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L'odore del lento fiume

Post n°356 pubblicato il 20 Gennaio 2010 da kremuzio
 
Foto di kremuzio

Se uno non ci pensa, non si accorge che esiste un fiume a Roma. Ad esempio passando di notte sul lungotevere, strada trafficatissima a qualunque ora, sei troppo indaffarato a correre e schivare i pedoni che osano attraversare la strada. Gli argini sono altissimi per evitare che eventuali e neanche troppo rare piene, possano allagare i quartieri limitrofi, ancora troppo bassi per evitare che l’acqua sporca arrivi ad altezze possibili nell’800. Ogni tanto si vedono lapidi che indicano il punto in cui l’acqua arrivò tanti anni orsono, e ci si stupisce di questo.

Ma quando passi sopra i ponti, non puoi fare a meno di gettare un’occhiata verso il basso, se le balaustre te lo consentono, ed intravvedi uno spicchio di fiume, le banchine, alberi, qualche cespuglio, barconi e tanti uccelli.

O come ieri sera, tornando a casa, l’odore del fiume risale dal suo corso e si spande per le strade, sovrastando la puzza dei gas di scarico, quella delle deiezioni degli storni, quella mancanza di profumi tipica di una metropoli. E quando la senti, allora il naso ti si riempie di umide carezze liquide, e ti lascia sprofondare nei ricordi, strappandoti dal sellino dello scooter e gettandoti idealmente sul bordo da dove puoi vedere scorrere lentamente, ma non troppo, l’acqua giallastra.

La mia famiglia ha avuto da sempre un rapporto molto stretto col fiume. Avevo un bisnonno che faceva il barcarolo, ovvero uno di quelli che sul fiume ci viveva, una specie di bagnino, di pescatore, di non so cosa. Immortalato da una vecchia canzone romana che quando la sento non posso fare a meno di pensare a nonno Checco, come lo chiamava mio padre, ma non so come si chiamasse veramente. Chi l’ha mai conosciuto? Ma conoscevo zio Fernando, scultore, marmista che i pomeriggi andavo a trovare nel suo laboratorio e stava in canottiera, con un cappelletto fatto col giornale e ricoperto sempre da uno strato di polvere bianca di marmo. Somigliava ad un panettiere. La domenica andava a pescare sotto ponte Vittorio, ed andavamo a trovarlo, ed ogni tanto prendeva qualche pescetto che mia madre si rifiutava di cucinare in quanto diceva che c’era la cloaca massima troppo vicina. Ogni tanto vedevi qualche sorcio, di quelli grandi, che mettevano paura ai gatti, ma quando c’era il sole si stava bene e l’odore non era troppo forte. Sapeva di fiume, di acqua, di allegria. C’era gente che si faceva il bagno. Mio padre diceva che prima della guerra quell’acqua si poteva anche bere. Solo l’idea mi ha sempre fatto schifo, ma non andava di moda andare al mare, ed il fiume era troppo comodo. Ci si viveva, mica come oggi che ne hai paura e ti accorgi che c’è solo quando piove troppo.

Quando incontro nei viaggi i fiumi veri, quelli possenti, ti fa tutta un’altra impressione. Li vedi larghissimi, enormi, come il Po, la Senna, il Tamigi, il Danubio, non puoi fare a meno di confrontarlo con quello che intravedi tutti i giorni, stretto, con i ponti ricoperti di statue, in mezzo ai platani potati in modo che pendano tutti verso l’acqua, per non dar fastidio allo scorrere del traffico. Platani che in primavera mi uccidono col loro polline, ma non sono brutti, con le loro foglie grandi e la corteccia che sembra una tinta mimetica, chiazzata con le sue tonalità di marroncino verde e grigio. Ogni tanto vedi dei gabbiani reali, imponenti, fermi sui muretti che sovrastano gli argini. E guardano in basso e si girano nervosi quando sentono passare un motorino. Non si fanno avvicinare e quando accade ti stupisci che siano così grandi. Poi ci sono tantissimi altri tipi di uccelli che una volta non c’erano, come i cormorani o i martin pescatori o che sembrano essere questi: si tuffano in picchiata e rimangono sott’acqua per quasi un minuto. Sembra di vedere un documentario.

Non ti accorgi quasi mai del fiume in condizioni normali, quando passi per il lungotevere, perso nei tuoi pensieri, ma basta il suo odore, ogni tanto, oppure un assembramento di persone che si sporgono per guardare sotto, e non sai se stanno spiando la lavorazione di un film. Ma a volte, l’indomani leggi sul giornale di una giovane donna che si era gettata in acqua, per motivi che non ti spieghi, e proprio quando stavi passando avevano recuperato il suo corpo.     

 
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