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« L'assicurazzione de la vitaAr Pincio »

Terze Rime 5-8

Post n°771 pubblicato il 09 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

Terze Rime di Veronica Franco
Abdelkader Salza, Bari, Laterza 1913
 
V
 
Della signora Veronica Franca
 
[Non ama più colui, che la prese con la beltà sua caduca; ora la ragione, vinto il senso, la fa desiderosa di riavvicinarsi all'uomo virtuoso, da lei trascurato per quello.]
 
Signor, la virtù vostra e 'l gran valore
e l'eloquenzia fu di tal potere,
che d'altrui man m'ha liberato il core;
il qual di breve spero ancor vedere
collocato entro 'l vostro gentil petto,
e regnar quivi, e far vostro volere.
Quel ch'amai più, più mi torna in dispetto,
né stimo più beltà caduca e frale,
e mi pento, ché già. n'ebbi diletto.
Misera me, ch'amai ombra mortale,
ch'anzi doveva odiar, e voi amare,
pien di virtù infinita ed immortale!
Tanto numer non ha di rena il mare,
quante volte di ciò piango: ch'amando
fral beltà, virtù eterna ebbi a sprezzare.
Il mio fallo confesso sospirando,
e vi prometto e giuro da dovero
mandar per la virtù la beltà in bando.
Per la vostra virtù languisco e pèro,
disciolto 'l cor da quell'empia catena,
onde mi avolse il dio picciolo arciero:
già. segui' 'l senso, or la ragion mi mena.
 
VI
 
Risposta d'incerto autore per le rime
 
[L'uomo è lusingato e lieto del pentimento di lei, e spera di provarle la sua fede.]
 
Contrari son tra lor ragion e Amore,
e chi 'n Amor aspetta antivedere,
di senso è privo e di ragion è fuore.
Tanto più in prezzo è da doversi avere
vostro discorso, in cui avete eletto
voler in stima la virtù tenere;
e, bench'io di lei sia privo in effetto,
con voi di possederla il desio vale,
sì che del buon voler premio n'aspetto:
e, se 'l timor de l'esser mio m'assale,
poi mi fa contra i merti miei sperare,
ché s'elegge per ben un minor male.
Io non mi vanto per virtù d'andare
a segno che, l'amor nostro acquistando,
mi possa in tanto grado collocare;
ma so ch'un'alma valorosa, quando
trova uom che 'l falso aborre e segue il vero,
a lui si va con diletto accostando:
e tanto più, se dentro a un cor sincero
d'alta fé trova affezzion ripiena,
come nel mio, ch'un dì mostrarvi spero,
se 'l non poter le voglie non m'affrena.
 
VII
 
D'incerto autore
 
[Un amante, non corrisposto da Veronica, si lamenta della crudeltà di lei, e la supplica umilmente di riamarlo, invocando l'aiuto d'Amore.]
 
