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... Sono Innocente ...in memoria di mia figlia Monica

Post n°805 pubblicato il 22 Maggio 2015 da nonna.fra
 

una storia vera, la mia amica Paola Caio racconta di sua figlia Monica assassinata dal suo uomo 

 

Paola Caio in memoria di Monica Da Boit

... Sono Innocente ...in memoria di mia figlia Monica

Monica Da Boit racconta la sua storia . 


- Sento che sto per venire alla luce, una spinta forte dalla pancia della mamma mi catapulta in fondo ad un tunnel buio, ma in fondo si vede la luce; dopo un urlo di dolore, eccomi qui, sono nata.

Sono nata il 23 Agosto nel 1974 . È una notte di fine estate: sono le 2.35; nasco e subito l’ostetrica dice a mamma Paola: “è nata una bella bambina. Come la vuole chiamare?” “Monica…” dice mamma, la chiamo Monica; ha sempre desiderato darmi questo nome, a mamma piaceva tanto . Seconda di due figli: il primo si chiama Emanuele, subito dopo di me è nata Michela, la mia sorellina preferita. Ci siamo voluti tanto bene sin da piccoli, mamma ci ha insegnato che se avessimo avuto bisogno, lo avremmo trovato tra di noi, tra fratelli . Due braccia amorevoli mi prendono in braccio, si taglia il cordone ombelicale e questo è il primo distacco dal ventre di mia madre ma non ci sarà mai un distacco vero e proprio; l’amore che ci unisce rimane anche dopo la mia morte. Peso 3 kili e 350 grammi, scura di capelli, neri come la pece e lunghi, infatti l’infermiera dice a mamma: “Paola ma questa bambina è una capellona!” e mamma sorride, finalmente… tutto il dolore del parto scompare all’improvviso; mamma ride e si gonfia come un tacchino e dice: “Ho fatto un capolavoro, vero?” Mamma mi allatta al seno fino a cinque mesi, poi si accorge di essere rimasta incinta di Michela e allora, a malincuore, smette di allattarmi; mi allatta con il biberon, non fa fatica a cambiare, mi adeguo come se capissi che mamma non può fare diversamente. Un anno dopo nasce Michela, la mia sorellina più piccola. Ho sempre avuto l’istinto materno con lei, piccola e minuta; la proteggevo da tutto e da tutti, Emanuele invece se la cavava da solo, ma se qualche bambino faceva dei dispetti a mio fratello intervenivo, difendendolo come una mammina. A tre anni mamma mi accompagna all’asilo: non mi piace, piango spesso, voglio la mamma; mi manca la mia sorellina più piccola, insieme si giocava e si litigava anche ma è mia sorella e mi manca . Così a settembre la mamma iscrive Michela all’asilo insieme a me; non aveva compiuto tre anni ma a causa di un piccolo incidente accaduto a mio padre, la scuola aveva accettato di accoglierla un paio di mesi prima, per dare modo a mamma di assistere il papà ricoverato in ospedale. Il mio papà… ho un ricordo di quando ero piccola di un padre amoroso; ero una gran bella bambina e mi portava ai giardini con orgoglio… poi da grande, crescendo, avevo circa 15 anni, papà è cambiato… A scuola ero brava, mi impegnavo molto e i compiti li facevo da sola senza l’aiuto di nessuno: ero la prima della classe, con l’orgoglio dei miei genitori. Ho frequentato le elementari, poi le scuole medie, non ho terminato la terza media a causa della separazione dei miei genitori; sono rimasta a casa a fare la donnina delle pulizie. .. Sì, perché una volta che mamma se n’è andata dopo la separazione da mio padre, avevo deciso …. influenzata anche da alcune zie  a rimanere con lui, dicevano: “Monica, tu sei grande: rimani con papà. Chi cucina per lui, chi tiene in ordine la casa , chi gli farà compagnia quando ritorna dal lavoro?” Cosi mi sono sentita in colpa, sono rimasta a casa con mio padre … non l’avessi mai fatto. Qui comincia il mio calvario.

Papà dopo la separazione da mia madre si comporta in modo strano… beve tanto da ritornare a casa ubriaco, incattivito dall’alcool se la prende con me per un nonnulla; mi sta facendo pagare quello che non può far pagare a mia madre, e cosi sera dopo sera, mi insulta: non va bene quello che cucino, la casa dice che è sporca da fare schifo, mi porta a casa le sue …donnine.. e io devo sopportare tutto ciò. Addirittura non posso più aprire il frigorifero per mangiare … La sua amica del momento mi dice ...“La spesa l’ho fatta per me, tu NON toccare nulla”..mi manca mamma. Se fosse qui gli darebbe una scarpata nel sedere e lo caccerebbe fuori di casa; ma mamma non abita più qui con noi e devo per forza di cose maggiori sopportare tutto ciò. A 15 anni conosco un uomo di nome Enzo: un napoletano che mi fa la corte. Penso “mi vuole bene e mi porterà via con sé”… invece dopo pochi mesi mi viene riferito che è sposato e con prole… lo mando a quel paese… A casa da sola non ci so stare: mi mancano i miei fratelli e mamma; esco con un’amica: lei frequenta una compagnia di sei – sette persone, mi presenta a loro e lì conosco l’uomo che poi mi avrebbe fatta innamorare.


Era un bel ragazzo Giampaolo, o almeno io lo vedevo cosi; un po’ sbruffone ma si faceva rispettare dalla compagnia. Mi disse: “da oggi tu sarai la mia ragazza”; orgogliosa di quelle parole mi sono sentita importante e al settimo cielo. Cosi incomincia la nostra storia d’amore, tra alti e bassi; ci si frequenta ogni giorno. A mio padre questo ragazzo non piace, ma nemmeno a me piaceva mio padre per come si comportava; tanto valeva rimanere col mio ragazzo. Giampaolo rimane qui a casa mia a dormire, mio padre va su tutte le furie ma sa che non può fare diversamente; anche lui si porta le sue DONNINE, quindi non mi faccia la morale. Il mio ragazzo non lavora, sembra che in tutti i posti dove è stato assunto i padroni di lavoro siano dei bastardi; non lo capiscono e dopo poche settimane lo licenziano. Non lavoro nemmeno io, anzi a dir il vero un lavoro l’avevo anche se sottopagato; mi bastava, pur di avere qualche soldino per me. Lavoravo alla sera in una pizzeria ma il giorno dovevo andare a scuola e non riuscivo a gestire tutte e due le cose finchè mia madre mi disse: “Monica vai a scuola, per le cose necessarie ci penso io”… sì, perché oltre al cibo che non riuscivo più a mangiare mi erano stati presi pure i vestiti dal mio armadio…le donnine se li sono fatti loro. Io e mamma un giorno siamo entrate in un negozio dove si vendeva di tutto: mi ha comprato dalle mutande fino alle mollette per i capelli; ero vestita di tutto punto, scarponcini compresi. Ero al settimo cielo: vestita come si deve, facevo la mia bella figura, e mamma tutta soddisfatta mi disse: “Monica vedi di non farti rubare nulla!”; quel giorno mamma ha speso più di un milione solo per me…. allora c’era la lira. Torno a casa felice e contenta…ma solo per poco. Di lì a una settimana sparisce tutto dal mio armadio… credo di aver maledetto quella squallida tipa che mi ha preso le cose che mamma mi ha comprato… “erano MIE, ACCIDENTI!” Passano alcuni anni, le cose in casa con mio padre non migliorano. Giampaolo trova un appartamentino fuori città, andiamo insieme ad abitarci.

fine prima parte 

 
 
 
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