Va innanzi a' nobil suoi commilitoni;
Pancrazio, Pedolino e Leonora
Lo seguon con un nugol d'istrioni,
C'hanno un'insegna non finita ancora;
Perchè Anton Dei con tutti i suoi garzoni,
In cambio di sbrigar quella faccenda,
È ito al Ponte a Greve (112) a una merenda.

51
Don Panfilo Piloti move il passo,
Chè, tracchè per usanza mai sta cheto,
Or ch'ei fa moto, fa sì gran fracasso,
Ch'io ne disgrado il diavol 'n un canneto.
Assorda il mondo più d'ogn'altro il grasso
Papirio Gola, ch'appunto gli è dreto:
Il qual vestì di lungo (113), e fu guerriero;
Perocchè poco gli fruttava il clero.

52
E n'ha fatto con esso de' rammanzi (114),
Che un po' di campanile (115) non gli alloga:
E questa è la cagion, che là tra' lanzi (116)
Da soldato n'andò 'n Oga Magoga (117):
Nè quivi essendo men(118) tirato innanzi,
Posò la spada, e ripigliò la toga:
E per lo meglio si risolse alfine
Tornare a casa a queste stiacciatine (119).

53
Al che tra molti commodi s'arroge
Quel ber del vin, ch'è troppo cosa ghiotta.
Qua (120) birre, qua salcraut(121), qua cervoge;
A casa mia dicea, del vin s'imbotta;
Però finianla: Cedant arma togæ:
Io non la voglio, in quanto a me, più cotta (122):
Guerreggi pur chi vuol, s'ammazzi ognuno,
Ch'io per me non ho stizza con nessuno.

54
Così rinunzia l'armi a Giove, e stima
D'essere il più liet'uom che calchi terra:
Pensa stato mutar cangiando clima;
Ma trovata l'Italia tutta in guerra,
È forzato ferrarsi più che prima:
«Ecco il giudizio uman come spess'erra!»(123)
Crede tornar tra genti quiete e gaie,
E fugge l'acqua sotto le grondaie.

55
Tra Don Panfilo e lui uno squadrone
Dal Pontadera (124) aspettano e da Vico,
Che parte per la via vanno a Vignone (125),
E parte fanno un sonno a piè d'un fico.
Costoro empion di rena un lor soffione;
E quando sono a fronte all'inimico,
Gliela schizzan nel viso; ed in quel mentre
Gli piglian gli altri la misura (126) al ventre.

56
L'insegna di costoro è un montambanco,
Che ha di già dato alli suoi vasi il prezzo;
E detto che son buoni al mal del fianco;
E strolagato, e chiacchierato un pezzo:
Ma trovandosi al fin sudato e stanco,
E non avendo ancor toccato un bezzo,
Si scandolezza (127) ed entra in grande smania;
Poi dice ch'e' si parte per Germania.

57
Uomini bravi quanto sia la Morte,
Scandicci n'ha mandati e Marignolle (128);
Gente che si può dir ch'abbia del forte,
Poich'ella ammazza (129) gli agli e le cipolle.
Sue lance i pali son, targhe le sporte,
Archibusi le man, le palle zolle:
Va ben di mira, e colpo colpo imbreccia,
Massime quand'altrui vuol dar la freccia (130).

58
Vien comandata da Strazzildo Nori,
Ch'è chimico, poeta e cavaliere:
Ed è quei che in un quadro co' colori
Fece quei fichi che divenner pere.
E perchè questo è il re de' bell'umori,
Per dimostrar quanto gli piaccia il bere,
Ha per impresa un Lanzo (131) a due brachette,
Che il molle insegna trar dalle mezzette.

59
Morbido Gatti, Enrigo Vincifredi
A far venire innanzi ecco son pronti
I fanti che ne dà il Ponte a Rifredi (132),
Che mille sono annoverati e conti.
Han certi santambarchi (133) fino a' piedi,
Che chiaman(134) il zimbel(135) di là da' monti,
E paion con la spada in sulle polpe
Un che faccia lo strascico (136) alla volpe.

60
Nell'insegna han ritratto un uom canuto (137),
Che troppo avendo il crin (per esser vecchio)
Fioccoso e lungo, un fanciullino astuto
Dietro gli grida: Gli abbrucia il pennecchio.
Da questa schiera qui s'è provveduto
Gran ceste, piene d'uova e di capecchio,
Con fasce, pezze e taste, accomodate
Per farsi alle ferite le chiarate.

