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Mondo Jazz

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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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NIENTE JAZZ AL FESTIVAL JAZZ

Post n°2251 pubblicato il 07 Maggio 2012 da pierrde

Vicenza, questa settimana, è tutta jazz. Lo si capisce dai cartelloni gialli e arancioni che tappezzano la città, dai gruppi che suonano agli angoli delle strade e dalle facce un po' più strane delle solite che si vedono in giro. Se qualcuno non se ne fosse ancora accorto, ci ha pensato Elio (quello delle Storie Tese) a ricordarlo durante il maxi concerto di apertura di New Conversations presentato sabato sera in piazza dei Signori.

E allora ecco che Stefano Belisari (all'anagrafe di Milano è registrato così dal 1961, Elio è un nom de plume ricavato dal titolo di una delle sue prime canzoni) si presenta sul palco in completo bianco e farfallina, un po' cameriere in Costa Azzurra, un po' mafioso a Brooklyn, mooolto crooner di grande orchestra, di quelle con l'insegna davanti a ogni musicista, che accompagnavano con grandi squilli di tromba Ella Fitzgerald o Frank Sinatra.

Tutto dunque è rigorosamente e tremendamente “jazz”, per le migliaia di persone stipate in piazza: Mangoni, l'insider mascherato che dà corpo alle follie dei testi “eliani”, è “un monumento del jazz italiano”; il burlesque, genere porno soft portato da poco alla ribalta indovinate da chi, “affonda le sue radici nel jazz” e avanti così con un'insistenza che sfiora lo sfinimento. La cosa meno jazz di tutte, è la musica.

Si perché, a parte qualche accordo del “giovane” Rocco Tanica che al piano fa finta di essere Duke Ellington e un paio di squillanti assolo di sax, gli Elii non rinunciano al loro stile particolare, diventato famoso proprio perché non ha un canone preciso ma si diverte a prendere a prestito (e in giro) i più svariati generi musicali.

Si inizia – puntualissimi, alle nove spaccate, roba mai vista a un concerto rock – con la rutilante “Vendetta del fantasma Formaggino” che offre a Mangoni lo spunto per il suo primo raid mascherato e alla band il modo da mettere a punto il suono. Poi tocca a “Shpalman”, inno al supereroe che combatte i cattivi con un metodo tutto suo e a “Gomito a gomito con l'aborto”, accorato grido in difesa della donna che, chissà come mai, è stato rifiutato al festival di Sanremo.

“Come gli Area” è un sentito omaggio al gruppo di Demetrio Stratos che mette in bella mostra le capacità camaleontiche di Elio e le sue Storie Tese. Con il brano successivo, “Plafone”, si passa al progressive con un una fuga dell'organo che non ha niente da invidiare ai Camel o ai Gentle Giant; “Disco Music” è un titolo che parla da solo e “T.V.U.M.D.B.” (acronimo di Ti Voglio Un Mondo Di Bene) se la prende in un colpo solo con le mode giovanilistiche dei lucchetti attaccati ai lampioni e con chi affida ai muri le sue pene d'amore.

Il massimo della contaminazione è “Born to be Abramo”, fantasioso medley che contiene un paio di canzoni religiose (“Resta con noi Signore la sera” e “Esci dalla tua terra”), “Resta cu' mme” di Domenico Modugno, “You Make Me Feel” di Sylvester e “Born to Be Alive” di Patrick Hernandez. La parte ufficiale del concerto termina con “Parco Sempione”, grido di dolore per il solito crimine ecologico che contiene una strofa destinata a entrare nell'olimpo della letteratura italiana: “Piantala con 'sti bonghi, non siamo mica in Africa, porti i capelli lunghi ma devi fare pratica”.

I bis invocati a gran voce regalano “Nudo e senza cacchio”, l'immortale “Pippero” (con un richiamo al Coro femminile di stato della radio e televisione bulgara che ben si attaglia alla “Fiera dell'Est” celebrata quest'anno dal festival) e “Tapparella” che chiude con l'irresistibile grido di “Forza panino!”, slogan insensato e quindi liberatorio urlato da tutta la piazza. Insomma, quel diavolo di un Elio e quei diavoletti dei suoi orchestrali (il citato Rocco Tanica al piano, i classici Cesareo, Faso e Christian Meyer alla chitarra, al basso e alla batteria, il tuttofare Jantoman agli altri strumenti e la vispa cantante Paola Folli) riescono ancora una volta a entusiasmare il pubblico.

Merito della loro bravura, della magica coreografia palladiana e, come elegantemente ricordato da Elio, del fatto che il concerto era gratis.

Fonte: Il Giornale di Vicenza

 

Domande spontanee: assodato che Elio non centra un pippero con il festival, possibile che agli organizzatori non sia venuto in mente qualcosa di più coerente e in sintonia con il programma ?

Qualcuno ancora si illude che il pubblico che va ad ascoltare Le Storie Tese poi frequenti anche il festival ?

Non sembra ai vari direttori artistici dei festival jazz che stanno pian piano snaturando le loro stesse creature ?

Ah, non mi aspetto risposte, le so già ......

 
 
 
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