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Storia di una vacanza - prima parte

Post n°260 pubblicato il 01 Settembre 2009 da kremuzio
 
Foto di kremuzio

E parliamo un po’ di ferie… quasi 3000 chilometri di viaggio mangiati dalla mia auto sulle autostrade europee, placidamente e senza fretta. Il viaggio dopotutto è la cosa più importante rispetto all’arrivo, e dato che raramente supero i 90 orari, me lo passo parlando e osservando il panorama, che sia piatto, o pieno di cartelloni o di palazzi o pecorelle al pascolo. Dopotutto perché sforzare i poveri pistoni della mia piccola utilitaria che neanche arriva ai mille di cilindrata? Sarà per questo che dopo dieci anni e 90mila km non ho mai avuto problemi di motore o di meccanica. Praticamente sono ancora in rodaggio. Ok, partiamo io e la mia compagna e ci si dirige verso Brindisi, senza biglietto né prenotazione, come al solito. E per la prima volta dopo tanti anni non si trova posto sul traghetto. Porco qua e porco là. O meglio, arrivati ad una certa età, fare 8 ore di traghetto senza cuccetta è deleterio per i nervi e la freschezza mentale per proseguire il viaggio alla scoperta di posti nuovi. All’agenzia ci dicono che sarebbe meglio partire da Bari il giorno dopo. Dopotutto sono cento chilometri in più da fare. Ormai si è fatta notte ed eccoci alla ricerca di un B&B o un albergo. 3 stelle a 130 euro si possono pure infilare il passepartout dove dico io. Inoltre proprio in quei giorni c’è un convegno dei testimoni di Geova che si sono accaparrati tutti i letti della Puglia. Già ci successe tanti anni fa a Budapest, mi sembra. Mi sento perseguitato! Ormai è quasi mezzanotte quando, stanchi e nervosi troviamo per puro miracolo un albergo sul mare barese, discreto a prezzi normali, con il portiere di notte vecchierello e stortignaccolo ma cortese. Sfangata la prima notte, dopo aver ammazzato un paio di zanzare ed una bella doccia ristoratrice, il giorno dopo si visita la città semivuota.

Giunge l’ora del traghetto. File interminabili al banco del check-in in mezzo a persone infuriate ed accaldate destinate a pagare l’ultima tassa di 5 euro come spese di imbarco. E ciò non è bello… Fortunatamente mi ascolto alla radiolina la cronaca della partita Lazio-Inter da Pechino per la finale di supercoppa italiana, e mi tiro su il morale. La Lazio vince 2 a 1. La vacanza sembra incamminarsi sui giusti binari.

Il traghetto al solito non è asettico come una sala operatoria. Dopo una passeggiata sui ponti in mezzo ai giovani accampati con i sacchi a pelo su ogni metro quadrato in piano a disposizione, ci si ritira in cabina. Alla partenza iniziano le vibrazioni. Prendo a calci tutte le porte, le pareti gli specchi ed i lettini per capire da dove viene quel rumore che mi impedisce di prendere sonno. Capisco che tenendo aperta la porta del bagno il clangore è minore. Per fortuna abbiamo i tappi di cera, fedeli compagni di anni di campeggio con animazione. L’indomani il traghetto dovrebbe attraccare ad Igoumenitsa e ripartire per Patrasso. In teoria verso le 6. Finalmente ci si addormenta tra un calcio e l’altro a pareti porte e specchi.

Brutto risveglio. Verso le 4 si spalanca la porta della cabina con un inserviente che senza bussare (o forse ha bussato e non abbiamo sentito?) accende la luce urlando “GUMENICCIA!!!” Il cuore mi sobbalza ed io con esso mentre mi sveglio di soprassalto. Sparo un VAFFA maiuscolo coperto dagli altoparlanti che strepitano incitando a fare colazione al Bar e sbrigarsi. Ce la prendiamo comoda, doccia e caffèlatte, mentre l’altoparlante urla di cominciare ad andare nella stiva per riprendere l’auto. Non sento più vibrazioni. Probabilmente siamo attraccati. Gulp.

Prendo un paio di borse mentre “qualcuna” sta ancora asciugandosi i capelli. Scendo dopo averla avvertita di sbrigarsi che probabilmente entro un quarto d’ora la nave ripartirà. Stranamente non trovo calca nell’andare verso le stive. E ti credo, quando apro la porta del deck, vedo solitaria, dove la sera prima c’erano un centinaio di auto, la mia Atos. Mi prende un colpo. E’ tardissimo! Salto in auto, metto in moto e parto di corsa. Parcheggio sul molo, chiudo gli sportelli e vedo con orrore che stanno togliendo gli ormeggi per ripartire. Capisco che devo sbrigarmi. Avverto un inserviente che devo risalire di corsa e trafelato risalgo sullo scivolo. Stanno ritirando su il portellone di sbarco! La mia mente pensa a due possibili opzioni: A) ridiscendere al volo passando in mezzo al portellone che si richiude come nei film alla “Indiana Jones” per poi inseguire il traghetto verso Patrasso per recuperare la mia compagna di sventure. B) correre a perdifiato rischiando l’infarto, a muscoli ancora freddi, per strappare dalla cabina l’ignara che si sta asciugando i capelli e che so che notoriamente lenta rischia di farci rimanere ambedue sulla nave abbandonando l’auto suo molo. Penso allora che dovrò tuffarmi nel mare schifoso del porto come accade nelle pubblicità più romantiche per essere sicuro di non vedermi portata via l’auto. C) risalire con l'auto e farsi portare fino a Patrasso, allungando di una mezza dozzina di centinaia di chilometri la meta della vacanza che vorrebbe essere in teoria Istambul. 

E lasciamo la suspence fino a domani, col resto del racconto. Fine prima puntata     

 
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