61
È General di tutta questa mandra
Amostante Laton(138), poeta insigne;
Canta improvviso come una calandra (139):
Stampa gli enigmi, strolaga e dipigne.
Lasciò, gran tempo fa, le polpe in Fiandra (140),
Mentre si dava il sacco a certe vigne.
Fortuna, che l'avea matto provato,
Volle ch'ei diventasse anche spolpato (141).

62
Passati tutti con baule e spada,
Serransi in barca come le sardelle.
Gli affretta il duca, e chi lo tiene a bada
O ferma un passo, guai alla sua pelle;
Ch'ei lo bistratta, comechè (142) ne vada
Giù la vinaccia e il sangue a catinelle:
E benchè lesto ciaschedun rimiri,
Non gli dà tanto tempo ch'ei respiri.

63
Perciò imbarcati tutti in un momento,
Poichè Baldon facea così gran serra,
Si spiegaron l'insegne e vele al vento.
Quando le navi si spiccâr da terra,
Ed egli allora entrò in ragionamento
Di quel che lo spingeva a far tal guerra;
Ma per contarla più distesa e piana,
Incominciò così dalla lontana.

64
Risiede Malmantil sovra un poggetto:
E chiunque verso lui volta le ciglia,
Dice che i fondatori ebber concetto
Di fabbricar l'ottava maraviglia.
L'ampio paese (143) poi, che egli ha soggetto,
Non si sa (vo' giuocare) a mille miglia:
V'è l'aria buona, azzurra oltramarina:
E non vi manca latte di gallina (144).

65
Il re di questo regno, giunto a morte,
La mia cugina qui, che fu sua Donna
(Non avendo figliuoli, o altri in Corte
Propinqui più), lasciò donna e madonna;
Ma come volle la sua trista sorte,
Un certo diavol d'una Mona Cionna (145),
Figliuola d'un guidone (146) ignudo e scalzo,
Ne venne presto a farle dar lo sbalzo.

Note:

