PENSIERO NAZIONALE

INTERVISTA ALLA MUSA DELLA DESTRA:  ANNA K. VALERIO

Anna K. Valerio (Gemona del Friuli, 1979) è la direttrice della collana delle Edizioni di Ar “Le librette di controra”. Filologa classica, il suo ‘pensiero dominatore’, finora, è stata l’opera di Friedrich Nietzsche. Al filosofo tedesco ha dedicato uno studio critico, a firma Arianna De Giorgio. Ha inoltre curato, insieme a Franco G. Freda, il volume con testo originale a fronte de L’anticristiano di Nietzsche (Edizioni di Ar, 2004), e, insieme a Sestilia Del Torso, sempre di Nietzsche, Ditirambi di Dioniso-Idilli di Messina.

1) Gentile Signora Valerio, iniziamo dal titolo “Infierire. Scritti di contrasto”. Come la migliore delle fiere od il più fine dei seduttori nella collana della Gualdana? E quali i perché del volume testé pubblicato?


E’ stato l’Editore a impormi il nome. Nel vocabolo “Infierire” ha inteso compendiare la fierezza della ‘fiera’ e la ‘ferocia’, l’ordito di un ragionamento ‘in fieri’, e la possibilità, slanciata con sicurezza nell’utopia, di ‘inferire’, dal fatto concreto, il principio; dalla scorreria in questo tempo, l’idea dell’immutabile; dalle virtù di una caccia verbale, il valore di essenze mute.

Ed è sempre per suo desiderio che il libro è apparso, come declinazione nell’ora, nell’oggi, del senso del mondo espresso da Ar, e da lui impresso ad Ar. Se non fosse stato già di Guénon, egli non avrebbe disdegnato, infatti, per “Infierire”, un titolo come “Precisazioni necessarie”.



2) Sempre sul titolo, mi sono permessa una personale variazione tematica, sostituendo “Scritti di contrasto” con “sprezzature di contrasto imperdonabili”. Lei concorda?



Più che concordare – sarebbe, da parte mia, impertinenza –, ringrazio lusingata. Effettivamente, Cristina Campo e le sue sprezzature, e i suoi ‘imperdonabili’ cercatori dello stile (“potenza isolatrice”, nella dizione dannunziana), militi dell’altrove, sono per me un modello e un memento.



3) Amo pensare alle mie presenze ispiratrici come alla diabolica mano sinistra di Niccolò Paganini. Quali i suoi "grandi" maestri, le guide ed i motivi che l´hanno portata alla realizzazione della sua scrittura?



I miei “grandi” maestri… Ora che abbiamo ricordato il genio alato degli “imperdonabili” sarei tentata di non accogliere nemmeno il peso di un nome. E di dire il pesco e il ciliegio che ammiro ogni giorno fuori dalla finestra del mio studio. Le mie guide? Un assillante demone, tutto impeti ed esigenze, che se ne esce sempre vittorioso dalle zuffe con la mia tensione al silenzio. Il motivo per cui scrivo: uno e basta: “ribadire con vigore le differenze”.



4) I suoi “miraggi nel deserto” e le chimere tra cielo e terra?



Nel deserto della distanza, vedo, anzi tutto, la nullità della ragione e la veracità delle chimere.



5) Una mia curiosità felina o femminea che dir si voglia. Il còlophon finale dell’Editore F. G. Freda è realizzato in una veste grafica particolare che ricorda al mio personale immaginario l’infernale dantesco od un ritratto vortografico di Ezra Pound del 1917. Perché questa scelta?



L’Editore è un innamorato del libro e cerca di preservarne le qualità prolungando anche quei deliziosi vezzi di foggia, quei tributi all’estetica che ne hanno segnato e animato la storia. Il colophon tra essi: sigillo dove si conferma e dichiara il significato del volume. In questo caso, Pound non c’entra. Il disegno scelto dall’Editore è un delta vedico. Forse una maliziosa, cifrata onoranza verso il mio genere?...



6) Una sua spezzatura finale? Mi permetto di suggerire dal sito www.cultrura.net del 9 novembre scorso quanto di seguito:

“VERITA': “Li ho scorticati vivi, posti di fronte allo specchio che ne ha rivelato bruttezza e infamia, ho ricordato l’orrore delle loro omissioni, dei loro tradimenti, delle loro menzogne: li ho costretti a riconoscersi! E, ora, il riconoscimento dell’errore non può non generare un gesto, un segno, di emendamento! Le mie leggi stesse lo impongono.” REALISMO (sbadigliando): “Povera illusa! E tu pretenderesti che Tersite sputi in faccia a sé stesso?...”

Grazie della scelta. In effetti, con quel brano, ho tentato di convertire, di trasvalutare in sprezzatura un mio personale disprezzo. A volte le parole sono un validissimo sostituto dell’acido solforico! E sono più conformi alla mia accidia. In un istante, il calamo sa passare dal nichilismo alla venerazione, sa trasformare pure il nichilismo in occasione di venerazione. E io, pur sempre, amo più venerare che annientare; più ‘inferire’ che ‘infierire’.

Intervista di Susanna Dolci