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La Secchia Rapita note 1-3

Post n°1355 pubblicato il 11 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

DICHIARAZIONI DI GASPARE SALVIANI ALLA SECCHIA RAPITA

[dall'edizione del 1630, attribuite ad A. Tassoni]

CANTO PRIMO

Stanza 1a, verso 4.
I Bolognesi sono chiamati Petronii e i Modanesi Gemignani per la moltitudine de' cittadini dell'una parte e dell'altra che hanno questi nomi; non per disprezzo alcuno, poiché per altro sono nomi de' Santi protettori di quelle due città.

S. 2a, v. 8.
Accenna la conformità, che è tra il rapimento d'Elena e quello della Secchia.

S. 4a, v. 1.
Veramente la Republica di Venezia in quel tempo, veggendo ruinare l'imperio greco, attendeva a profittarsi della caduta sua, e non premeva molto nelle cose d'Italia. Rebuelta de rio, gananza de pescador.

S. 5a v. 4
Questa è moneta che spende ordinariamente la Corte di Roma. Diceva prima: Ma non avran dal Papa altro che messe. Fu mutato, perché il satirizzare su l'imperfezioni de' religiosi pecca in moralità e scandalizza gli uomini pii.

S. 10a, v. 8.
Usò questa voce [pitale] il poeta e molt'altre della Corte di Roma, sí per la licenza, che concede Aristotile ai poeti epici d'usar varie lingue; ma molto piú perché egli ebbe opinione che la favella della Corte romana fosse cosí buona, come la fiorentina, e meglio intesa per tutto.

S. 12a, v. 2.
I Modanesi portano per impresa della città loro una trivella: col motto: Avia pervia.

S. 12a, v 5.
Questo non è capriccio del poeta, come l'hanno tenuto alcuni, ma istoria vera cavata dalle croniche del Lancillotto: il quale aggiugne anco di piú, che occorse un giorno che sementando certi agricoltori fagioli dietro le rive del Panaro, il podestà di Modana uscí con gente armata a far loro la scorta, perché non fossero impediti dai nemici ch'erano anch'essi in campagna: onde i Bolognesi, come faceti, inventarono poi che 'l Potta di Modana sementava i fagioli stando a cavallo.

S. 13a, v. 1.
Questi è figurato pe 'l conte Lorenzo Scotti amico del poeta, che morí poi alla corte dell'imperatore Mattias.

S. 13a, v. 8.
Gherardo figlio di Rangone Rangoni fu veramente in quel tempo; e secondo l'istorie del Campanaccio e del Sigonio, furono egli e Tomasino Gorzani capitani del popolo modanese in quella guerra e insieme col re Enzio rimasero ambidue prigioni.

S. 14a, v. 2.
Marrabisi: è voce lombarda, e significa uomini di mal affare: è propria de' Bolognesi.

S. 14a, v. 5.
La Fossalta è un passo d'un torrente tra Modana e 'l fiume Panaro, che si passa a guazzo co' piedi asciutti.

S. 16a, v. 1.
Questo è nome finto.

S. 16a, v. 5.
Aristotile insegnò all'epico ch'egli poteva usare la varietà delle lingue; onde il poeta qui si serve della regola per introdurre il ridicolo.

S. 25a, v. 3.
Bedano appresso i Bolognesi significa quello che appresso i Sanesi significa besso, scemo, balordo.

S. 26a, v. 5.
Il capitan Curzio Saracinelli fu uomo bravissimo, ma milantatore al possibile; non s'era fatta guerra in cent' anni, dove egli non fosse intervenuto; e non era intervenuto in guerra, dove di sua mano non avesse tagliato a pezzi almeno cent'uomini, e particularmente nelle guerre di Fiandra e di Portugallo.

S. 28a, v. 1.
Questi fu un dottore senza naso; ma il colpo era stato piuttosto di guaina che di spada.

S. 29a, v. 1.
Qui è forza narrare un accidente ridiculoso intervenuto al poeta mentre era allo Studio di Bologna, che forse diede materia a questi versi. Era di carnevale, e standava in maschera; e 'l poeta era vestito da Zanni dottore con una zimarra e una beretta di velluto. Incontrossi in tre altri mascheri vestiti da Zanni, in San Mammolo, i quali toltolo in mezzo il cominciarono a urtare; e uno di loro, che portava un formaggetto vecchio legato con una corda, gli diede con esso una botta su lo stomaco, e 'l fece cadere in terra; e un altro gli levò la beretta che gli era caduta nel fango, e gliela portò via trafugandosi fra gli altri mascheri, e 'l fece rimanere un Zanni da dovero. Egli seppe dappoi che quello che l'aveva fatto cadere era stato uno de' Zambeccari, e quello che gli aveva tolta la beretta era stato un tal Dal Gesso che morí poi la state seguente, e 'l terzo era uno de' Scadinari.

