Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
|
"Mille e ancora mille."
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Tanti anni fa, ma veramente tanti, partecipavo a una mailing list dove si discuteva di libri e letteratura.
Per me è stata un'esperienza straordinaria e sotto certi aspetti mi ha cambiato la vita: non sarei quella che sono oggi, qualsiasi cosa adesso io sia.
Ho pensato di ripubblicare qualche mio antico contributo: discussioni o recensioni, a partire da questo del 24 marzo 1998:
MdB, a me che lamentavo l'assenza di Carver dalla lista:
> ehi, io ne ho parlato, e' uno dei miei autori preferiti!!
Bene, allora parliamone!
Veramente gia' da qualche giorno avevo in mente di scrivere qualcosa su di
lui: ho iniziato leggendo la sua autobiografia: Il mestiere di scrivere,
una via di mezzo tra un manuale di scrittura creativa, con tanto di
esercizi consigliati, e la narrazione di un percorso culturale.
I rimandi nel testo alle raccolte di racconti mi hanno incuriosita, e ora
che li ho letti sto riprendendo in mano la biografia, per approfondirne i
commenti a ragion veduta.
La tristezza esistenziale di Carver e' come un destino inevitabile, vissuto
dai personaggi con naturale rassegnazione. Piccole incomprensioni,
solitudine, amori finiti sono raccontati attraverso gesti e parole minime,
all'apparenza banali. Ma il vero senso di ogni racconto e' fuori, aleggia
nell'aria come qualcosa che non e' ancora successo, e che forse non
succedera' neanche.
Ecco, questo soprattutto mi piace di Carver, la capacita' di far intuire
qualcosa che rimane in sospeso, di cui i personaggi non sono consapevoli, o
non sanno di esserlo. Quel senso di minaccia di cui parla lui stesso, dalla
quarta di copertina di Vuoi star zitta per favore:
"Mi piace quando nei racconti c'e' un senso di minaccia. Credo che un po'
di minaccia sia una cosa che in un racconto ci stia bene. Tanto per
cominciare, fa bene alla circolazione. Ci deve essere della tensione, il
senso che qualcosa stia per accadere, che certe cose si sono messe in moto
e non si possono fermare, altrimenti, il piu' delle volte, la storia
semplicemente non ci sara'. Quello che crea tensione in un racconto e', in
parte, il modo in cui le parole vengono concretamente collegate per formare
l'azione visibile della storia. Ma creano tensione anche le cose che
vengono lasciate fuori, che sono implicite, il paesaggio che e' appena
sotto la tranquilla (ma a volte rotta e agitata) superficie del racconto"
(gli eventuali refusi sono miei)
Ecco, io credo che per avere il coraggio di lasciare impliciti in un
racconto i suoi significati piu' importanti ci voglia una grande sicurezza
in se stessi come narratori. Io, come modesta apprendista dell'arte, ho
sempre paura di non essere capita e anche quando vorrei proprio alludere,
evocare, omettere, va a finire che invece sono addirittura ridondante,
oppure criptica, incomprensibile:-)
E' vero che la sua scrittura era molto meditata, lui lavorava sui testi con
una cura maniacale e non ci tragga in inganno l'apparente semplicita'
dello stile. Carver non e' ermetico: il lavoro richiesto al lettore non e'
pesante. Le emozioni vengono suscitate naturalmente, senza sforzo.
ancora MdB:
> ... temo ormai di aver letto tutto quello che ha scritto, e' tremendo
> quando *finisci* un autore che ami e sai che non puo' piu' scrivere :((
e' vero, mi verrebbe proprio voglia di telefonargli, di tanto in tanto...
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