Dunque l'alta beltà, ch'amica stella
con sì prodiga mano in voi dispensa,
d'amor tenete e di pietà rubella?
Quell'alma, in cui posando ricompensa
di molt'anni l'error la virtù stanca,
dar la morte a chi v'ama iniqua pensa?
Lasso, e che altro a far del tutto manca
orribile ed amara questa vita,
e rovinosa in strada oscura e manca,
se non che sia col mal voler unita
d'una bellezza al mondo senza eguale
la forza insuperabile, infinita?
Ma perché da l'inferno ancor non sale
Tesifone e Megera ai nostri danni,
se scende a noi del ciel cotanto male?
Ben sei fanciul più d'ingegno che d'anni,
Amor, e d'occhi e d'intelletto privo,
se 'l tuo regno abbandoni in tanti affanni.
Te, cui non ebbe di servir a schivo
Giove con tutta la celeste corte,
e ch'a Dite impiagar festi anco arrivo;
te, del cui arco il suon vien che riporte
spoglie d'innumerabili trofei,
contra chi più resiste ognor più forte;
te, cui soggetti son gli uomini e i dèi,
non so per qual destìn, fugge e disprezza,
con la mia morte ne le man, costei.
Ma, se contrario a quel che 'n ciel s'avezza,
ella sen va da le tue forze sciolta,
per privilegio de la sua bellezza,
a la tua stessa madre or ti rivolta,
ch'unico essempio di beltà fu tanto,
pur piagata da te più d'una volta:
e, s'a lei toglie la mia donna il vanto
d'ornamento e di grazie, a lei che giova
l'esserti madre poi da l'altro canto?
èe vinta da costei Venere è in prova,
e se Minerva in scienzia e in virtute
a costei molto inferior si trova,
tanto più scegli le saette acute:
ché più gloria ti fia di questa sola,
che di tutt'altre in tuo poter venute.
Per l'universo l'ali stendi, e vola
di cerchio in cerchio, Amor, e sì vedrai
che questa il pregio a tutte l'altre invola;
e, s'al tuo imperio aggiunger la saprai,
quanto 'l tuo onor sovra i dèi tutti gìo,
tanto maggior di te stesso verrai:
benché lo sventurato in ciò son io,
che, benché stata sia costei sicura
da l'armi ognor del faretrato dio,
non è stata però sempre sì dura,
che non abbia ad Amor dato ricetto
per pietà nel suo sen, non per paura
Com'ad ubidiente umil soggetto,
ad Amor ansioso e di lei vago
l'adito aperse del suo gentil petto;
quinci 'l suo desir proprio a render pago,
al suo arbitrio d'Amor l'armi rivolse,
qual le piacque a fermar solingo e vago:
sì che, dovunque saettando colse
col doppio sol di quei celesti lumi,
a sé gran copia d'amadori accolse,
e con leggiadri e candidi costumi
dilettò 'l mondo in guisa, che la gente
d'amor per lei vien ch'arda e si consumi.
Gran pregio, in sé tener unitamente
rara del corpo e singolar beltate
con la virtù perfetta de la mente:
di così doppio ardor l'alme infiammate
senton lor foco di tal gioia pieno,
che, quanto egli è maggior, più son beate.
Anch'io lo 'ncendio, che mi strugge il seno,
sempre più bramerei che 'n tale stato
s'augumentasse e non venisse meno,
s'io non fossi, né so per qual mio fato,
in mille espresse ed angosciose guise
da lei, miser, fuggito e disprezzato:
ché, se 'l trovar l'altrui voglie divise
da le nostre in amor, è di tal doglia,
che restan le virtù del cor conquise,
quanto convien ch'io lagrimi e mi doglia
di vedermi aborrir con quello sdegno,
che di speme e di vita in un mi spoglia?
E, s'io mi lagno, e se di pianto pregno
porto 'l cor, che 'l duol suo sfoga per gli occhi,
miser qual io d'Amor non ha 'l gran regno.
Non basta che Fortuna empia in me scocchi
tanti colpi, ch'altrui mai non aviene
che 'n questa vita un sì gran numer tocchi;
ché sospirar e pianger mi conviene
