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Rime di Celio Magno (88-98)

Post n°1030 pubblicato il 11 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Celio Magno

88

S'arde in me, cruda Filli, altro desio
per giusto premio a la mia lunga fede
che mirar tua beltà, s'altro il cor chiede,
or qui morto a' tuoi piè cader poss'io.

Poss'io viver, direi, nel foco mio
senza alcuna impetrar da te mercede;
ma 'l tuo sì duro orgoglio, ohimè, non crede
ch'è tal viver di morte assai più rio.

Cheggio sol di tua vista esser beato,
né 'l dei negar: ché 'l sol, cui t'assomiglio,
mostra a tutti benigno il volto amato.

Ma s'in me poi tu scopri altro consiglio,
allor mi fuggi; e siami in pena dato
aver da' tuoi begli occhi eterno essiglio.

89

Qui sotto questo caro arbore amato
stava Fillide mia col grembo steso,
mentr'io, su i rami a coglier pomi asceso,
giù ne pioveva or d'uno or d'altro lato.

Gioir parea ciascun che per lei nato
fosse, e da lei con festa accolto e preso;
io de' più scelti ad arricchirla inteso
nel suo goder per lor godea beato.

Quante fiate a' rai di quel bel volto
intento e di me stesso in dolce oblio,
fui quasi, errando il piè, sossopra volto!

E quante ancora indarno ebbi desio
di cangiar forma, e 'n novo frutto volto
caderle in sen tra gli altri pomi anch'io.

90

Perché con sì sottile acuto raggio
Cinzia a spiar per l'ombra folta passi
dove Filli mia bella or meco stassi
sotto questo frondoso, antico faggio?

Forse, cercato il tuo pastor ch'oltraggio
ti fa tardo ver te movendo i passi,
qui gli occhi ancor per ritrovarlo abbassi,
e sospettosa in ciel fermi il viaggio?

Vano è 'l timor, se pur timor ti prese
in sui primo scoprir de' furti miei,
me credendo colui che 'l cor t'accese:

che per Endimion fuor del mio laccio
Filli non usciria; ned io torrei
Gioir Diàna a te più tosto in braccio.

91

Qual per bel prato a la stagion novella
da vari fior va raccogliendo fuore
ape ingegnosa il dolce, almo licore,
di ch'empie e sparge la sua ricca cella;

tal nel volto e nel sen de la mia bella
Filli, or d'un bianco or d'un vermiglio fiore,
coglie il dolce, cred'io, che serba in quella
cara e soave bocca, industre Amore.

Questo è 'l nettar d'Amor, ch'a mille prove
vince quel che più dolce e più pregiato
il bel frigio garzon ministra a Giove;

e raro a me dal ciel gustarlo è dato:
forse perch'uom mortal la via non trove
da girne a par degli alti dèi beato.

92

Con sue candide man del proprio petto
Filli cortese il chiuso velo aperse,
e duo piccioli colli a me scoperse
tra cui valle giacea d'alto diletto.

Sculto per man famosa in marmo eletto
sì vago seno il mondo unqua non scerse;
né mai da sé formato agli occhi offerse
Natura altro più vago e più perfetto.

Io, poich'a dolci prieghi in grazia l'ebbi,
l'avide labbra d'alta sete pieno
chinai, ma foco in quella neve bebbi.

E tutt'altro il mio cor pregiando meno
ivi rimase, e mai più nol riebbi:
ma felice or si vive in quel bel seno.

93

Stanco già dopo lungo, erto camino
in grembo a Teti il sol facea ritorno,
e da l'ardor del caldo, estivo giorno
stava a terra ogni fior, languido e chino.

Quando irrigar vid'io vago giardino
ch'era tutto per sete arso d'intorno
Filli succinta in schietto abito adorno,
ripieno il vaso al bel fonte vicino.

Sospesa l'una man l'elsa tenea
del cavo rame; e 'n lui sovente immersa
l'altra, su l'erbe fuor l'acqua spargea;

che parean dir: — Tua man candida e tersa
cessi l'onda spruzzar, ché noi ricrea
sol la virtù che 'l tuo bel ciglio versa. —

94

Benché ad aprir con lei la bella Aurora
vi lusinghi e consiglie,
deh non aprite ancora!
Indugiate ad aprir, rose vermiglie!
Tosto dal sonno desta
la mia più bella Aurora a voi, qual suole,
tornando, sparso il crin da l'aurea testa,
vi condurrà de' suoi begli occhi il sole.
A lei v'aprite, a lei con largo nembo
piovete entro il bel grembo:
ché se de l'altre voi più vaghe sete,
gradir più vaga Aurora ancor dovete.

95

Prendi, Fillide, prendi
da fido amante umìle
questa rosa novella
ch'al tuo volto è simìle,
anzi di lui men bella.
Ma se la spregi, e rendi
per mercé crudeltade,
pensa che tua beltade,
onde sì altera vai,
sparir tosto vedrai
come il pregio e 'l colore
in questo vago fiore.

96

Mentre in verde boschetto
desta al suono un pastor le dolci corde,
giunge vago augelletto
a prova il dolce canto al suon concorde.
Io di natura e d'arte al bel concento
bear l'anima sento;
ma certo armonia tale
non è cosa mortale:
son forse dèi del loco adorno e bello,
volti l'uno in pastor, l'altro in augello.

97

Tradotto dal greco antico

Di Medea cruda è quella
statua dov'hai tuo nido,
incauta rondinella.
Ahi consiglio mal fido,
creder i figli tuoi
a lei, ch'uccise i suoi.

98

Combatte in mio favor sovente Amore
con la mia dea, che a torto
mi vuol, perch'io l'adoro, al tutto morto;
quei l'armi ha di pietade,
questa di crudeltade.
Ma sempre, ahi lasso, in tal battaglia ho scorto
ch'ella vince, ei fa pace, io 'l danno porto:
ch'ogni piaga, ogni dolore
e sangue che si versa, è del mio cuore.

 
 
 
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