Kremuzio

La situazione sembra seria. Mai come adesso avrei voluto essere un nordafricano. Di quelli che scendono in piazza ma non per cantare slogan, che marciano compatti e risolvono problemi, quando i problemi sono causati dalla classe dirigente corrotta. Basta aprire gli occhi senza farsi condizionare dai media, cosa che probabilmente fuori d’Italia è più semplice essendo meno assopiti e con problemi contingenti e reali probabilmente un po’ più pressanti dei nostri, come la fame e la povertà.

Sempre più spesso ora si sentono nei talk show intellettuali che esprimono il desiderio di seguire le gesta di paesi come l’Egitto, la Tunisia, l’Algeria, lo Yemen, l’Albania. Rivolte contro regimi autoritari che ad una prima vista sembravano tutt’altro. Ma erano davvero democratici perché l’occidente li sopportava e foraggiava per motivi energetici e religiosi? Ragionandoci sopra, vediamo che, a parte giacimenti di petrolio o gas, questi paesi sembravano interporre una barriera all’integralismo islamico. Ricordiamo le stragi integraliste verso chi bloccava l’escalation verso il potere di masse ormai plagiate dalla guerra santa che alcuni vorrebbero intraprendere. Ed i regimi venivamo aiutati dalle democrazie occidentali, controllati col fine di bloccare quei processi di islamizzazione che sembrano automatici nei paesi in via di sviluppo. Ma contro le rivolte popolari c’è poco da fare. Una volta che queste si stancano di essere sottomesse a governi che ingrassano ed arricchiscono solo i loro rappresentanti, come la storia ci insegna, scatta un meccanismo per il quale la rivolta una volta iniziata, se ha dalla sua anche l’esercito, fa fuggire chi sente di essere stato scoperto. E’ gente che ha un concetto di vita ben diverso dal nostro. Nervosa, sveglia, stanca ed umiliata, e può essere violenta.

Vediamo chi è sceso in campo per le proteste. Sono giovani, disoccupati, lavoratori, studenti ed intellettuali. In pratica la classe attiva o potenzialmente tale, conscia della propria importanza e della propria forza.

Ma da noi? Abbiamo un governo che non fa gli interessi del popolo, che è stracciato dagli scandali, dagli intrallazzi, dalla mancanza di autorevolezza, ormai buono solo a stimolare il ridicolo. Ma non c’è nessuno che riesce a protestare con la veemenza che servirebbe. Sarà la mancanza di una opposizione democratica forte, dalla mancanza di fiducia in qualcosa che possa cambiare questa situazione tenuta insieme con il collante del denaro, delle tangenti, dei regalini, dove tutti sanno tutto degli altri ma sopravvivono perché fa comodo non rimestare il fango, visto che tutti ne sono partecipi. E non riusciamo a vedere la fine del tunnel. Chi potrebbe fare la rivoluzione in Italia? Un paese vecchio, con gli studenti che sono sfiancati dalla superficialità dell’università, che devono lottare innanzi tutto contro la burocrazia, le strutture fatiscenti, ma alle quali contrappongono alcune manifestazioni di massa che sembrano più che altro occasioni per cantare, divertirsi, bere e mostrarsi alle telecamere. Poi ci sono quelli violenti e cattivi, che rivoltano le camionette, che poi vengono presi a manganellate, e poco importa che tra loro ci siano anche persone non violente che si trovano nel posto giusto al momento sbagliato. Diciamocelo chiaramente, che nessuno di noi può scendere in piazza ad imitare le gesta degli africani. In fondo stiamo bene così, abituati a farci prendere in giro, senza la forza di alzare il culo dalla poltrona davanti alla tv, finestra sul mondo che vive e su quello che muore. Consideriamo anche il fatto che non abbiamo più un esercito popolare, quello che una volta dicevamo potesse essere l’ultimo baluardo contro il totalitarismo. Hanno voluto un esercito di mercenari, pardon, professionisti, occupati a portare democrazia in giro per il mondo e che non sputerebbero mai nel piatto in cui mangiano.

Siamo troppo pantofolai, al punto che non riusciremmo più neanche a fare una resistenza passiva. Ormai la nostra energia la riversiamo solo nel tifo calcistico. Questo volevano che diventassimo e questo siamo diventati. Grazie a noi stessi che glielo abbiamo permesso.