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Lo sconforto

Post n°82 pubblicato il 03 Febbraio 2013 da Less.is.more
 

Edward Munch, Nudo, 1913

 

Molte persone, di fronte a una sconfitta o a una difficoltà molto grave,vengono prese dallo sconforto. Lo sconforto è un cedimento interiore, una scomparsa dello slancio vitale, la perdita della speranza. Ho visto molti individui colpiti dalla malattia o dalla sfortuna cedere, crollare, e mi sono domandato che cosa sarebbe mai capitato di loro. Li ho rivisti dopo molti anni e, stupito, ho visto che si erano ripresi, erano guariti, avevano iniziato una nuova attività, pieni di vita. Ho capito allora che lo sconforto e il cedimento quasi sempre sono meccanismi di protezione. Ci ritiriamo come il cane ferito si ritira nella sua cuccia per proteggersi dagli stimoli, per non mettersi in gioco finché non ha recuperato le forze.

Ma vi sono anche casi in cui questi meccanismi protettivi diventano patologici. Ho conosciuto persone che, dopo una frustrazione, non hanno più avuto il coraggio di abbandonarsi all'amore. Ragazzi che, per non aver superato un esame, si sono convinti di non riuscire negli studi e hanno rinunciato. Altri che, dopo una dura sconfitta, sono rimasti doloranti, spaventati, e non hanno più avuto il coraggio di creare e di prendere nuove iniziative. All'estremo opposto vi sono persone straordinarie capaci di resistere nelle condizioni più spaventose, di sperare quando tutto sembra perduto. Persone dotate d'una straordinaria volontà di vivere e di sperare che sono sopravvissute per decenni in orribili celle sotterranee senza luce, in mezzo ai propri escrementi e ai topi, o nei gulag del comunismo sovietico e perfino nei campi di sterminio hitleriani. Oppure pensiamo al filosofo Tommaso Campanella, torturato e rimasto in orribili prigioni per ventisette anni e che ha continuato a creare, a scrivere. Questi casi estremi ci mostrano quali straordinarie risorse la fede e la speranza generino nell'animo umano.

Di fronte ai dolori e alle frustrazioni della vita, ricordiamo perciò che lo sconforto e il cedimento sono meccanismi di difesa il cui scopo è proteggerci, indicarci un pericolo, impedirci di agire quando siamo troppo deboli o confusi. Guai, però, a lasciarci trascinare nel loro vortice.

Devono essere come il sonno di notte dopo una giornata sfibrante, servire a recuperare le forze, a cercare nuove strade per tornare all'azione più lucidi e più forti. Dopo la condanna a morte e all'esilio Dante non si abbandonò alla depressione, ma scrisse la Divina Commedia.

Francesco Alberoni

 

Commenti al Post:
artchoker
artchoker il 04/02/13 alle 00:48 via WEB
Ho letto. Condivido praticamente tutto. Resta da vedere a quale tipo di persona apparteniamo, ma la riprova ce l'abbiamo solo quando siamo nei guai. Nell'attesa di scoprirlo ti mando un saluto e un sorriso...ciao Less, buona settimana...:o)
 
beside_me
beside_me il 04/02/13 alle 13:07 via WEB
lo sconforto crea in me,lunghi silenzi,che uso per allontanarmi (apparentemente)da tutto ciò che mi fa male,come se volessi proteggermi,perchè mi sento fragile e più esposta.con il tempo però sto imparando a dare voce,a tutto,malesseri compresi..attrezzandomi di luce e colori,che non voglio mai perdere,perchè conosco un tipo di buio profondo,e non ci tengo a riviverlo.Bisogna aiutarsi,e comprendere quanto sia importante,nonostante le difficoltà quotidiane,tenere duro,allenarsi al "sorriso",e andare avanti.ti abbraccio :)
 
m.a.r.y.s.e
m.a.r.y.s.e il 04/02/13 alle 22:25 via WEB
La chiosa è perfetta, mai esortazione e esempio sono stati più eloquenti. Quindi cara strie, inizia a scrivere la tua divina commedia! Ma come fa strie al plurale? Perfetto il brano musicale scelto.
P.S. GRAZIE.
 
