Kremuzio

Secondo me gli italiani, in fondo, sono monarchici. Non è una battuta campata in aria: basterebbe leggere i giornali degli ultimi 150 anni. Fino al 1945 sarebbe anche scontato, a parte alcuni momenti in cui si tirava fuori timidamente il concetto di repubblica, la famiglia reale era al centro della vita italiana. Al punto che non si riusciva neanche a vedere dove fosse il marcio, quando chi ne era a capo ne poteva disporre quasi a suo piacimento con leggi antipopolari o con un far finta di niente. Il momento più alto e popolarmente valido lo ebbe di sicuro Vittorio Emanuele III quando si faceva fotografare in mezzo alle trincee, seppur ben defilato dalla linea di tiro, durante la prima guerra mondiale, quando veniva chiamato “re soldato”. Da quel momento il monarca dalle gambe troppo corte non ebbe vita facile. Già nel 22 dimostrò la sua codardia e mancanza di polso, o semplicemente ignoranza politica, quando permise che Mussolini ed i suoi seguaci portassero a termine quella farsa della marcia su Roma. Se avesse schierato l’esercito seriamente intenzionato a ribattere il colpo di stato, la storia d’Italia sarebbe stata migliore. Venne ricompensato col titolo di imperatore, di un impero da operetta, e poi scappò miseramente per un esilio che dimostrava quanto poi fosse un uomo codardo. L’unico rimpianto sembrò essere quello di non aver visto all’opera il “re di maggio”,

suo figlio Umberto II, che probabilmente sarebbe stato il miglior monarca possibile. Ma è tutta una fantasia sulla quale possiamo giocare, basandoci solo sulla sua faccia simpatica e sulla sua volontà, poi, di starsene in disparte durante il patinato esilio. Forse è stato per questo che al referendum vinse con poco distacco la repubblica. Ma dobbiamo anche considerare l’alta statura morale, civile e storica che i padri della nostra costituzione dimostrarono nel primo dopoguerra. Niente a che vedere con i politici di oggi. Ma è come se dal 46 ad oggi fosse mancato qualcosa nell’immaginario degli italiani. Ieri come oggi, aprendo le riviste di informazione popolare, si sono sempre letti ampi reportage o interviste o la cronaca spicciola della famiglia reale. La vita della varie dinastie regnanti europee si incrociava con matrimoni, funerali, visite, compleanni, come se continuassero a vivere una favola fatta di re, regine, principesse e principini. E questi si sposavano tra di loro come se niente fosse. Tornando al nostro orticello, i figli di Umberto, Vittorio Emanuele e Gabriella, furono da sempre sotto i flash dei giornali, qualsiasi cosa facessero. Praticamente ogni settimana sui rotocalchi nazionali si vedevano la foto dei principini che nascevano, di quando andavano a cavallo, a scuola, con gli amici, e già si vedeva il principe prendere cattive strade. Eccolo che studiava poco, che andava sulla motoretta, che andava a caccia, con un’aria abbastanza da stupidotto. Somigliava a Pippo l’amico di Topolino. E come lui sembrava comportarsi. Non è che poi nel tempo fosse migliorato, arrivando al punto, nel suo delirio di potenza, di uccidere un uomo a fucilate e non essere punito. La sorella sembrava una persona con la testa a posto. Studiava ed era invitata nel jet-set dove faceva bella mostra di sé. Pare fosse arrivata quasi al punto di sposarsi il futuro re di Spagna, Juan Carlos. Forse il popolino sognava ancora cocchi reali e feste e corone e ranocchi da baciare, ma si beveva d’un solo sorso i gossip reali. Ma perché? Forse le condizioni di vita precarie? Ma se negli anni 60 avevamo avuto il boom e tutti potevamo comprare la 600 ed andare in vacanza… C’era lavoro per tutti e tutti o quasi si potevano comprare casa. Eppure si sognavano le regge, le Rolls, le tiare di diamanti e le corone.

Una mia amica inglese diceva che per loro la regina era semplicemente come un presidente, non eletto, ma discendente di diritto. Forse è questo che l’italiano medio vuole, sotto sotto. Avere qualcosa senza aver fatto niente per meritarselo. Fare il figlio di papà, avere la strada spianata, godersi la vita dell’alta società e farsi desiderare ed invidiare. Vediamo i discendenti oggi, un Vittorio Emanuele impelagato in mille scandali che non sa dire due parole in fila se non suggerite dalla moglie. Un figlio che da quando hanno riaperto le frontiere alla sua famiglia, imperversa ballando e cianciando nella TV di stato, che gli unici momenti di rabbia li ha quando perde la Juve o quando chiede rimborsi allo stato italiano per la sua povera vita da esule o quando gli dicono che il nonno era bisex. E poi dovrebbe capire che non c’è trippa per gatti: noi il sultano ce l’abbiamo già. Purtroppo.