MARMOTTA

Oggi è passato esattamente un anno da quando conobbi i miei tre colleghi italiani. Uscendo dalla cucina della panetteria per la quale lavoravo, fui felicissima di poter dar loro il benvenuto in Giappone, anche se per me questo significava più lavoro, in quanto avrei dovuto far loro da interprete e da guida, e nessun aiuto, perché nessuno di loro era stato assunto come pasticciere, come invece lo ero stata io.
Non impiegai più di due settimane a rendermi conto che erano tre colossali pezzi di merda

- P. (40) oltre che il pane sapeva fare un po' di tutto, quindi il capo gli disse di aiutarmi. Il suo concetto di aiuto era senz'altro singolare e consisteva di preciso nel:
1) darmi ordini
2) dirmi che ero lenta
3) dirmi che non producevo abbastanza
4) dirmi cosa avrebbe fatto lui se fosse stato al mio posto
5) comprare tre lattine di mele sciroppate e dirmi "Toh, facci la torta di mele"
6) dirmi di preparare una serie di dolci che tuttavia NON POTEVO preparare perché mancavano attrezzi e ingredienti.
Ma a farcirmi un bignè manco morto, eh!

- D. (30) era il pizzaiolo, venuto in Giappone per disintossicarsi dall'abuso di droga e per farsi quante più giapponesine possibile. Peccato che droga e alcool esistano anche in Giappone, e soprattutto peccato che lui fosse già sposato, con un figlio di due anni e un'altra in arrivo!
Poiché ero una laureata, si era convinto del fatto che non meritassi il suo rispetto nè come lavoratrice nè come persona.
Usava i miei attrezzi (alcuni dei quali avevo acquistato di tasca mia per pura disperazione!) e poi non li puliva, lasciandomi anche i suo nel lavello, sporcava il mio tavolo di lavoro, mi inquinava gli impasti e le creme di briciole di pizza o addirittura di schizzi di salsa. E appena voltavo gli occhi era capace di mangiarsi anche 20 bignè in una volta, e poi il capo si domandava perché producevo così poco Sul lavoro cercava di ostracizzarmi e di mettermi in cattiva luce davanti ai giapponesi, non seguiva i regolamenti e se qualcuno con più autorità di me lo riprendeva diceva che era colpa mia che non l'avevo avvisato!

- G. (29), l'unica ragazza a parte me. Prima che arrivasse in Giappone, il mio capo mi disse che probabilmente non le sarei andata a genio in quanto lei era del Nord e odiava i terroni. Sfortunatamente invece, io a G. andavo FIN TROPPO a genio. Mi chiamava "dolcezza", "tesoro", "gioia" e mi dedicava poesie strabordanti di errori grammaticali e affetto morboso; mi regalava fiori di fronte a tutto lo staff del panificio e una volta ebbe anche il coraggio di mettermi le mani addosso toccando la mia pelle nuda da sotto ai vestiti. Una molestia sessuale in piena regola!
Chiesi a P e a D di aiutarmi a sfuggire alle attenzioni indesiderate di questa ragazzona di 110 chili per 1.80 ma mi venne risposto che "tanto queste cose tra ragazze SI FANNO, quindi di che ti lamenti?" Certo che si fanno queste cose, tra ragazze CONSENZIENTI però!

Mortificata, sbeffeggiata e molestata, il mio dilemma esistenziale è il seguente:

You pull me down
And you crucify my name
You make me insane
It's broken now
Don't ever look my way
Don't even think I'm playin'
'Cause I fucking hate you