di ciò, che la mia donna, fuor d'ogni uso,
al mio strazio più cruda ognor diviene;
e s'io, del pianto il viso smorto infuso,
del cielo e de le stelle mi richiamo,
ed or Amor, or lei gridando accuso,
che poss'io far, se, in premio di quant'amo,
giunto da l'altrui orgoglio a tal mi veggo,
che la morte ancor sorda al mio mal chiamo?
E col pensier, ond'io vaneggio, or chieggo
d'Amor aita, ed or per altra strada
sempre invano al mio scempio, oimè, proveggo.
Ma, poi che 'l ciel destina, e così vada,
che per sicura e dilettosa via,
dove 'l ben trovan gli altri, io pèra e cada,
sàziati del mio mal, fortuna ria;
poi, di me quando sarai stanca e sazia,
qual tuo gran pregio e qual acquisto fia?
E tu, Amor, dentro e fuor mi struggi e strazia,
ché tanto m'è 'l mio affanno di contento,
quant'ei l'orgoglio di madonna sazia.
Ben ai successi de le cose intento,
di lei m'assale immoderata t'ma,
che 'n lei vendichi 'l cielo il mio tormento.
Questo fa in parte la mia gioia scema,
anzi, s'io voglio raccontar il vero,
son sempre oppresso da una doglia estrema:
ché, se meco madonna usasse impero,
gratissimo il servirla mi saria
con affetto di cor vivo e sincero;
ma, che invece di spender signoria,
a dilettar la circostante turba
mi strazie sotto acerba tirannia,
questo m'afflige l'animo, e mi turba.
N', per le mie querele e i miei lamenti,
l'opera incominciata ella disturba,
ma, quasi mar nei procellosi venti,
nel mio chieder mercé via più s'adira,
e cela di pietà gli occhi suoi spenti:
da me torcendo altrove i lumi gira,
e gran materia è di sua crudeltate
quanto per me si lagrima e sospira.
O donna, pregio de la nostra etate,
anzi di tutti i secoli, se 'n voi
non guastasse l'orgoglio la beltate,
ond'avvien che 'l mio amor così v'annoi?
E, s'a morir davanti non vi vengo,
ancora offesa vi chiamate poi:
quanto faccio, e di quanto ch'io m'astengo,
di me le vostre voglie a render paghe,
vi spiace, e merto di vostr'odio ottengo.
Ma, perché 'l vostro sdegno ognor m'impiaghe,
dolci son di quel volto le percosse,
e de le vostre man candide e vaghe.
Qualunque affetto in voi giamai si mosse,
tutto fate con grazia: de' vostri atti
chiunque il dotto e buon maestro fosse.
Quai tenesse con voi natura patti,
ancor de l'ire vostre e de l'offese
tutti gli uomini restan sodisfatti.
Farvi perfetta a tutte prove intese
l'influsso, donator d'ogni eccellenza,
e benigno la man verso voi stese:
quinci del ciel l'altissima potenza
si vede in molti effetti discordanti,
c'han di virtute in voi tutti apparenza.
Oh che dolci, oh che cari e bei sembianti,
ch'alte maniere quelle vostre sono,
da farvi i dèi venir qua giuso amanti!
E se, com'io pur volentier ragiono
de le grazie, che 'l ciel tante in voi pose
con singolar, non più veduto dono,
non mi teneste d'ogni parte ascose
quelle vostre divine e rare parti,
di che vostra persona si compose,
non fôran sì angosciosi da me sparti
sospiri, né di lagrime vedresti
avampando, cor misero, innondarti.
Ma, dond'avien che 'n me, lasso, si desti
la speme, che per prova intendo come
faccia sempre i miei dì più gravi e mesti?
E pur chiamando di mia donna il nome,
vera, unica al mondo eccelsa dea,
convien ch'a lei mi volga, e ch'io la nome.
Deh, non mi siate così iniqua e rea,
che 'l mio mal sia 'l ben vostro e che m'ancida
quella vostra beltà, che gli altri bea!
Ma quell'Amor, che v'ha tolto in sua guida,
e che tien nel cor vostro il suo bel seggio,
la crudeltà per me da voi divida;
ch'io piangendo umilmente ancor vel chieggio.
 
