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OGGI IL COMPLEANNO DEL DUCA (WASHINGTON 29/04/1899 - NEW YORK 24/05/1974)

Post n°1840 pubblicato il 29 Aprile 2011 da pierrde

A partire dalla metà degli anni dieci inizia a suonare professionalmente, come pianista, nella natia Washington; solo pochi anni dopo, manifestando già qualità manageriali, raduna attorno a sé alcuni amici musicisti, Sonny Greer e Otto Hardwick, per suonare a danze, feste e in locali da ballo. Nel 1922, grazie a Sonny Greer si trasferisce, insieme a New York per suonare con il complesso di Wilbur Sweatman; al luglio 1923 data il primo importante ingaggio a New York con la Snowden's Novelty Orchestra in uno dei più eleganti locali di Harlem.

Il complessino di Elmer Snowden comprendeva già un primo nucleo della futura orchestra di Ellington: Otto Hardwick e Roland Smith (ance), Arthur Whetsol e Bubber Miley, (trombe), John Anderson (trombone), Elmer Snowden (banjo), Sonny Greer (batteria). Nel 1924 Ellington diviene, dopo l'allontanamento di Snowden, il band-leader del complessino che prenderà successivamente il nome di Washingtonians e rimarrà al Kentucky Club fino al 1927. Nel 1926 Irving Mills, l'uomo giusto al momento giusto, diventa l'impresario dell'orchestra: organizza brevi tournée, ingaggi e sedute di incisione.

Nel 1927 Ellington ottiene un ingaggio nel locale più in vista di Harlem, il Cotton Club: questa si rivelerà una svolta decisiva nella sua carriera. Sono anni fondamentali per la definizione dell'organico e, pertanto, del suono dell'orchestra e della formazione di un repertorio. Nel 1928 entrano a far parte dell'orchestra Johnny Hodges (sassofono contralto e soprano) e Barney Bigard (clarinetto); nel 1927 erano entrati Louis Metcalf (tromba), Harry Carney (sassofono baritono) e Wellman Braud (contrabbasso).

Nel 1926 Ellington aveva ingaggiato il trombonista Tricky Sam Nanton, che assieme a Miley avrebbe aiutato adefinire il suono "growl" e "jungle" che avrebbe contraddistinto l'orchestra nei primi anni. Risalgono al 1927 i primi capolavori riconosciuti di Ellington: brani in stile jungle come richiedeva la moda esotica del momento per gli spettacoli pseudo-africani del Cotton Club (Black and Tan Fantasy, The Mooche, East St.Louis Toodle-Oo) e brani d'atmosfera e di carattere intimista (Black Beauty, Mood Indigo).

Il jungle era gradito ai bianchi: i neri erano visti come creature semplici e primitive. Walter Mauro scrive che lo stile jungle di Ellington potrebbe essere correlato ad una certa sua indifferenza verso i modelli culturali occidentali. Egli non si era "ancora del tutto emancipato" Negli anni trenta entrano altri membri fondamentali: Cootie Williams, Rex Stewart (trombe), Lawrence Brown, Juan Tizol[3] (trombone).

Alla fine del decennio, nel 1939, entrano a far parte dell'orchestra Ben Webster (sassofono tenore) e Jimmy Blanton (contrabbasso). Quest'ultimo, nei tre anni in cui sarà in grado di suonare e incidere (muore infatti nel 1941) rivoluzionerà la tecnica e la concezione del contrabbasso che grazie a lui diventa non solo il motore dell'orchestra ma strumento solista vero e proprio, allo stesso livello di un qualsiasi strumento a fiato o del pianoforte.

Sempre nel 1939 entra a far parte del circolo dei collaboratori di Ellington il giovane compositore, pianista e arrangiatore Billy Strayhorn[4], che fino alla morte (1967) rimane il più fedele collaboratore, co-autore e alter ego musicale di Ellington (anche se la reale portata del contributo di Strayhorn alla musica di Ellington ha iniziato a essere indagata e soprattutto riconosciuta solo negli ultimi anni).

 

Tra il 1940 e il 1943 nasce così una straordinaria serie di incisioni che complessivamente costituiscono uno dei vertici assoluti della musica del Novecento e insieme il contributo più duraturo e generalmente riconosciuto di Ellington alla storia della musica afroamericana. Essendo quasi impossibile estrapolare, da questa lunga e apparentemente inesauribile sequenza, gli innumerevoli capolavori, potrà essere sufficiente citare, tra i tanti, Jack The Bear, Ko-Ko, Concerto For Cootie, Sepia Panorama, Cotton Tail, Harlem Air Shaft.

Molti brani ellingtoniani sfuggono a una ristretta etichettatura di genere, andando ben oltre gli schemi tecnico-interpretativi del jazz dell'epoca. Più spesso, nel caso del Duca, si deve parlare di musica espressionista del Novecento, e l'idea che le sue composizioni fossero dei "quadri musicali" o che egli riuscisse a "dipingere con i suoni", fu un concetto più volte espresso dallo stesso Ellington, che non a caso in gioventù aveva lungamente coltivato anche una certa passione per la pittura (in realtà, prima di diventare musicista, aveva accarezzato l'idea di intraprendere la carriera di cartellonista pubblicitario).

