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Rime di Celio Magno (321-330)

Post n°1115 pubblicato il 24 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Celio Magno

321

Sopra il giardino da Ca' Diedo in Murano

Oh come gli occhi e 'l cor m'alletta e fura,
nobil giardino, il tuo ridente aspetto,
come tra lor nel tuo bel campo eletto
contendon de la palma arte e natura.

Né men deve in te dirsi alta ventura
servir signor di cortesia ricetto
che sol prezza il tesor del tuo diletto
quand'altri il gode, e in ciò tua gloria cura.

Ben dunque egli di te, di lui tu degno,
ciascun più per altrui che per sé nato,
doppio in terra del ciel gradito pegno:

tu di letizie, ei di virtute ornato.
E vince il merto d'ambo ogni alto segno,
o paradiso, o possessor beato!

322

Al clarissimo signor Almorò Nani, donandoli un gotto

Questo fral vetro, a te di saldo amore
ch'a nessun cede in testimonio offerto,
specchio esser può del camin proprio e certo
che l'uom guida a bel fin lungi d'errore.

Questo la sete estingue, e noi l'ardore
spegner debbiam d'ogni desir tropp'erto,
e qual egli traspar chiaro ed aperto,
tal senza macchia aver candido il core.

Il dolce nettar poich'in lui si prova
insegna a la virtù misto il diletto,
in cui congiunti il vero ben si trova.

Né però 'l mando in norma ad uom perfetto
ma sol perché qualor di ber ti giova
desti la mia memoria entro il tuo petto.

323

Proemio dei madrigali spirituali

Gli occhi, ma via più 'l core
leggendo affisa in queste sacre rime,
in cui di Dio s'esprime
quel ch'uomo oprò d'ogni uman uso fuore:
ineffabil bontade, immenso amore,
sommo saper sublime,
infinito poter di stupend'opre,
fuor d'ogni accento, lor spira e si scopre.
Stampale ancor tu poi
col divin sangue e chiodi acuti suoi
in mezzo l'alma: e 'l tuo divoto zelo
vittoria avrà nel mondo e palma in cielo.

324

Quel che splende in tre soli unico sole
dal ciel di gloria per sovran consiglio
d'infinita pietà rivolse il ciglio
ne l'uom, simile a lui, diletta prole.

Mentr'ei di gravi error sott'alta mole
giaceva oppresso in lagrimoso esiglio,
e' mandò per suo stampo il proprio figlio,
pegno promesso in sue sacre parole.

Quegli in terra discende e in uman velo
con sua vita a ben far gli porge essempio,
e con la morte sua da morte il guarda.

Or qual petto esser può sì duro ed empio,
scorto ver lui di Dio sì ardente zelo,
che d'amor, grato a tant'amor, non arda?

325

Al magnifico signor Girolamo Rannusio.

Poi ch'io fui del tuo germe al sacro fonte,
ove rinacque in Dio, padre secondo,
qual vecchio, esperto peregrin del mondo,
spargo tai voci, al suo ben calde e pronte.

Guidalo tu per mano a l'erto monte
de la virtute, e fa il salir giocondo;
nodrisci in lui d'onor seme fecondo,
che produca opre a te leggiadre e conte.

Ma pria che 'l mento infiori, il cor gli informa,
perch'in tenera età costume impresso
è di buon frutto o reo propria radice.

Quinci il vedrai stampar di gloria ogni orma
nel bel camin degli avi e di te stesso,
nobil sua scorta e genitor felice.

326

All'eccellentissimo signor Orazio Guarguante

Se da mortal periglio a vita scorto
spiro per te, novo Esculapio mio;
novo, e di grato cor medico anch'io
rimedio a te contra mestizia apporto.

Bevi a mensa con Febo in bel diporto
dentro il vaso ripien ch'ora t'invio,
del nettare di Bacco il dolce oblio
vital de l'egre menti ozio e conforto.

Così 'l ciel nel licor salute inspiri,
tal che raddoppi in te gli anni e la gioia,
e sembri un paradiso il tuo ristoro.

Pover è 'l don, ma s'a l'affetto miri
è ricco; e se con lui talor tua noia
fia spenta, potrà dirsi alto tesoro.

327

[A Lucio Scarano. 1]

Qual tromba de la tua più dolce ammira,
Lucio, il bell'Arno? E qual dal tempo rio
scampo di lei più fido aver poss'io
mentre in mio onor tua cortesia l'inspira?

Né sol Febo d'alloro il crin t'aggira
ma, pien d'alto saper, Natura e Dio
contempli, e de le lingue onde fiorio
Ilisso e Tebro il pregio in te si mira.

E benché m'ornin troppo i carmi tuoi,
grazia stimo però ch'amor t'inganni,
sì ch'or mia bassa cetra alto rimbomba;

ché con le lodi onde arricchir mi vuoi
ristorerò d'avara sorte i danni,
fatto aquila per te d'umil colomba.

328

[2]

Scarano, a te che tieni in man la chiave
ch'apre Elicona, ogni uom di lui seguace,
qual rio che porta al mar l'onda fugace,
tributo del suo ingegno a render have.

Quinci è 'l mio dono; e s'al tuo culto e grave
giudicio in parte almen risponde e piace,
o quanto oltra la speme acquisto face
e di timor d'oblio vien che si sgrave!

Ché quando altro d'onor premio non senta,
pago ei n'andrà de le tue lodi sole,
che pon celebre farlo in ogni parte;

tal povero nocchier, mentre paventa
tra dubie sirti, in porto arrivar suole,
e d'or carco e felice indi si parte.

329

[A Orazio del Toso. Primo]

Di tai pregi, e non d'altro, il crin m'adorno
sovra i duo cigni a cui prepor mi tenti:
ch'essi tra fere e boschi e roze genti
temprar la lira e indegno ebber soggiorno;

io con la mia far cerco al tempo scorno
in cittade real, tra nobil menti.
e se tu solo a mie lodi consenti,
più che 'l Trace e 'l Teban chiaro ne torno.

L'un fondò mura a stuol famoso in armi:
io tempio innalzo a spirti in toga, illustri
per opre ond'uomo un dio terren diventa;

l'altro Euridice perde: io se prestarmi
la cetra vuoi con che Parnaso illustri,
da Lete al ciel trarrò la mia fama spenta.

330

[Secondo]

Fuggendo de l'oblio l'ira e lo scorno,
spiegai timide vele a dubî venti;
or dal giudicio de le nobil menti
per te lieto e sicuro, Orazio, i' torno.

Tal senno, tal valor ha in te soggiorno,
ch'è certa norma altrui quel che tu senti;
benché troppo in mie lodi il fren rallenti,
che fan da me qual d'eco in te ritorno.

Tu col dolce cantar non pur disarmi
di lauro i duo, ma tutti i cigni illustri,
ch'agguagliar il tuo volo invan si tenta.

Ver me dunque a sua voglia il tempo s'armi:
che col tuo scudo onde m'affidi e illustri,
mia fama il suo furor nulla paventa.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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