VIII
 
Risposta della signora Veronica Franca
 
[Veronica risponde dicendosi ancor soggetta ad uomo indegno, che le fa trascurare ogni altro amante. Forse un giorno, libera dal giogo, verrà a chi ora la supplica invano.]
 
Ben vorrei fosse, come dite voi,
ch'io vivessi d'Amor libera e franca,
non còlta al laccio, o punta ai dardi suoi;
e, se la forza in ciò d'assai mi manca,
da resister a l'armi di quel dio,
che 'l cielo e 'l mondo e fin gli abissi stanca,
ch'ei s'annidasse fôra 'l desir mio
dentro 'l mio cor, in modo ch'io 'l facessi
non repugnante a quel che più desio.
Non che sovra lui regno aver volessi,
ché folle a imaginarlo sol sarei,
non che ch'un sì gran dio regger credessi;
ma da lui conseguir in don vorrei
che, innamorar convenendomi pure,
fosse 'l farlo secondo i pensier miei.
Ché, se libere in ciò fosser mie cure,
tal odierei, ch'adoro; e tal, ch'io sdegno,
con voglie seguirei salde e mature.
E poi ch'Amor anch'io biasmar convegno,
imaginando non si troveria
cosa più ingiusta del suo iniquo regno.
Egli dal proprio ben l'alme desvia;
e, mentre indietro pur da ciò ti tira,
nel precipizio del tuo mal t'invia.
E, se 'l cor vostro in tanto affanno ei gira,
credete che per me certo non meno,
sua colpa, si languisce e si sospira;
e, se voi del mio amor venite meno
(nol so, ma 'l credo), anch'io d'un crudel angue
soffro al cor gli aspri morsi e 'l rio veneno.
Così, quanto per me da voi si langue,
vedete ristorato con vendetta
de le mie carni e del mio infetto sangue.
E, se 'l mio mal vi spiace, e non diletta,
anch'io 'l vostro non bramo, e quel ch'io faccio
contra voi 'l fo da l'altrui amor costretta;
benché, s'oppressa inferma a morte giaccio,
com'è ch'a voi recar io possa aita
nel martìr, ch'entro grido e di fuor taccio?
Voi, s'a lagnarvi il vostro duol v'invita
meco, nel mio languir soverchio impietra
e rende un sasso di stupor mia vita:
via più nel cor quella doglia pen'tra,
che raggela le lagrime nel petto,
e l'uom, qual Niobe, trasfigura in pietra.
Il vostro duol si può chiamar diletto,
poiché parlando meco il disfogate,
del mio, ch'al centro il cor chiude, in rispetto.
Io vi rispondo ancor, se mi parlate;
ma le preghiere mie supplici il vento
senza risposta ognor se l'ha portate,
se pur ebbi mai tanto d'ardimento,
che in voce o con inchiostro addimandassi
qualche mercede al grave mio tormento.
E così portar gli occhi umidi e bassi
convengo, e converrò per lungo spazio,
se morte al mio dolor non chiude i passi.
Del mio amante non dico; ché 'l mio strazio
è 'l dolce cibo, ond'ei mentre si pasce
divien nel suo digiun manco ognor sazio.
E dal suo orgoglio pur sempre in me nasce
novo desio d'appagar le sue voglie,
ch'unqua non vien che riposar mi lasce;
ma dal mio nodo Amor l'arretra e scioglie:
forse con lui fa un'altra donna quello,
ch'egli fa meco; e qual dà, tal ritoglie.
Così di quanto è 'l mio desir rubello
ai desir vostri, a la medesma guisa
ne riporto supplizio acerbo e fello.
Fors'ancor voi del vostro amor conquisa
altra donna sprezzate, e con la mente
dal piacerle v'andate ognor divisa;
e, s'a lei sète ingrato e sconoscente,
in suo giusto giudizio Amor decide
ch'un'altra sì vi scempia e vi tormente.
Fors'anco Amor del comun pianto ride,
e, per far lagrimar più sempre il mondo,
l'altrui desir discompagna e divide;
e, mentre che di ciò si fa giocondo,
de le lagrime nostre il largo mare
sempre più si fa cupo e più profondo:
ché, s'uom potesse a suo diletto amare,
senza trovar contrarie voglie opposte,
l'amoroso piacer non avria pare.
E, se tai leggi fùr dal destìn poste,
perché ne la soverchia dilettanza
al ben del cielo il mondan non s'accoste,
tant'è più 'l mio dolor, quant'ho in usanza
d'innamorarmi e di provar amando
quest'amata in amor disagguaglianza
Ben quanto a l'esser mio vo ripensando,
veggo che la fortuna mi conduce
ove la vita ognor meni affannando;
e, se potessi in ciò prender per duce
quella ragion, ch'or, da l'affetto vinta,
d'Amor sotto l'imperio si riduce,
sarebbe nel mio cor la fiamma estinta
de l'altrui foco, e di quel fôra in vece
del vostro l'alma ad infiammarsi accinta.
E, se l'ordine a me mutar non lece,
s'a disfar o corregger quel non viene,
ch'o ben o mal una volta il ciel fece,
posso bramar che chi cinta mi tiene
d'indegno laccio in libertà mi renda,
sì ch'io mi doni a voi, come conviene;
ma, ch'altro in ciò fuor del desir io spenda,
e questo ancor con non picciola noia,
non è che più da voi, signor, s'attenda.
Ben sarebbe compìta la mia gioia,
s'io potessi cangiar nel vostro amore
quel ch'in altrui con diletto mannoia.
A voi darei di buona voglia il core,
e, dandol, crederei riguadagnarlo
nel merito del vostro alto valore:
così verrei d'altrui mani empie a trarlo,
e in luogo di conforto e di salute
aventurosamente a ben locarlo.
Anch'io so quanto val vostra virtute,
e de le rare eccellenti vostr'opre
molte sono da me state vedute.
Chiaro il vostro valor mi si discopre,
e s'io non vengo a dargli ricompensa,
Amor non vuol che tanto ben adopre.
Com'io 'l potessi far, da me si pensa;
e, se, dov'al desio manca il potere,
il buon animo i merti ricompensa,
che v'acquetiate meco è ben dovere:
forse ch'a tempo di miglior ventura
ve ne farò buon effetto vedere.
Tra tanto l'esser certo di mia cura
conforto sia, ch'al vostro dolor giovi,
e mi faccia stimar da voi non dura,
fin che libera un giorno io mi ritrovi

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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