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Sogno di Natale...

Post n°1072 pubblicato il 21 Dicembre 2014 da Yaris167
 





Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l'impressione d'una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l'anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors'anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.

Era festa dovunque; in ogni chiesa, in ogni casa; intorno al ceppo, lassú; innanzi a un Presepe, laggiú; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori... E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andare frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo: «Buon Natale!» e sparivo...

Ero già entrato cosí, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d'incontrare Gesú errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo Natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul manto e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d'un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita.

Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l'immagine di lui m'attrasse cosí, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo punto però ebbi sgomento della leggerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintivamente m'arrestai.

Subito allora Gesú si sdoppiò da me, e proseguí da solo anche piú leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffio; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii.

Sparirono a un tratto le vie della città: Gesú, come un fantasma bianco splendente d'una luce interiore, sorvolava su un'alta siepe di rovi, che s'allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lungo quant'egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tutto, pur senza darmi uno strappo.

Dall'irta siepe saltai alla fine per poco su la morbida sabbia d'una stretta spiaggia: innanzi era il mare; e, su le nere acque palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fino a un punto nell'immenso arco dell'orizzonte. Si mise Gesú per quella via tracciata dal riflesso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide.
A un tratto, la luce interiore di Gesú si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d'una grande città. Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case piú umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari, non dava pretesto a gozzoviglie.

- Non dormono... mormorava Gesú, e sorprendendo alcune rauche parole d'odio e d'invidia pronunziate nell'interno, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l'impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: - Anche per costoro io son morto...
Andammo cosí, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, finché Gesú innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch'ero la sua ombra per terra, non mi disse: - Alzati, e accoglimi in te.

Voglio entrare in questa chiesa e vedere.

Era una chiesa magnifica, un'immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi ed'oro alla vôlta, piena d'una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava sul'altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d'incenso. Al caldolume dei cento candelieri d'argento splendevano a ogni gesto le brusche d'oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.- E per costoro - disse Gesú entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.

Uscimmo dalla chiesa, e Gesú, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:

- Cerco un'anima, in cui rivivere. Tu vedi ch'io son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare anche la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l'anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi di allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un’anima in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d'ogn'altro di buona volontà.
- La città, Gesú? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?
- Otterresti da me cento volte quel che perderai - ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.

- Ah! io non posso, Gesú... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito,lasciandomi cader le braccia sulla persona.

Come se la mano, di cui sentivo in principio del sogno l'impressione sul mio capo inchinato, m'avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stropicciandomi la fronte indolenzita. È qui, è qui, Gesú, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.

Luigi Pirandello-  Sogno di Natale-  Novelle per un anno








COMMENTI AL POST


Carlo ( Monellaccio 19)- Non me la ricordavo più questa novella del Pirandello. Non la incontravo da un bel po' e nessuno mai me l'aveva riportata alla memoria. Troppo tempo passato, una lettura giovanile di cui fatalmente si perdono le tracce complice il trascorrere del tempo inesorabile. Appassionata, intensa e dolce nella sua "drammaticità", il buon Gesù, non dispera e fedele alle sue promesse, non abbassa la guardia difronte a nulla: "...Anche per costoro io sono morto..".


Peppe ( Un_uomonormale )- Pirandello ha centrato appieno quando mostriamo di essere uomini non capaci di attendere, e quando non si attente è come se Dio fosse morto. Ecco, Rossella cara. Oggi non si attende più. La vera tristezza non è quando ci ritiriamo a casa la sera e non siamo attesi da nessuno, ma quando noi stessi non attendiamo più nulla dalla vita. E la solitudine più nera la soffriamo non quando troviamo il focolare spento, ma quando non lo accendiamo più: neppure per un eventuale ospite di passaggio. Quando pensiamo, insomma, che per noi la musica è finita. E ormai i giochi sono fatti. E nessun'anima viva verrà a bussare alla nostra porta. E non ci saranno più ne soprassalti di gioia per una buona notizia, ne trasalimenti di stupore per una improvvisata. E neppure fremiti di dolore per una tragedia umana: tanto, non ci resta più nessuno per il quale noi dobbiamo temere. La vita, allora, scorre piatta verso un epilogo che non arriva mai, come un nastro magnetico che ha finito troppo presto una canzone, e si srotola interminabile, senza dire più nulla, verso il suo ultimo stacco. Attendere: ovvero sperimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle attese. E forse è vero


Donatella (Donadam68) - ....e così ci s'incammina per strada , lungo un sentiero fatto di rocce, discese, curve e salite, ma si procede il cammino in attesa del giorno, quello che più vero è nel cuore,..sai mia cara Rossella, l'uomo spesso sfiduciato da tutto e tutti non attende più.... quella gioia che è nel Natale, spesse volte non è più avvertita da molti, ....spesse volte mi soffermo a guardare i volti della gente e leggo in loro tanta sfiducia se va bene, altre volte odio e indifferenza per l'altro, sarcasmo e freddezza, mentre quell'attesa di un natale migliore dovrebbe solo partire dal cuore, tra i suoi battiti, quelli più veri, quelli che pur nel dolore hanno voglia di andare..


Patty (Gabbiano642014)  Cara Rossella...Nel sogno di Pirandello,la figura di un uomo ci riconduce ai giorni nostri.La nostra quotidianità,dove la crisi mercato influisce a non renderci sensibili a chi ci è accanto.Le apprensioni di un tempo dimenticate, le difficoltà economiche hanno sostituito il vero significato del Natale,nell'idea di mercato:il mercato del denaro.Quel uomo nel giorno di Festa,nelle strade di una grande città o di un villaggio cerca un'anima in cui rivivere.Un' anima che abbia i valori semplici: di partecipazione...di libertà..di correttezza...di uguaglianza...














 
 
 
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