S. 31a, v. 1.
Questa è un'osteria fuor di porta San Felice a Bologna, dove sempre suol essere buonissimo moscadello.

S. 39a, v. 3.
Alcuni vogliono che Bologna fosse anticamente detta Boionia, dai Galli Boi, che abitarono quivi.

S. 41a, v. 4.
Manfredi Pio non fu molto distante a quei tempi; fu capo delia fazione ghibellina e vicario imperiale in quelle parti.

S. 43a, v. 7.
La secchia, che tuttavia si conserva in Modana, è veramente d'abete; e mostra che fosse nuova con tre cerchi e il manico di ferro. È anticaglia degna d'esser veduta, come quella che tiene il terzo luogo dopo la nave d'Argo e l'arca di Noè.

S. 48a, v. 3
Chi desidera di sapere il successo di questa vergine, legga il Leonico, De varia historia etc.

S. 52a, v. 1.
Bonadamo Boschetti era veramente vescovo di Modana in quei tempi, e come uomo di fazione era stato cacciato dai ghibellini. Questa ottava si leggeva prima cos:

Era vescovo allor per aventura
de la città messer Adam Boschetti,
che celebrava con solenne cura
quando i suoi preti li facean banchetti.
Non dava troppo il guasto a la scrittura,
le starne gli piacevano e i capretti,
e in cambio di dir vespro e matutino
giucava i benefici a sbarraglino.

Ma perché al poeta parve d' aver ecceduto nel motteggiare la persona d'un vescovo per altro di nobilissima famiglia e molto sua amorevole, non ostante che avesse motteggiata la persona sola e non la dignità né la famiglia, la corresse come si vede. I difetti delle persone eminenti s'ascoltano con gusto, perché servono di scusa agli inferiori delle loro imperfezioni: ma il motteggiare le persone sacre non si può ammettere in buona politica, perché scema la riverenza alla religione. E per questo furono mutati eziandio quei versi dell'ottava 62a:

Sotto la porta stava Monsignore
dimenando il cotal dell'acqua santa.

S. 61a, v. 1.
Cataline sono chiamate qui le contadine del modanese, perché dicono Catalina in cambio di Caterina, e infinite di loro hanno questo nome, ma il proferiscono alla spagnola, e i Bolognesi le beffeggiano.

S. 63a, v. 7.
Molti credono, che questa sia favola; ed è istoria verissima. e in passando da Modana se ne posson chiarire.


CANTO SECONDO


S. 7a, v. 3
Questo Rarabone, che 'l poeta finge qui per autore della sua famiglia, non si sa che veramente fosse allora capo di banca; ma si trova però nelle croniche di quella città scritto fra gli anziani e conservatori di essa ventott'anni appresso.

S. 11a, v. 2.
Equivoca e scherza sopra il nome di Marcello, che in Venezia è una moneta da dodici soldi.

S. 13a, v. 3.
Il dottor Camillo Baldi fu principal lettore dello Studio di Bologna, e amico del poeta; e avea le sue possessioni a Grevalcore terra palustre; dove, alle prime rane che si veggono, sogliono i Modanesi motteggiare che quei di Grevalcore non possono piú perir di quell' anno, perché quivi ne nascono e se ne mangiano assai.

S. 15a, v. 7.
Veramente Appiano Alessandrino, descrivendo il luogo dove Pansa console fu ucciso dalle genti di Marc'Antonio, pare che additi le valli di Grevalcore; dove tanto gli uomini quanto le rane nascono verdi e gialli.

S. 27a, v. 6.
Veggansi l'istorie di quei tempi, e troverassi che i Modanesi, i Parmegiani e i Cremonesi erano sempre uniti in lega.

S. 28a, v. 1.
Finge il poeta che la Fama porti gli avisi e le gazzette de' menanti d'ltalia alla corte di Giove.

S. 35a, v. 4.
Intende delle maremme di Siena, i cui cervelli hanno fama d'avere occulta intelligenza con questa Dea.

S. 35a, v. 8.
Le meretrici invecchiate e dismesse sogliono per l'ordinario applicarsi a cosí fatti lavori.

S. 36a, v. 2.
Rappresenta certe mogli indiavolate e traverse, che sempre aggiustano tutte le faccende loro a disgustare il marito. S'egli ha forestieri, esse vogliono fare il bucato; se vuol mangiar per tempo, esse vanno all' ultima messa; s'egli ha bisogno di loro, vanno a lavarsi il capo: altre non si mettono mai ad intrecciarsi i capegli, se non quando si vuole andare a tavola, per farsi aspettare un pezzo: strebbiatrici, insolenti, picchiapetti.

S. 36a, v. 8.
È galanteria, che s'usa nelle corti di Roma, acciò che i servidori non s'imbriachino. Sono di quei beneficii non ricercati, che sogliono usare i moderni caritativi.

