Un blog creato da lorifu il 31/12/2009

la memoria dispersa

un mondo di affetti perduto (ricordi, pensieri, riflessioni)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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« Amore o amare?A PROPOSITO DI VIRTUALE... »

Pino Roveredo: Un poeta fra noi

"Dolce tesoro mio, come stai? Anche oggi ti ho cercata al telefono e tu non c'eri, ma lì, nella tua lontananza, ti trattano bene? Mi raccomando: se solo ti sfiorano un capello, tu mandami a dire."

Mandami a dire  - Pino Roveredo - Premio Campiello 2005

 

 

 Amedeo Modigliani - Ritratto di Jeanne Hébuterne

 

Trovare le parole giuste per definire Pino Roveredo non è cosa semplice anche perché sarebbe riduttivo limitarsi a leggere le sue note biografiche e ricondurre tutto alla sua infanzia, figlio di due genitori sordomuti che gli insegnarono prima di tutto il linguaggio dei gesti.

Anche se il silenzio è stato il suo primo compagno, l'ha introiettato e se n'è servito per riflettere sugli accadimenti della vita trasformandolo  in forza espressiva attraverso pagine dove il dolore e lo smarrimento sono una costante.

L'ispirazione proveniente dalla strada, sono parole sue, è quella che gli ha permesso di mettere su carta il suo vissuto, un  concatenarsi di eventi che lo videro allontanarsi dai binari della normalità per scelte trasgressive, una discesa all'inferno che lasciò segni indelebili nel suo animo.

...Così comincia il degrado volontario, quando la società allunga benevolmente la sua mano e ti mette da parte, tu lo sai che è colpa tua, ma quell'emarginazione con il tempo diventerà un alibi da giocare...

Capriole in salita - Pino Roveredo

La dipendenza dall'alcol e dalle droghe gli aprirono le porte del carcere e del manicomio  ma nel buio più profondo riuscì a trovare, grazie anche all'amore,  l'orgoglio e il riscatto che gli permisero di uscire definitivamente dalla situazione di emarginazione e disagio in cui si trovava.

 Un'esperienza che non ha mai rinnegato ma che al contrario lo ha visto e vede battersi ancora oggi con lo spirito dell' operatore di strada,  come ama definirsi, nei tanti  progetti di solidarietà, teatro  e un'instancabile attività di supporto ai giovani disadattati perchè, come ama ripetere,  salvando loro salvo anche me stesso.

L'accostamento a Baudelaire, Bukowski e a una sorta di maledettismo appare un po' azzardato, quando non strampalato, in quanto a differenza loro la strada non è stata  una scelta come rifiuto e invettiva verso una società perbenista e ipocrita ma una contingenza, un percorso obbligato scaturito dal suo destino di bambino in cui le capriole in salita iniziarono già allora.

Un uomo che nonostante il successo dei suoi libri e la vittoria del Premio Campiello nel 2005 con il libro di racconti Mandami a dire,  sente il bisogno di donarsi mettendo a disposizione dei più sfortunati, degli ultimi,   la sua esperienza come alito di speranza.


I suoi libri, una volta letti non li dimentichi più.

 Ti entrano dentro  perchè attraverso un linguaggio ricco di metafore e  similitudini la parola si fa immagine e tu la vedi, la senti, perchè il suo è un parlato spontaneo e senza forzature, il suo modo di essere ed essere stato.

I temi affrontati sono quelli dell'emarginazione e dell'abbandono e in ogni libro  c'è tanto di sé e del mondo che ha vissuto direttamente o indirettamente, quello della droga, dell'alcolismo, della malattia mentale.

I suoi personaggi sono veri, teneri, rozzi, indifesi pur negli inciampi ripetuti ma nel descriverli non c'è compiacimento o autoassoluzione.  

Ne descrive il degrado e gli errori in modo asciutto, senza scendere mai in pietismi o vittimismi.

"Non potrei mai raccontare di cose che non ho vissuto. La scrittura è come una pelle per me. Io ascolto le storie, me le cucio addosso e le riporto su carta. Infatti, la mia è una scrittura parlata. Io piango, rido, converso con me stesso, parlo ad alta voce e riporto su carta solo quello che rientra nel piacere dell'ascolto. Se non trovo la musicalità nelle mie parole, non forzo mai la frase".


Leggendo Caracreatura, il monologo di una madre alle prese con un figlio drogato,  non puoi non commuoverti, non piangere con lei.


 


...Caracreatura, sono soltanto cinque minuti che ho acceso la luce del "buongiorno", e già mi è venuta la voglia di spegnere quella della "buonanotte".

Fosse per me, mi sveglierei soltanto per timbrare la presenza, e poi mi infilerei nel buio di due Tavor per scontare quel che resta dell'esistenza.

Santa Maria delle Solitudini, sapessi come sono pesanti i giorni quando girano senza un accadere....

