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Che fine hanno fatto le ciambelle di S.Giuseppe?
Innanzitutto auguri di buon onomastico a tutti i Giuseppi e le Giuseppe, le Giuseppine, le Pine i Pini e le Giusi con o senza y finale. Ah, anche i Peppi e le Peppe e tutti i diminutivi ed i vezzeggiativi correlati. Ma non è di nomi di cui voglio parlare. Che fine hanno fatto le ciambelle fritte che vendevano sulle bancarelle a Roma tanti anni fa? Non in generale, ma in via Cola di Rienzo, quella strada commerciale vicino al Vaticano.
Dato che abitavo da quelle parti, quel giorno era particolare, benché nessuno in famiglia avesse quel nome. Tutta vita per il palato (ed un po' meno per il fegato) quando con mia madre si andava a fare un po’ di shopping, che nel caso era limitato a bottoni, fili di colori strani, grogrè o come si scrive quell’elastico simile a quello delle mutande, con lunghe file nella merceria che c’è ancora oggi. Roba da sarte, e le mie zie dove passavo i pomeriggi lo erano. Uno stress terribile. Mica come oggi che i negozi sono vuoti. Ed ero costretto anche ad andarci da solo, povero piccolo, con i pezzetti di stoffa colorate come campioni per i fili CCC Cucirini Cantoni Coats, dei quali alla fine mi fregavo i cilindretti robusti di cartone che erano all’interno, per farci razzetti… ovvio. Con i soldi contati. Poi c’erano anche i “sigheroni” ovvero i rocchetti più grandi col filo bianco per imbastire. Più robusti.
Ma tralasciando questi ricordi poco mangerecci, ecco che il giorno fatidico, a partire dalla sera prima (il 19 marzo era festa di precetto in quegli anni, per cui se non ricordo male le scuole erano chiuse), comparivano quelle puzzolentissime ma profumatissime bancarelle. Banchi di vendita di dolciumi tipo mostaccioli e stecche di noccioline o mandorle caramellate. Ma andavamo lì solo per le ciambelline. Le facevano sul posto, con impasti giallognoli che buttavano in un calderone nero pieno di olio bollente, riscaldato dalla fiamma a gas. Con un gesto abile i venditori disegnavano con la pastella un cerchio direttamente nell’olio, e questo immediatamente si cuoceva e solidificava diventando un toroide bitorzoluto color dell’oro. Poi veniva raccolto con una paletta e messo ad asciugare nella carta porosa giallastra tipo quella del macellaio. Poi con delle pinzone metalliche veniva presa ed immersa nello zucchero in cristalli, da ambedue le parti, ed incartata in un cartoccio. Una veniva mangiata subito con ludibrio e godimento, ancora caldissima, mentre le altre le mangiavi più tardi, tipo 3-4 a testa. Poi se ci diceva bene, mio padre tornando a casa si fermava e ne prendeva tantissime che ci divoravamo dopo cena. Che mangiate allegre, quando il fritto e l’unto bisunto non metteva paura. Quando c’era sì la dieta punti, ma era quasi un semplice vezzo delle madri.
Sulle bancarelle e nelle pasticcerie c’erano anche i bignè, mica quelli al forno, anzi più grondavano olio e meglio era, che se li masticavi sembrava uscisse liquido caldo dolcissimo oltre alla crema. Ma preferivo le ciambelle, marroni, informi, più dure fuori e morbidissime dentro.
Che fine hanno fatto ora? Quelle che vendono ogni giorno, destinate ai turisti, sembrano fatte col computer, sia per la forma che per il colore, anche per il sapore, forse, che non invoglia certo. Sono enormi e non si sente il profumo da decine di metri di distanza. Forse le fanno di gommapiuma verniciata.
Ho trovato una ricetta qua http://www.misya.info/forum/ricette/5870-Ciambelline-di-San-Giuseppe e chissà se è quella giusta? Cuoche e massaie all’ascolto, datemi un vostro cenno, consiglio o impressione che con tutti questi ricordi, di cui non sono sicuro siano giusti, mi è venuta una fame!
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Mi preme avvertire che tutto quello che leggerete è frutto della mia mente, anche quelle cose che sembrano scopiazzate. Potrebbe essere che siano stati altri a scopiazzare me. Avverto che l'aggiornamento viene effettuato quando mi pare e piace, anche se, sembra, lo faccia tutti i giorni tranne il sabato, la domenica ed i giorni di festa, quando non mi piace accendere il computer, anche se continuo ad interessarmi ai fatti del mondo e strombazzare il mio malcontento. Con questo intendo dire che non sono un giornalista e che questa non è una testata giornalistica e bla bla bla. Le foto che appaiono negli articoletti di solito le prendo facendo una ricerca su google immagini, ritenendo che siano libere di essere prese e schiaffate sul blog. Se ritenete che io non debba pubblicare una di queste immagini, mandatemi un messaggio ed io la toglierò nel più breve tempo possibile. Non chiedetemi soldi che tanto non ce li ho. Aggiungo pure che non lo faccio per il bisogno che grazie a Dio di bisogno ne ho abbastanza (Petrolini)...
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