Kremuzio

A volte mi sembra di essere in un film di Harry Potter. In particolare durante la scena in cui il maghetto ed i suoi amici mangiano quelle gelatine a tutti i gusti più uno. Niente di tragico, c’è di peggio al mondo, ma vi espongo subito l’accaduto:

I giorni precedenti alla Pasqua, vige qui in ufficio l’interessante e piacevole abitudine di mangiare dolci e salati portati con generosità e copiosità da benemeriti colleghi e, soprattutto, colleghe. Glissiamo sullo splendore della corallina e delle torte pasqualine, sempre gradite, specie durante i periodi post-festivi, più a sorpresa dei prefestivi. Ma quest’anno c’è stata un’esplosione di ovetti di cioccolata. Praticamente come se fosse suonata una sveglia, quasi tutte le colleghe hanno cominciato ad offrire questi simpatici cioccolatini ricoperti di stagnole colorate. La scelta veniva effettuata per colore, che stavolta ha superato in varietà la tavolozza di Matisse. C’era la stagnola dorata, quella rossa, blu, verde, viola, rosa, beige, marroncino, color mattone, gialliccia, rossiccia, bluiccia, azzurrognola, nerastra, bianchiccia, biancastra, bianchina, verdognola, verdastra, verdina, cadmia, plumbea e smarronata. E tutte le varietà tonali ed afone di ogni variazione sul tema cromatico.

Quando arrivano con la bustina di cellophan rigido e semi spaccato per una erronea e violenta apertura, dicono sorridendo “Scegli!” e solo a quel punto noti l’infinità di colori. A quel punto per non far la figura dell’incerto, fai un rapido excursus mnemonico ripescando tra i tuoi ricordi, almeno dell’anno scorso, cercando di abbinare sapori ai colori. Ma una volta era tutto più semplice. Quando i cioccolatini avevano la stagnola blu erano fondenti, rossa erano al latte, gialla per il cioccolato bianco, marroncino al caffè. Già col verde era un bel pensare, visto che era un po’ il colore jolly: al latte o fondente. E c’era anche la gradazione di marroncino che ti fregava, Pensavi fosse al caffè, invece ti capitava nocciola, nocciolina, noce o mandorla. Beh, quest’anno non mi è andata troppo bene. Ce n’era uno alla coccoina. Non so se conoscete tutti quel fantastico odore di colla da sniffare (non quello che usano adesso al toluolo benzene o altro, simil bostik, con il quale ci si drogano sul serio nei paesi poverissimi, che brucia il cervello). La colla bianca coccoina era in un vasetto di alluminio col buco al centro o di fianco dove c’era un pennellino. Ci incollavo le figurine sull’album. Dovevi stare attento a non farla seccare, che poi diventava una massa sbriciolosa tutta trozzi e caccoli e non incollava più. Ma il bello era quel fantastico odore di mandorla, ma non naturale, bensì accentuato e moltiplicato per un fattore variabile alla depressione che avevi nel momento dell’apertura del vasetto. Mi mettevo da una parte e l’annusavo. Il sapore era veramente schifoso. I cioccolatini no, erano buoni, ma quel sapore di coccoina era più che altro un ritorno al passato e non certo un gusto da assaporare con lussuria. Poi mi erano capitati gusti tipo tabacco o mentine o basilico o cipolla, o aglio o pasta aglio e olio, ma senza peperoncino. Ho intuito anche gusti allo scoiattolo, patè, calamari, radio a valvole, pioggia nella brughiera, pino silvestre vidal, matita copiativa, coriandolo (di carta), ginger (rogers), paraflù, inchiostro per timbri, saldature fredde, carta da pacchi, sottolineatura sghemba, guerra stellare, luce calda e olive col martini. Neanche uno al latte o fondente. Avrei anche pagato per uno al caffè. Per fortuna mi è andato meglio delle gelatine sopracitate di potter: i gusti di vomito e caccole erano troppo forti anche per la cucina molecolare.

Speriamo per l’anno prossimo, comunque. Ah! Dicevo che c’era di peggio al mondo, tipo un bell’ovetto al gusto di parrucchino dell’innominato!