S. 43a, v. 1.
Il signor Guglielmo Moons, agente del serenissimo elettor di Colonia, paragonò questo luogo con quelli d'Omero e di Vergilio; ma non gli parvero da competere: ma io so che 'l poeta non ebbe intenzione di concorrer con essi.

S. 43a,v. 7.
Chi non intende il poeta, legga le veridiche istorie di Luciano, dove tratta delle battaglie seguite tra Endimione e Fetonte ne' campi della Luna.

S. 44a, v. 2.
Dante disse [Inf. XVIII, 61]: Tra Savna e 'l Ren dove si dice Sipa.

S. 45a, v. 8.
Saturno, pianeta maligno, che agli uomini co' suoi influssi sempre minaccia danni, risponde qui conforme alla sua natura. E Marte applaude alla sua risposta, per esser anch'egli pianeta di mala qualità.

S. 46a, v. 7.
Parla astrologicamente: perciò che, se la stella di Marte è mirata d'aspetto opposto o quadrato da quella di Venere, a' suoi cattivi infiussi vien scemato il vigore.

S. 50a, v. 1.
A Modana si fanno e s'adoprano le maschere piú che in città del mondo; e 'l carnevale vi sono continue danze e tornei e giostre e bagordi. E quivi parimenti sono trebbiani dolcissimi ed altri vini in copia grande.

S. 50a, v. 8.
Allude al proverbio far la barba di stoppa; e motteggia le statue degli Dei de' gentili ch'avevano la barba d'oro: onde Dionisio tiranno la levò ad Esculapio, dicendo ch'era indecenza che 'l figlio avesse la barba e 'l padre, ch'era Apollo, fosse sbarbato.

S. 57a, v. 8.
Piú modestamente non si poteva dichiarare l'oscenità, né con piú acutezza schernire il gentilesimo. Alcuni si credettero d'imitar questi dileggiamenti degli Dei de' gentili, e diedono nelle seccagini e nelle freddezze: Ma ognun del suo saper par che s'appaghi.

S. 60a, v. 1.
La plebe di Bologna suol essere astutissima: aggiuntovi poi l'esser oste e l'esser guerzo, affina la tristizia a ventiquattro carati.

S. 63a, v. 2.
Chiama il poeta fetente Modana per rispetto delle sue strade lorde, dominate piú dalla dea Merdarola che dal dio Febo. Un altro poeta disse:

Modana e una città di Lombardia
Tra 'l Panaro e la Secchia in un pantano,
Dove si smerda ogni fedel cristiano
Che s'abbatte a passar per quella via.

I Modanesi sogliono con tutto ciò dire che la città loro ha due strade per tutto: una per gli uomini e l'altra per le bestie; intendendo che i portici, che sono in tutte le contrade, servano per gli uomini.

S. 65a, v. 3.
Bacco non poteva chiamar gente piú sua affezionata e divota, né invitarla in luogo dove fosse meglio trattata; perciò che a Modana ci sono bonissimi vini, e in tanta quantità che si vende a tre giulii il barile: onde si può dire che quivi sia la regia di Bacco, e la terra di promissione de' Tedeschi.

S. 65a,v. 7.
Questi è il primo Santo che venga dopo le vendemmie; e suole essere la sua festa destinata ad assaggiare i vini nuovi. Oltre di ciò Gregorio Turonese fra' miracoli di questo Santo conta alcune moltiplicazioni di vino; sí che per tutti questi rispetti i Tedeschi deono avere in venerazione particolare questo gran Santo.


CANTO TERZO

S. 4a, v. 1.
È promessa simile a quella che già fece l'istessa dea a Paride; e accenna l'origine de' signori Bentivogli, che tengono di esser discesi dal re Enzio.

S. 11a, v. 8.
Culagna è una rocca smerlata su le montagne di Reggio, famosa come a Roma Capodibove.

S. 13a, v. 8.
Le corna erano anticamente segno di corona, e oggidí ancora in Germania si portano sui cimieri in segno di nobiltà. Però niuno interpreti a sinistro il cimiero di questo eroe, che porta corna ch'ognuno le vede, e tal le porta che non se le crede.

S. 14a, v. 1.
Ad un cavaliero de' Montecuccoli parve che questo fosse il suo ritratto: ma molte cose dette a caso paiono alle volte dette a posta.

S. 15a,v. 7.
Quando Balduino imperator di Costantinopoli venne in Italia, nel passar per Modana fece veramente alcuni cavalieri tra' quali furono Attolino e Guidotto Rodea, Forte Livizzano e Rainero de' Denti di Balugola.

S. 18a, v. 1.
Camillo del Forno fu veramente uomo arrischiato e bravo ma in ultimo essendosi fatto capo di banditi, la sua temerità il precipitò.

