Mondo Jazz
Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.
IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Post n°3024 pubblicato il 03 Ottobre 2013 da pierrde
“E’ il momento dunque. Il pianista ha un attimo di esitazione davanti alla tastiera, poi ecco un ricciolo di note che subito ne richiama un altro e prende quota su un tempo medio-lento. Chi se ne intende capisce che il seme è buono. Il flusso è postromantico, di grande poesia. La gestualità di Jarrett è la solita: si alza in piedi, ondeggia davanti allo strumento, si china sino a sfiorare la tastiera con la fronte alla maniera di Bill Evans. Ogni tanto mugola o canticchia, abbandona il pedale, picchia il pavimento col piede destro. Il clima quasi chopiniano cede insensibilmente il luogo a un motivo orientale. Poi i suoni tendono a dare segni d’incertezza e perfino a spegnersi. E’ il momento in cui l’improvvisazione brancola alla ricerca di un nuovo nucleo. Jarrett lo trova, inventa un ritmo fosco e ostinato, accenna a melodie poi negate, attinge a depositi della memoria e frantuma assieme Bill Evans e ragas indiano, Stephen Foster e Chopin, Liszt e Bud Powell. Il pubblico segue rapito, attonito. E quando dopo tre quarti d’ora, Jarrett rientra fra le quinte, scatta in un applauso impressionante e lo richiama per cinque volte. Prendo nota che la Scala ha ottenuto l’intervallo che il nostro, di regola, nega. Adesso per lui è come se cominciasse un secondo concerto. Capisco che il seme è di nuovo fecondo, ma porta da tutt’altra parte, verso la contemporaneità e verso un linguaggio più conciso e sicuro, fitto di riferimenti alle sue esperienze classiche. Un interludio romantico conduce a un epilogo informale stranamente dolce, esposto a mani incrociate, che termina con un “alt” brusco e inatteso, stupendo. E’ trascorsa un’altra mezz’ora, la sala esplode. Le chiamate non si contano, i bis sono quattro: un blues, il vecchio Danny boy reinventato, un flamenco, il delizioso Over the raimbow. Jarrett trasforma lo standard nell’adagio di una sonata, ed è il trionfo” Franco Fayenz, 13 febbraio 1995, concerto di Keith Jarrett alla Scala, recensione tratta dal mensile Jazz, 1995 |
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