Il brano Mood indigo (che si potrebbe tradurre con umore color indaco) è uno degli esempi più significativi dell'espressionismo di Ellington. Non vi è dubbio che i grandi risultati ottenuti si dovettero anche al fatto che per oltre trent'anni Duke Ellington riuscì a mantenere unita la sua orchestra, caso abbastanza raro a quei tempi, il che gli permise di amalgamare il gruppo e di plasmarlo secondo la sua inventiva, raggiungendo una intesa perfetta con ciascuno strumentista e ricavandone un sound unico e inconfondibile, quasi che l'orchestra fosse un unico strumento nelle sue mani.

A partire dal 1943 Ellington inizia a tenere ogni anno un concerto alla Carnegie Hall (1943-1948) tempio della musica colta d'ispirazione europea, in occasione del quale presenta, a ogni concerto, una nuova composizione in forma di suite ad ampio respiro. Nel 1943 viene presentata, e per fortuna incisa integralmente (cosa che non accadrà più in studio, se non in versioni frammentarie), una composizione ispirata alla storia dell'integrazione razziale dei neri negli Stati Uniti, dal titolo Black, Brown and Beige.

Negli anni quaranta e cinquanta diversi solisti lasciano l'orchestra per seguire la carriera solistica o per ragioni di salute (tra cui il batterista Sonny Greer, per problemi di alcol, il sassofonista Ben Webster, a causa del carattere irascibile di questi e delle continue liti che intercorsero tra i due, e il clarinettista Barney Bigard, per problemi di stress derivanti dai frequenti tour in tutto il mondo).

Gli rimase sempre accanto il fedele Harry Carney[5] sfilarono Al Sears, Paul Gonsalves, Jimmy Hamilton, Russell Procope (sax), Ray Nance (tromba, violino), Al Killian, Shorty Baker, Clark Terry, Cat Anderson, Willie Cook (trombe), Tyree Glenn (trombone, vibrafono), Quentin Jackson, Britt Woodman, Booty Wood (tromboni), Oscar Pettiford, Junior Raglin, Jimmy Woode (contrabbasso), Louis Bellson, Sam Woodyard, Jimmy Johnson (batteria). Il 23 maggio 1950 l'orchestra di Duke Ellington si esibisce nel Teatro Verdi di Pisa.

Dopo un periodo di magra, dal 1951 al 1955, segnato soprattutto dalla dipartita del trombonista Lawrence Brown e dell'altosassofonista Johnny Hodges (il sax contralto che era praticamente la colonna portante della sezione ance dell'orchestra e, di fatto, il più grande contralto della storia del jazz sino all'avvento di Charlie Parker), l'orchestra tornò sulla cresta dell'onda con l'esibizione al Festival del Jazz di Newport nel 1956, nota per il lunghissimo assolo di sax tenore di Paul Gonsalves tra i brani Diminuendo in Blue and Crescendo in Blue. È interessante notare che questi due brani, insieme a Jeep's Blues sono le uniche registrazioni dal vivo contenute nell'originario disco "Ellington - At Newport", uscito nella tarda estate del 1956: per il resto in quel disco tutte le altre registrazioni, benché dichiarate "dal vivo" erano in realtà state incise pochi giorni dopo in studio e mixate con applausi per farle sembrare "live" (con disappunto dello stesso Ellington peraltro).

Solo la casuale scoperta dei nastri della emittente radiofonica "The Voice of America", più di quarant'anni dopo, dimostrerà lo splendore e la forza di tutto il concerto originale, scoperta che rendera' possibile la pubblicazione nel 1998 del doppio Cd " Ellington at Newport. The complete " la meravigliosa testimonianza di un'orchestra che, in quella sera del 7 luglio del 1956, era veramente al top come prestazioni e suono.

In seguito la carriera di Ellington fu scandita da una serie innumerevole di concerti e tour per il mondo e da nuove registrazioni: eccellenti le suites Such Sweet Thunder (1958), ispirata alle opere di William Shakespeare, la Far East Suite (1966) e la New Orleans Suite (1970), nonché il Second Sacred Concert (1968, con la cantante svedese Alice Babs).

I tour furono interrotti il 31 maggio 1967, giorno nel quale muore di cancro all'esofago il suo intimo amico e collaboratore preziosissimo Billy Strayhorn: per le tre settimane seguenti Duke non uscì dalla sua camera da letto, per tre mesi non fece concerti e cadde in una depressione profonda, interrotta solo dalla registrazione del celeberrimo album "And his mother called him Bill..." contenente alcune delle più famose partiture di Strayhorn.

Un altro funesto evento per la sua orchestra fu la morte di Johnny Hodges, per un infarto durante una seduta dentistica, l'11 maggio 1970: la sua orchestra non avrebbe più avuto lo stesso suono. Negli anni sessanta e settanta brillarono le presenze di Norris Turney (sax alto, flauto), e Harold Ashby (sax tenore), Fred Stone (flicorno), Buster Cooper e Julian Priester (trombone), Aaron Bell e Joe Benjamin (contrabbasso), Rufus Jones (batteria).

Duke morirà di cancro ai polmoni il 24 maggio 1974, assistito dal figlio Mercer e senza sapere che pochi giorni prima era morto anche il fidato collaboratore Paul Gonsalves per overdose di eroina: Mercer Ellington infatti non ebbe il coraggio di dargli la brutta notizia.

 

Fonte: Wikipedia

 
 
 
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