S. 20a, v. 2.
Questo arciprete fu ribello del comune di Modana, e gli occupò la terra del Finale, e gli fece di molti danni.

S. 24a, v. 1.
Questa fu istoria vera: e chi desidera di saperla, legga quel che ne scrive il conte Giovan Paulo Caisotto nell'istorie di Nizza.

S. 30a, v. 1 .
Corleto e Grevalcore furono detti a contraposizione Cor laetum et Grave cor; questo dai soldati di Pansa ucciso quivi; e quello dai soldati d'Ottaviano vittorioso in quel luogo, quando liberò Modana dall'assedio.

S. 30a, v. 7.
Quest'era un maestro di scuola famoso, a cui essendo venuto uno de' suoi contadini a dargli nuova che gli era morta una vacca, il rimandò in villa e gl'insegnò che gli facesse un beverone che sarebbe guarita.

S. 31a, v. 1.
Questo dottore si maritò con una giovinetta in età matura e morí subito. I vecchi, che si maritano a donne giovani, sono giubboni vecchi che s'attaccano a calzoni nuovi, che subito si schiantano.

S. 32a, v. 1.
Ebbe nome Bartolomeo, e fu appunto quale il poeta il descrive.

S. 35a, v. 2.
L'arma de' signori Boschetti è una grattugia con certe sbarre; ma il poeta la finge una gradella, perché veramente i pittori la rappresentano piuttosto in forma di gradella che di grattugia.

S. 39a, v. 1.
Questo si chiama San Martino de' Ruberti, famiglia nobile reggiana, che vanta la sua origine d'Africa; e per questo il poeta le dà per impresa un Saracino.

S. 40a, v. 1.
Questa fu antica e nobil famiglia oggidí estinta. Zaccaria fu signor di Carpi; ma da Manfredi Pio, ch'era allora vicario imperiale, gli ne fu levato il dominio.

S. 46a, v. 1.
Intende della famosa Accademia della Crusca di Firenze, che porta l'istessa impresa.

S. 46a, v. 8.
Gli finge unti, perché quivi nasce l'olio di sasso famoso, intorno al quale faticano.

S. 47a, v. 2.
I vini di Sassuolo sono perfettissimi.

S. 48a, v. 1.
Quei della Rosa furono in quel tempo signori di Sassuolo; e chiamavansi egualmente quei della posa e quei di Sassuolo. Oggi è famiglia estinta

S. 49a, v. 1.
Scherza su 'l nome e su le bellezze della signora Laura Cesi contessa di Pompeiano. Sol che tramonta.

S. 50a, v. 2.
Il conte Ercole Cesi aveva assuefatte alcune giovani di quelle terre, che tiravano co' moschetti a segno, come gli uomini.

S. 51a, v. 1.
Cioè avea il cognome e'l dominio della terra di Cervarola e di Saltino e del Pigneto e di Morano paese vicino.

S. 54a, v. 3
Rappresenta nell'insegna un uomo collerico.

S. 57a, v. 2.
Questo cavaliere aveva una sorella bellissima, che poi si fece monaca

S. 57a, v. 4.
Settecento uomini che guardavano un passo stretto d'una montagna, veggendo apparire certi cavalli nella pianura, a quella vista sola tutti si misero in fuga, perché avevano per capo il conte di Culagna. È istoria antica che sente del moderno.

S. 59a, v. 1.
Allude al conte Fabio Scotti, conte di Miceno, detto corrottamente Muceno.

S. 64a, v. 1.
Niuna cosa vien istimata piú abile a muovere il riso che gli abiti contrafatti; e però il poeta arma questi popoli montagnuoli così alla scapigliata.

S. 65a, v. 2.
Alberto ebbe nome, e fu giovane valoroso nell'armi, che poi si fece frate cappuccino.

S. 65a, vv. 3- 4.
Questi due versi si leggono guasti in alcuni testi, non so da chi, né perché, essendo rappresentazione d'un atto ridiculo che sogliono ordinariamente fare i putti cristiani in disprezzo del giudaismo. Ma alle volte taluno si fa scrupolo a sputare in chiesa, che poi ruberebbe la sagrestia.

S. 66a, v. 2.
Cioè Morovico signor di Ronchi, e di casa Ronchi.

S. 67a, v. 8.
Chiamasi la Torre dell'Oche grande, non rispetto al luogo, ma al numero di quelli che hanno il cervello d'oca.

S. 73a, v. 4.
La bizzaria di queste insegne par fatta a caso; ma nelle piú di loro vi sono degli artificii occulti, i quali si tacciono per non offendere.

S. 75a, v. 1.
Fu verissimo che in quella guerra i Fiorentini anch'essi aiutarono i Bolognesi: e il commessario loro fu messer Botticella degli Orciolini.

 
 
 
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