Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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A Sesto Calende, dove il lago Maggiore diventa Ticino o viceversa, c’è un ponte che collega la riva lombarda con quella piemontese. Accanto a questo ponte nuovo un tempo doveva essercene uno vecchio, che però a un certo punto non serviva più, forse non era adeguato, non era a norma, non si sa perché a un certo punto han deciso di costruire quello nuovo: di fatto due ponti vicini non servono, è evidente, uno va demolito. E così avranno fatto, avranno demolito il vecchio ponte, avranno portato via pezzo a pezzo le strutture metalliche, le travi, le strisce di asfalto. Tutto tranne i piloni. Non si sa perché hanno lasciato lì i piloni, che sono dei parallelepipedi di cemento grandi più o meno tre metri per quattro e alti sull’acqua un paio di metri. Ci sono degli scalini di tondino di ferro su una delle pareti, forse li hanno messi dopo o sono sempre stati lì, non si riesce a immaginare a che scopo costruire dei gradini sui piloni di un ponte. I pescatori li usano per salire sui piloni, che sono quattro o cinque. Alla domenica Mino noleggia una barca a Sesto Calende, ci monta un suo motore fuoribordo e ci salgono tutti, lui, il suo amico di pesca, le famiglie di tutti e due.
Con la barca stracarica di bambini, mogli, canne e cestini da picnic vanno a cercare un pilone libero, che non si può salire su uno già occupato da altri pescatori. Mino ormeggia la barca legandola al tondino di ferro della scaletta e salgono su. Ma poi per qualche motivo non stanno mai lì tutto il tempo, non tutti. Hanno dimenticato qualcosa di indispensabile in macchina, l’acqua da bere o un cappello di paglia per il sole e bisogna andare a prenderla, oppure a qualcuno scappa la cacca e bisogna traghettarlo a riva e non c’è la carta igienica così lo si deve pulire con una foglia: sono i più piccoli che non stanno mai fermi e non si vergognano di niente.
Anita sta sul pilone e suo padre e l’amico pescano e dicono di stare attenta e non sporgersi che è alto. Ha questa sensazione del cemento ruvido con i sassi incastrati dentro e dei pezzi di ferro che spuntano su ma sono smussati, non pungono, hanno anche delle striature color ruggine e certe conche quadrate con piccole pozzanghere d’acqua, forse ha piovuto. E della noia che lì sopra non c’è proprio niente da fare ma pescano solo loro, pescano le alborelle con tanti ami e le canne fisse, ne hanno tre o quattro a testa e le incastrano nelle fessure del cemento, a rotazione ne sdraiano una per mettere le esche sugli ami e bisogna stare ancora più attenti, non inciampare, non calpestare il filo invisibile. E lei sa solo di quella noia che è come una specie di tristezza ma senza motivo, il fiume blu grigio in lontananza e gli alberi fitti sulla riva, la pozzanghera con l’acqua calda nella quale può pucciare le dita. E quando sul ponte nuovo, che è molto vicino ma più in alto, passa il treno e fa un rumore fortissimo, lei prova a contare i vagoni. Ma è solo un momento, poi torna il silenzio, la noia, il sole sulla testa e basta.
Questo è L'occhio del coniglio, un romanzetto che ho scritto io e che mi piace offrire ai miei blogamici e agli sfaccendati che passano di qui.
Già che faccio l'editore di me stessa, ho prodotto anche una versione digitale, mobi, epub e pdf. Se ti stanchi di leggere a schermo e la vuoi mettere nel tuo lettore eBook oppure se hai occasione di stampare a ufo e vuoi il pdf, scrivi a ladonnacamel@gmail.com e te la mando. Gratis e senza DRM!
(Però poi non venire qui a spoilerare il finale eh, t'ammazzo! Che, se non si era capito, le puntate qui continuerò a metterle, al ritmo di due a settimana, più o meno.)
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Italia.
Le foto, dove non specificato, son prese in internet.
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