Kremuzio

Una volta mi bastava il piramidone: facevo una bella sudata e la febbre passava. Se avevi mal di gola, buttavi giù, masticandola, una bella pasticcona di formitrol, e se poi ancora non ti rimettevi in piedi per andare a scuola, c’era l’arma balistica segreta della supposta uniplus, quasi un’arma di rappresaglia. Altro che tamiflù o paraflù che dir si voglia. Il piramidone faceva un po’ schifo, e al contrario del nome era una pasticchina piccolina che non aveva nulla a che vedere con i fasti degli antichi egiziani. Pensavo di inghiottire polvere di mummia seccata macinata e compressa, o sabbia del deserto che quasi con modalità omeopatiche potesse scacciare il calore che si impossessava della mia fronte. Magia quasi, rammentata da un nome particolare. Era in un piccolo tubicino di latta o alluminio, nascosto nel cassetto del comodino di mia madre, insieme al termometro. Poi quando finiva la confezione mi fregavo io il tubicino, poi vi spiegherò il perché. Fino a poco fa, pensavo che il nome fosse un mix di piro ed amido, ma invece dopo una ricerchina pare che fosse il pirazolone, che mette un po’ paura, ad infestare il mio organismo con conseguenze che mi sfuggono tutt’oggi. Meglio la polvere di mummia, a ben ripensarci…

Il formitrol era buono. Il nome mi ricordava le formiche, e me lo faceva sembrare naturale. Il pizzicore che sentivo sulla lingua e quella freschezza mentolata era un piacere per il palato. Pensavo che quello fosse il sapore delle formiche. Poi in seguito seppi che si trattava di formaldeide, ovvero quella cosa puzzolente che ti toglie il respiro, che si usava per pulire e disinfettare le camerate delle caserme o gli ospedali, o puramente i cessi più sporchi.

Al giorno d’oggi mi ricorda quelle caramelle all’eucaliptolo che ti fanno rimanere a bocca aperta, naso sgombro e scarcagnificato, gola liscia e fresca come una pista di bob.

Ma la vera succulenta dotazione di questi medicinali era la confezione metallica. Tubetti grandi e piccoli, metallici, che prendevo per farci razzetti. E’ stata la mia passione fin da piccolo, quello di cercare contenitori cilindrici che potessero servire da serbatoio e camera di combustione, o supporto per motori che facevo con le bombolette di anidride carbonica del seltz.

Incastri precisi ma non troppo per queste costruzioni missilistiche, in una specie di matrioska tubolare, alle quali aggiungevo alette in legno incollate col bostik ed ogive in plastica rubate agli ombrelloni che rimanevano poi senza puntale. Fossi riuscito a farne volare uno… Il combustibile doveva essere un mix di zolfo ed altre polveri di cui non faccio menzione per decenza. Lo zolfo lo prendevo dal ferramenta in blocchi che servivano per le botti di vino. Candelette che prendevo a martellate per sbriciolarle. Poi sempre per usare medicinali a scopo razzotecnico, cercavo inutilmente le pasticche di clorato di potassio nelle farmacie. Di fronte al farmacista mimavo con un fil di voce un terribile mal di gola, malattia per la quale quelle simpaticissime pasticche, dicevano, fossero un toccasana. Inutilmente però. Non so se a causa delle mie scarse qualità da attore o perché si erano accorti che ci si potevano fare bombe, visto che si era in pieni anni di piombo, ed erano state tolte dalla circolazione. Mannaggia. Sarà stato per quello che i miei razzi non volavano. Al massimo facevano una puzza sulfurea ed un fumone dal quale scappavo di corsa prima che scoppiasse. Ma fortunatamente non mi è mai scoppiato niente. Puzze demoniache degne del “piccolo Faust” più che del “piccolo chimico”, dato che dalle miti polverine che avevo a disposizione non potevo tirar fuori niente che non fosse men che fetentissimo. Dovrei avere ancora in cantina una di queste confezioni vuote, ma ormai l’odore della formaldeide o dello zolfo saranno spariti da anni, e devo accontentarmi di una Fisherman’s per rivedere con la memoria quei tempi passati.