Kremuzio

Non sono mai stato un buon cliente Apple, anzi, a ben pensarci non ho mai acquistato niente con questa marca. Eppure nel 1979 avevo cominciato a lavorare sopra i computer, o meglio sull’Apple ][ di un mio amico ricco. Perché bisognava essere ricchi per comprare quel computer. Ricordo, o almeno mi sembra di ricordare che costasse intorno ai quattro milioni di lire di quel tempo. Ed usati non se ne trovavano a prezzi stracciati. Ma per fortuna l’inventiva di Hong Kong venne in aiuto ai noi squattrinati tirando fuori i compatibili. Ed il primo di essi si chiamava Lemon ][. Un po’ meno bello dell’originale, più pesante, ma completo di monitor a fosfori verdi costava molto meno. Un milione e seicentomilalire, anticipate da mia madre e restituite quando potevo, dalle ventimila alle cinquantamila per volta, a seconda dei lavoretti svolti (montaggio antenne, riparazione televisori, eccetera). Niente floppy drivers, un registratore a cassetta qualsiasi e tanta pazienza per caricare i programmi. Però il sistema operativo si caricava subito con un BIP, e spuntava il cursore, ovvero una parentesi quadra chiusa lampeggiante. Potevi anche andare in linguaggio macchina, una specie di assembler sui generis, e potevi anche interfacciare il pc inventandoti applicazioni che studiavi su quei pochi libri che ti insegnavano a fare cose da pazzi.  

E la cosa bella era che, dato che aveva gli slot per le schede, ci mettevi quella per il Cp/M, un sistema operativo professionale, per mandare il monitor ad 80 caratteri, per la stampante, ed uno zoccoletto per il joystick col quale avevi un interfacciamento analogico col quale potevi sbizzarrirti per farci un sacco di cose carine. Con un mio amico ci costruimmo un’interfaccia per trasformarlo in telescrivente… Quante avventure…

Poi passai al pc IBM, migliore dal punto di vista di programmazione e di espansione, con ancora le schede, che potevi modificare, aprire, riparare, mentre i vari Mac erano scatole belle, costose ma chiuse come una blackbox. E costavano troppo. Il divario informatico iniziava.

Dopo una vita arrivano tutti i vari “i” qualchecosa, ipad, ipod, ibook, iphone, i-eccetera, e non ho mai comprato niente. Troppo cari e troppo elitari. Diventavano oggetti da mostrare, e per quello avevano un prezzo esagerato che non valeva tecnicamente l’acquisto.

Ma nonostante tutto hanno rappresentato un balzo in avanti nella tecnologia, trasformando in mercato elettronico in status symbols da usare e mostrare. Ed in questo Steve Jobs è stato profeta, uno dei più grandi, lungimirante e sognatore, è riuscito a trasformare idee in oggetti, a cambiare stili di vita ed abitudini, a far diventare indispensabili cose che non sono proprio tali. E con lui se n’è andato, troppo presto, un uomo che avrebbe potuto dare ancora molto a questa società. Forse in un modo diverso da quello che sarebbe più giusto. Non sono oggetti che aiutano a risolvere i grandi problemi del pianeta. Non diminuiscono l’inquinamento, non danno da mangiare ai bambini africani, non guariscono, non ti danno lavoro, ed anzi sembrano destinati alla borghesia che può acquistarli. Che ha imparato ad usare le dita in un modo diverso, ed ecco i polpastrelli scivolare sullo schermo, allargare foto, scrollare, cliccare applicazioni, pagare, comprare, spendere.

Ciao Steve, so che ci mancherai, comunque…