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Dopo aver tracciato gli interessi hondureñi di Chiquita e Dole, che dal golpe sembrano guadagnarci, vi propongo alcuni passaggi di una lettera che le grandi marche che hanno fabbriche in Honduras hanno scritto alla Casa Bianca:

"As companies that have products made in Honduras, we are deeply concerned about recent events in that country. We understand that serious disagreements exist between the elected President, Congress and the Supreme Court, but these should be resolved through peaceful, democratic dialogue, rather than through military action." (lettera intera sul sito della Nike)

Nike, Adidas e Gap unite nel condannare apertamente il golpe e pressare per un intervento più diretto nella reinstaurazione di Zelaya. Fatto raro che delle multinazionali prendano posizione politiche così chiare e ufficiali, meno raro che mettano il naso nella politica degli Stati in cui operano.

La manifattura honduregna esporta circa 3 miliardi di dollari all'anno e la maggior parte delle compagnie manifatturiere in Honduras sono statunitensi o asiatiche. La paga oraria per i disgraziati che non hanno altra scelta se non lavorare lì è da semischiavitù: 93 centesimi di dollaro all'ora. Per turni devastanti: dodici ore a 34 gradi, sempre in piedi e con un sola pausa di 30 minuti. Il tutto con la spada di Damocle del licenziamento, se solo un lavoratore osa iscriversi al sindacato. E' anche attivo un boicottaggio contro alcune di queste strutture.

E' evidente dunque che se sfruttatori simili sono arrivati a schierarsi con la democrazia, è perché i golpisti hanno deciso di non stare dalla loro parte. E quindi, via con le belle parole.

Intanto, Micheletti dice di non temere la sospensione dei visti diplomatici attuata dagli USA e la primera dama afferma che raggiungerà la frontiera a cui è accampato Zelaya solo se avrà la garanzia di poter rientrare in Honduras.