Kremuzio

Siamo di fronte ad una de-contestualizzazione della parola “amore”… Ad uno svuotamento di significato e di importanza di queste 5 lettere. Ormai viene usata alla stregua della vecchia “coso” o “cosa”. Ecco la dimostrazione: Una città a caso, facciamo Roma. Un quartiere a caso, quello in cui si passa o si abita. Passa una coppietta, ecco uno stralcio di dialogo: lei a lui “Amò, allora ci andiamo al cinema stasera amò?” e lui di rimando “Amò, si però devo ancora vedere che film ci sono…amò m’hai sentito amò?”. Avete presente il “Signore” come parola iniziale e finale di ogni frase del dialogo verso il superiore nel film “Full metal jacket”? Uguale. “Signore, si, signore!”.

E ditemi che non è vero… lo sento ormai centinaia di volte al giorno, e quando non vi capita di incrociare coppie, incrociate giovani maschi o femmine che al cellulare ne fanno scempio. Ma non ci sono più i simpatici nomignoli di una volta? Ovviamente non i “cicci, ciccio, ciccia” ma alcuni vezzeggiativi simpatici come “pisellino, pisellaccia, picchio, titti, ciumaché…” vabbè, parole in libertà, meglio qualche diminutivo del nome a seconda dello spirito del momento piuttosto di quelle melensaggini testé indicate. Che se la parola magica venisse usata in momenti intimi al riparo da orecchie indiscrete, piuttosto che in litigate o semplici scambi di sillabe smozzicate. Ho assistito personalmente a scontri verbali tra una mia nipote ed il ragazzo, al cellulare, anche se erano quasi a portata ottica. Una di quelle telefonate che durano ore, con l’alternanza di frasi minacciose, ad offese pesanti che neanche il sottoscritto che ha fatto studi particolari sulla cacolalia, avrebbe mai avuto il coraggio di profferire. Se non altro ogni tanto imparo parole nuove e cattivissime. Comunque, quello che mi stupiva era la perfetta alternanza tra “amò” e “brutto pezzo di…”, tra “amò” e “te cascasse il…”. Urla quasi isteriche se non fossero dettate dalla rabbia, e per quello posso perdonare, ma non perdono l’uso di quella parola.

Una parola che a me vibrano le vene ad ascoltarla. Forse non l’ho mai pronunciata. Forse. Scritta di sicuro quasi per poterlo negare un giorno, ma mai urlata. Sussurrata forse, cantata impersonalmente o recitata senza far rima con “cuore”. Ma è un concetto serio, da qualsiasi punto di vista e per ogni riferimento ad argomenti classici o personali. Tre sillabe pure, da non pronunciare se non in occasioni importanti. Ma forse anche in questo caso abbiamo dovuto subire le influenze del “love” anglosassone, a volte sostituito in grafica da un cuoricino rosso, ma del cui abuso subiamo in continuazione.

Una parola non per tutte le occasioni, da togliere dal vocabolario e non usare nel semplice scambio di frasi di tutti i giorni. E’ universale, per tute le taglie, e non fa strani effetti se a pronunciarla è un adolescente o un vecchio. O forse sì. Dipende.  E la scherzosa “ammmmore”? con una cifra di “m”? disgustosa!

E termino lo sproloquio: L’abuso è iniziato, forse, quando ha cominciato a fare riferimenti specifici al sesso, secondo me. “Fare l’amore” non mi piace. Cosa vuol dire? L’amore si fa o si vive? Una volta si diceva che “far l’amore” significava amoreggiare, pomiciare, stare su di una panchina a fissarsi gli occhi. Basta guardare i film in bianconero, quando andavano al parco e fare l’amore, e poi si sposavano vergini. Forse era un’accezione migliore in quei tempi strani, quando non dicevi “amò, vammoriammazzato amò!” ma al partner davi solo una bastonata, semplicemente!