Caracreatura sapessi che fatica vivere ogni giorno l'immobilità dello stesso giorno, senza avere a disposizione la miseria di una vigilia,  l'ansia di una scadenza o il salto di un piccolo traguardo da cerchiare con l'emozione della matita rossa...

 Caracreatura - Pino Roveredo


 "C'è molto dolore, ma è dolore prezioso, che ha senso, e serve. Caracreatura è un romanzo dedicato a «tutte le donne madonne, che con le loro lacrime, muscoli, sospiri, sogni, preghiere, sputi, sangue, angosce, passione, sudore, tempo, cuore, amore, amore, amore,  e ancora amore mi hanno insegnato a essere madre". Caracreatura racconta di una madre che ama realmente il proprio figlio, lo ama così tanto che, pur di strapparlo dalla droga, affronta per anni il suo odio e la sua ingratitudine. Una maternità che non è fatta di condiscendenza o gratificazioni. "Questo libro - chiarisce Roveredo - non è un trattato sulla tossicodipendenza, ma una grande storia d'amore in cui bisogna arrivare per forza all'ultima pagina per capirne il senso e la forza".


Tutti i libri di Roveredo parlano d'amore, è un amore sofferto, negato, rifiutato, scoperto, invocato, riscoperto e lo trovi anche in una bestemmia, in una mano pronta a colpire,  nell'ottundimento della mente, nella disperazione di atti e gesti che  scaturiscono da un io volentato e alla deriva.

"Ballando con Cecilia", appena uscito, riscritto su un vecchio canovaccio del 2002 è la struggente storia di  Cecilia, da oltre sessant'anni rinchiusa in  un ospedale psichiatrico senza neanche un perchè.

Roveredo cerca di scalfire quel muro fatto di scontrosità e bizzarrie  cercando di coinvolgerla assieme agli altri degenti in un ballo reale e metaforico in un tentativo di recupero degli anni perduti.


La Pazza - Luigi Fusco


PAO-LI-NO!   PAO-LI-NO!   PAO-LI-NO! ... PAO-LI-NO! PAO-LI...

E Paolino ballava, ballava la sua offesa per allietare la serata dei sani.

Ballava con il basco incastrato in testa, che gli spediva giù fiumi di sudore, ballava con la lingua fuori mentre righe di saliva gli colavano giù dal mento.

Paolino ballava tutta l'agitazione che aveva in corpo, con le ginocchia che s'intrecciavano e  confondevano, le braccia che gli volavano nell'aria e gli occhi che gli giravano, giravano, giravano...

Giravano fino all'arresto ordinato da uno sfinimento, e da un ritmo impossibile che senza pietà scaraventava la marionetta a terra.

Ballando con Cecilia - Pino Roveredo


BALLA CECILIA

Balla Cecilia, balla!

Vèstiti di luce,

infiocchetta i capelli,

scivola lieve

su piastrelle dorate

maleodoranti

di candeggina.


Balla Cecilia, balla!

Vola lontano

dai tuoi  lamenti,

i perché soffocati,

gli anni bruciati,

il camicione infilato

su un  corpo mai saputo.


Balla Cecilia,  Balla!

È giunto il tempo,

tra breve sarà notte,

e coprirà gli insulti

di giorni tutti uguali

a girare in tondo

per dar senso al tempo,


un tempo

che non è stato,

non sarà mai.


Balla Cecilia, balla!

Non ascoltare l'urlo

che nelle  notti bianche

non arrivò mai al cuore

di chi col tradimento

ti seppellì per sempre.


Balla Cecilia, balla!

Volteggia

come solo tu sai fare,

tra le pareti

di questo casamento,

privata  del palpito vitale,

la lievità dei sogni,

la carezza sincera,

quella che non fu mai.


Balla Cecilia, balla!

Vola oltre il grigiore delle mura

lontano dai volti accesi,

dai gesti ostili,

dal sordo cigolio

del tuo giaciglio,

dal tanfo inconfondibile

di cloroformio e minestrone.


Balla Cecilia, Balla!

Sei già lontana...

là dove il tempo non muore mai.

Loretta Fusco


 
 
 
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BURANO 2020

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 

 


Tu credi di incontrare l’amore,

in realtà è l’amore che incontra te

nei modi più strani,

inaspettati, involontari, casuali.

A volte lo confondiamo col bene

e lo surroghiamo.

Spesso siamo convinti sia amore,

fingiamo sia amore,

e leghiamo noi stessi

a una indistruttibile catena

frutto dei nostri desideri mancati

dei nostri sogni sopiti

delle nostre abitudini

delle nostre paure

delle nostre comodità

delle nostre viltà

dei nostri calcoli

della nostra apatia

dei nostri falsi moralismi.

Ma quando arriva, se arriva,

lo riconosci,

come  “il sole all’improvviso”

sconvolgente, coinvolgente,

totalizzante, esclusivo,

fusione di corpo e anima

osmosi perfetta.

Se finisce,

un dolore muto, senza fine.

loretta

 

 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 

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