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Creato da virginiagrey il 02/12/2008

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NON PERDIAMO LA SPERANZA!

Post n°1886 pubblicato il 07 Aprile 2012 da virginiagrey
 
Tag: CRISI

Una crisi come questa è difficile da sopportare, soprattutto dopo aver gustato i  benefici del consumismo. Adattarsi ad uno stile di vita più sobrio — ma che dico? Ammettiamolo: siamo diventati poveri! - è difficile: non ci va proprio giù che una bassissima percentuale di speculatori tenga in mano l’economia e la vita del Pianeta. Da una parte, ci spingono ad acquistare, dall’altra, ci alleggeriscono la busta paga. La disoccupazione aumenta di mese in mese, soprattutto quella giovanile, e a farne le
spese sono in particolar modo le donne. Le aziende chiudono, i diritti dei lavoratori, per i quali altri avevano tanto lottato, vengono schiacciati come mosche moleste. In nome dello slogan “Rigore, Crescita, Equità”, ci stiamo accollando delle spese che non solo ci privano del superfluo e del necessario, ma soprattutto della nostra dignità. La rabbia cresce davanti all’ennesimo caso di corruzione politica (i soldi vanno dove ci sono altri soldi, come la pioggia sul bagnato), per poi dissolversi in un soffio. Ci stiamo
abituando; la nostra assuefazione al malessere è tale che, andando di questo passo, non saremo più in grado di reagire. La disperazione  porta a compiere atti estremi, che non conducono ad una soluzione, ma ad un’ulteriore sconfitta, soprattutto per chi rimane. Siamo in un’epoca di addormentamento, di sfiducia, di rassegnazione. I fallimenti, oramai, sono all'ordine del giorno: aziende dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest si trovano nella morsa dei debiti, delle banche, degli stipendi arretrati e della  famigerata Equitalia. Parlare di speranza sembra ora una presa in giro; eppure è proprio in questi momenti che dovremmo farci forza l’un l’altro, a cominciare dalle nostre famiglie, nelle quali riscoprire e ritrovare quell’unità che si è andata affievolendo
negli ultimi decenni. La storia ci insegna che i momenti bui si superano non con la divisione, ma con l’unione e con la fede. Ecco, accennare alla fede in questi tempi
fa apparire anacronistici, sorpassati, bigotti e ridicoli. Ormai, con la scusa del  politicamente corretto, siamo arrivati a dare spazio a tutti e a tutto, fuorché alla fede.
Qualcuno disse un giorno che la religione è l’oppio dei popoli, e il relativismo e il positivismo presero piede, con la presunzione di annientare quella che veniva
considerata una superstizione. L’homo rationalis ha soppiantato l’homo horantes, creando nuovi idoli: il denaro, il potere, l’assenza del dolore e del sacrificio. Buoni propositi, ma allora perché l’uomo non è felice? Perché i giovani si ammazzano per noia? Cosa c’è di diverso dal povero contadino, che nell’ottocento era costretto ad emigrare, ma che trovava la forza di cambiare la propria vita? Cosa c’è di migliore rispetto a noi in quei patrioti che hanno dato il proprio sangue per un’Italia unita?
In cosa essi sono stati più forti di noi, che abbiamo mezzi, intelligenza in misura superiore e non riusciamo a reagire? Pensiamoci seriamente. Quando l’uomo
si affida alle sue uniche forze, quando basa la sua importanza sull’avere piuttosto che sull’essere, finisce per arrendersi davanti ad una crisi economica e morale come quella che stiamo attraversando, senza alcun sostegno da parte dello Stato, che anzi lo ingoia. La tragedia di tanti imprenditori morti suicidi, all'80% nasce da opere prestate
o lavori eseguiti per il "pubblico" il peggior pagatore del mondo. Avere crediti per 200-
/300/500mila euro e più e vedersi negare aiuti dalle banche, pur offrendo ipoteche su
case, capannoni o mezzi, porta l'imprenditore a dover affrontare l'antro buio della fine d'un sogno: la sua azienda! Dopo il funerale, gli operai saranno senza stipendio,
nessuno pagherà loro le bollette. In compenso una famiglia sarà distrutta e dovrà affrontare il lutto ed un futuro incerto. I cancelli si chiuderanno e la catena di disagi si amplierà a dismisura. Come un imprenditore è riuscito col suo ingegno ed il suo lavoro
a creare un’azienda, ad acquisire mezzi, ad espandersi magari all'estero, può impiegare il suo talento per trovare una soluzione, magari in sinergia con altri imprenditori. L'ultima spiaggia non sarà mai la morte; non sarà mai la sconfitta materiale e umana a prevalere. Le vie da non percorrere sono quelle l'orgoglio offeso,
la paura di essere additato come fallito dai colleghi o concittadini, il sentirsi marito e genitore incapaci, prendere su di sé ogni responsabilità come un "dio" non più
onnipotente. In tutta Italia stanno sorgendo, piano piano, associazioni costituite dai
parenti delle vittime della crisi ed altre iniziative, in associazione con i Sindacati.
Ma dovrebbe essere lo Stato stesso a farsi carico di questa situazione e non rimandare il problema all’evasione fiscale.


BUONA PASQUA

 
 
 
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