(97) DORIAN DA GRILLI. Lionardo Giraldi, gentìluomo di bell'umore e poeta.
(98) CALCETTO è un calzamento a foggia di scarpa. Mettere altrui in un calcetto vale superarlo e avvilirlo.
(99) IL QUATTRO DELLE COPPE è una delle carte da giuoco, v. VIII, 61.
(100) IL MONNINO è una bertuccia, effigiata in mezzo a quel quattro. Il Giraldi ha per insegna il Monnino perchè egli era solito dare monnini. Quel che ciò sia, s'intenderà dal seguente esempio: Doriano disse ad un chierico: Non fu mai gelatina senza.... e qui si fermò come smemorato; il chierico finì subito il verso, dicendo alloro. E il Giraldi soggiunse: Voi siete il maggior bue che vada in coro.
(101) FRA CIRO ecc. Vedi l'indice dei nomi anagrammatici. Questi personaggi erano scolarì dì pittura dell' autore.
(102) SOSTIENE IL BRACCIO ecc. Fa il letterato.
(103) PAGNOTTE, per pani, è voce viva in molte parti d'Italia. Di cui. Della qual gente.
(104) DI FOGLIO ecc. Eglino per loro impresa han messo insieme colla pasta un bel cartone di fogli con disegni dei lor fantocci ecc.
(105) BRUCIATAIO chiamasi in Firenze il venditore di bruciate, cioè castagne o calde arrosto.
(106) BROZZI E QUARACCHI, luoghi vicini a Firenze.
(107) GAGLIARDO è detto quel vino ironicamente.
(108) FERRAGOSTO. Ferie d'Agosto. Celebravano gli antichi le ferie augustali con grandi allegrie, e i Fiorentini festeggiavano pure solennemente i primi due giorni di agosto, per memoria delle due rotte di Monte Murlo (1° agosto 1537 e di Manciano (2 agosto 1554), Ma poichè le dette feste erano quasì dismesse al tempo dell'autore, per questo nomina gli spiragli (spirare, morire), cioè gli avanzi.
(109) GUSTAVO ecc. Ugo Stufa, Balì della Religione di san Stefano. detto per giuoco cavalier di petto dalla croce dell'ordine che portava in petto. L'altro è Iacopo del Borgo. Essendo essi infermicci non son netta farina quando l'autore scriveva, si dà loro per insegna un PAPPINO, cioè portator di pappe al malati dello Spedale.
(110) SI LEVA IN SOGNO. Si leva, sognando che sia ora di levarsi, mentre non è. Ma è detto per iperbole ironica. Vuol dire: si leva a mezzodì, e afferma che s'è trovato in piedi prestissimo perchè sognava di levarsi, e si è levato di fatto.
(111) LO SCENARIO ecc. Bel Masotto Ammirato (Marchese Mattias Bartolomei) dilettavasi di fare e recitar commedie co' suoi amici Pancrazio ecc.; onde qui gli si danno in mano lo scenario e il mandafuora, che sono fogli in cui si descrivono i nomi dei recitanti, le scene ecc., perchè la rappresentazione proceda con ordine. - Il fatto narrato negli ultimi quattro versi par che sia vero: ma invece di stendardo, trattavasi di abiti da commedia.
(112) PONTE A GREVE è poco lontano da Firenze sulla strada di Pisa.
(113) VESTÌ DI LUNGO. Vestì tonaca o abiti talari.
(114) RAMMANZO, Ramanzina, rabbuffo, diceria, lagnanza.
(115) UN PO' DI CAMPANILE. Una chiesa, una cappellania.
(116) LANZI Guardie Tedesche.
(117) OGA MAGOGA. Lontan lontano.
(118) NÈ... MEN. Nemmeno.
(119) STIACCIATINE. Tornare al pentolino, ai comodi di casa.
(120) QUA. In Germania.
(121) SALCRAUT. Cavol salato.
(122) NON LA VOGLIO PIÙ COTTA. Mi basta così. Chi va all'osteria ed ha, fame, dice all'oste, per isbrigarsi: portala cotta com'è.
(123) «ECCO» ecc. Ariosto, I, 7
(124) PONTADERA, Vico, terre vicino a Pisa.
(125) VIGNONE o Vingone è un fiumicello tra Firenze e la Lastra: ma la frase qui usata signitica anche: Andare nelle VIGNE altrui a côrre l'uva.
(126) LA MISURA. La mira.
(127) SI SCANDOLEZZA. S'adira.
(128) SCANDICCI E MARIGNOLLE, Ville vicine a Firenze.
(129) AMMAZZA. Fa mazzi.
(130) DAR LA FRECCIA, Frecciare, chieder danari in presto, e si dice di chi ha poco modo e meno voglia di renderli.
(131) UN LANZO. Un Tedesco delle guardie, gran bevitore, Capace di scompisciare le due paia di brache che portava.
(132) PONTE A RIFREDI, luogo a vicino a Firenze.
(133) SANTAMBARCHI o saltambarchi specie di sopravveste o mantello rustico fatto di due lunghe strisce di panno cucito in croce con una buca in mezzo, per la quale passare il capo
(134) CHE CHIAMAN ecc. Che invitano a porcuotere di zimbello chi porta quei saltambarchi.
(135) ZIMBELLO qui è un sacchetto pieno di crusca o simile, coi quale i ragazzi, di carnevale percotevano i contadini: e mentre questi si voltavano per vedere, altri ragazzi li percotevano dall'altra parte.
(136) LO STRASCICO ecc. Per fare una certa caccia alla volpe si va strascinando per terra un pezzo di carnaccia legata a una fune.
(137) UN UOM CANUTO. Questi è un certo dottor Cupers, con cui ragionavano spesso i due nominati nella St. precedente. Questo dottore da vecchio andava molto lindo, e credevasi d'invaghire di sè tutte le donne: onde i monelli gli davan la baia.
(138) AMOSTANTE LATON. Antonio Malatesti scrittore di sonetti enimmatici.
(139) CALANDRA è una specie di lodola.
(140) LASCIÒ LE POLPE IN FIANDRA si dice di chi ha gambe molto sottili; ma qui per doppio senso il poeta vuol far credere di aver detto che Amostante riportò gravi ferite nelle guerre di Fiandra.
(141) MATTO SPOLPATO vuol dire matto del tutto; ma qui pure il poeta pretenderebbe che s'intendesse matto senza polpe alle gambe.
(142) COMECCHÈ ecc. Quasichè si trattasse di grave danno, come è quando, cessato il bollire del mosto, la vinaccia cala a fondo e lo guasta, se la non si toglie in tempo.
(143) L'AMPIO PAESE ecc.Io giuoco che non si trova chi sappia o possa giudicare a migliaia di miglia quanto paese gli è soggetto: e vi è equivoco in questa parola fra i due significati che essa ha, di situato sotto e sottoposto al dominio.
(144) LATTE DI GALLINA. Curioso è vedere come anche i Greci usassero questa stessa espressione, galà òrnithon
(145) MONA CIONNA. Titolo che si dava a donna dappoco, ma impacciosa e mestatrice, Questa è Bertinella.
(146) GUIDONE. Uomo vile e tristo.

 
 
 
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