lorifu
lorifu il 04/02/13 alle 23:25 via WEB
Sono d’accordo con Alberoni. Anche io credo che l’uomo cada facilmente preda dello sconforto ma che da questo nasca una nuova forza rigeneratrice capace di sconfiggere il ripiegamento su se stessi e la tendenza alla depressione. A mio avviso lo sconforto è la prima avvisaglia di qualcosa di spiacevole che sta avvenendo. A volte ti travolge e il passo verso la disperazione è breve. L’uomo fortunatamente ha molte risorse e proprio quando sembra che sia sul punto di non farcela scatta quel meccanismo di autodifesa che gli permette di lottare per sopravvivere. E’ come quando si è sul punto di annegare. Annaspiamo alla ricerca di quel coordinamento dei movimenti che ci permette di poterci salvare.
 
Odile_Genet
Odile_Genet il 06/02/13 alle 12:45 via WEB
Ineccepibile.
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 06/02/13 alle 21:16 via WEB
Anche l'uomo è un animale, come tale soggetto alla selezione della specie.. solo i migliori vanno avanti bene, gli altri sopravvivono fin quando possibile...
 
 
Less.is.more
Less.is.more il 06/02/13 alle 21:25 via WEB
Ho una chiara prospettiva ora...
 
annamatrigiano
annamatrigiano il 08/02/13 alle 12:30 via WEB
Straordinario..Condivido..Ciao e un sorriso ...Anna
 
 
Less.is.more
Less.is.more il 09/02/13 alle 13:57 via WEB
:)
 
woodenship
woodenship il 13/02/13 alle 19:19 via WEB
Sorvolo sull'Alberoni,perchè mi è particolarmente indigesto:un piatto di peperonata all'alba lo sarebbe di meno. Però devo dire che,le sue riflessioni sullo sconforto,riescono a lasciarmi ugualmente basito per la loro banalità,non degne di un uomo che possa dirsi filosofo e quantomeno studioso... Scherzo,povero Alberoni...Voloevo semplicemente dire che lo sconforto non trovo che sia un"campanello d'allarme,un modo per dire che c'è qualcosa che non va.Io lo vivo tutti i santi giorni lo sconforto:me ne sento subissato e travolto.L'unico motivo per cui riesco a conviverci è quello che sento la necessità di sopravvivere.Per potermi esibire anche e solo un giorno di più su questo palco.Ecco tutto:lo scoramento lo vedo e vivo come qualcosa di dannatamente umano e non solo.E' il trionfo della frustrazione.E' il lasciarsi andare alla corrente.E' quella catena da forzare sempre per capire fin dove c'è energia nel nostro motore.In definitiva è quella forza uguale e contraria a quella del vivere...Non tutti possiamo essere Campanella e nemmeno Dante.Per quanto riguarda i campi e i gulag il discorso è ben diverso e bisognerebbe intaccare la logica e la filosofia degli aguzzini.Ovvero la capacità di no togliere mai l'ultimo lumicino,il più piccolo,dall'orizzonte del condannato..........Un bacio ed un grazie infinito per una citazione che mi ha permesso di essere debordante ed irrispettoso...Spero che tu possa perdonarmi.Ed io cercherò di farmi perdonare col prossimo post..........W........
 
 
Less.is.more
Less.is.more il 13/02/13 alle 23:03 via WEB
Leggo di uno sconforto quotidiano e duraturo. Inutile dire anche profondo. Sfibrante. Può comunque essere un'emozione seppur negativa e forte che ci dice di resistere in qualche modo, nonostante tutto. Ma si può trovare in questo stesso sconforto una via per uscire, almeno tentare. Quello che dici non è antitetico al pensiero di Alberoni, anzi mi pare che tu lo abbia colto perfettamente. Un abbraccio:)
 
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