GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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Branco, stupri, società e progetto.

Post n°411 pubblicato il 02 Dicembre 2011 da sergioemmeuno
 

 

 

   Ancora una volta si è consumato uno stupro nei confronti di una minorenne. E per l’ennesima volta di mezzo c’è questo maledetto “branco”, termine ormai utilizzato da lustri. E’ successo il 16 novembre a Napoli. Il “fidanzatino” diciassettenne conduce la ragazza in un posto isolato, precisamente alla stazione, dove tre amici lo aspettano. Qui la ragazza viene violentata a turno con tanto di riprese con i telefonini.

   Ora spargerò qualche pensiero qua e là… Intanto il primo pensiero va alla ragazza, che rimarrà traumatizzata per tutta la vita. Si fiderà mai più di un ragazzo o uomo?La sua natura di donna è segnata in modo indelebile.

   Passiamo a quelle merde… Possibile che oggigiorno uno stupratore, con la riduzione di un terzo di pena per il rito abbreviato, arrivi ad appena due anni e otto mesi di carcere? Sono favorevole a una condanna esemplare in questi casi: li manderei a fare lavori forzati per svariati anni.

   Riguardo al “branco”, mi spaventa non poco questa forma giovanile di delinquenza. Perché anche un sempliciotto, che autonomamente non farebbe male a una mosca, può seguire come una pecora i boss del gruppo e compiere gesti ignominiosi; idem per gli altri ragazzi del gruppo.

   Badate bene, con ciò non voglio giustificare i deboli e chi è trascinato dai capibranco, bensì voglio sottolineare ciò che si dice spesso e sembra fin troppo scontato, ossia che questo fenomeno di violenza – come altre tipologie –  è una spia di allarme… un forte segnale che ci dice che la gioventù è allo sbando, priva di qualsiasi riferimento e valore, ignara di cosa significhi il sacrificio e il lavoro (non per colpa propria). Una gioventù con dentro il vuoto cosmico e che non conosce più limiti, sicché ogni gesto, anche il più efferato, diviene una sequenza di frame da condividere con la Città-stato virtuale.   

   C’erano un tempo seri centri di formazione: in primis le famiglie; le scuole, quando educavano davvero; gli oratori e i collegi. E mi sento di aggiungere i laboratori per l’avviamento ai mestieri e i campi verdi… sì, i campi di grano… Oggi, in questo mondo ipertecnologico e globalizzato, che ammicca al virtuale, che fagocita ogni cosa in tempi ristretti – si vedano i mercati finanziari –, cosa si insegna? E chi è che insegna? 

   Se un modello di società deve ricorrere a condanne pesanti è un brutto segno: vuol dire che ha fallito. Bisogna agire alla fonte e prevenire. In parole povere, ci vuole un progetto serio. E non c’è una progettazione senza lo spirito della scommessa, senza l’amore e la passione verso il Nuovo, verso un nuovo futuro dignitoso.     

 
 
 
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